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venerdì 28 marzo 2014

Lo Sapevate Che: Questa Settimana...



Chi ha paura dei nuovi mandarini

Le imprese aspettano miliardi di crediti dallo Stato. I soldi ci sono, le leggi pure, ma qualcuno frena.
I superburocrati.
Che bloccano anche i tagli di spesa. E spesso comandano più del governo.
Come arginarli?

Raccontava Giulio Andreotti che, ministro delle Finanze per la prima volta, correva l’anno 1958, aveva convocato gli alti dirigenti del ministero per comunicare loro l’intenzione di nominare il direttore generale un grand commis di sua fiducia. Quando però il più anziano dei convenuti gli fece notare che , sì, lui era pure il ministro, ma prassi voleva che il direttore generale venisse scelto tra i dirigenti stessi, non fuori dell’amministrazione. Una specie di rituale passaggio del testimone celebrato all’interno della stessa cerchia di alti burocrati. Andreotti capì e annuì, ma convocò tutti per il giorno dopo. Per informarli che aveva appena cooptato il suo uomo, tra i dirigenti del dicastero. Passate altre ventiquattr’ore lo nominò direttore generale. Rispettando così la prassi e allo stesso tempo andreottianamente aggirandola
Quella volta vinse dunque la politica politicante, ma da allora il braccio di ferro si è sempre pervicacemente riproposto. Fino a che è parso però che la politica arretrasse, impaurita e condizionata. Ha scritto il nostro Michele Ainis: “I partiti hanno divorato gli apparati burocratici, distruggendone l’imparzialità prescritta dall’articolo 97 della Carta, pretendendo di scegliersi capi e sottocapi attraverso lo spoils system”; ma “il dirigente selezionato per meriti politici diventa giocoforza un politico lui stesso, acquista l’autorità per governare in luogo del governo, si sostituisce legittimamente al suo ministro”. Càpita che il civil servant cerchi di spodestare il suo re….
Bel Problema. Sbarcando a Palazzo Chigi – lo ha svelato Sergio Rizzo, “Corriere della Sera” – Matteo Renzi aveva pensato a una norma che impedisse a consiglieri di Stato e giudici del Tar di occupare i vertici dei ministeri. Non se n’è fatto sulla. Così i neoministri hanno cercato di aggirare l’ostacolo sostituendo qualche grand commis con personaggi fuori del giro, ma si sono dovuti arrestare  dinanzi ad alcuni intoccabili che da anni governano Infrastrutture, Sviluppo, Economia…
E però questa – per dirla con lo stesso Renzi – è la madre di tutte le battaglie. E premier da poche ore, fece un esempio: “Lo sapete che ci sono 258 decreti attuativi da sbloccare? 258 leggi che non possono essere applicate perché i dossier sono fermi nei cassetti di qualche ufficio. Ecco, per sterzare, il paese ha bisogno che tutto questo non accada più”. Bloccati pure i tagli di spesa. Qualcuno sospetta che i nuovi mandarini usino il loro potere di interdizione solo per fare lo sgambetto a ministri e governi.
 Allora Meglio si comprende la decisione di Renzi di blindare Palazzo Chigi con una task force che vigili sull’applicazione delle leggi, specie economiche, ed eviti che le burocrazie prendano il sopravvento (lo fece anche D’Alema premier e tra i suoi corazzieri, guarda un po’, c’era Pier Carlo Padoan, oggi ministro dell’Economia). E non è un caso che del team faccia parte anche Roberto Perotti, l’economista che da tempo tuona contro gli stipendi d’oro dei superburocratici – i meglio pagati d’Europa: dal 40 all’80 per cento in più nei gradi più alti – e il loro strapotere: Vengono alla mente i saggi di papa Bergoglio, scelti uno a uno per arginare la Curia e ripulire lo Ior….
E il braccio di ferro continua. Il governo Letta aveva disposto il pagamento immediato dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Facile a dirsi. Qualcuno deve accertare il debito, certificarlo e firmare il “visto, si paghi”. E chi se la piglia questa responsabilità a rischio Corte dei Conti? A Franco Bassanini era allora venuta un’idea: l’impresa va in banca e sconta il suo  credito con la garanzia della Cassa depositi e prestiti. Semplice, no? Sì, se non fosse che la burocrazia del Tesoro ha spinto il pedale del freno e dei 9° miliardi che le aziende aspettano ne sono stati rimborsati 22,7.
Insomma, non è solo un problema di sprechi e di superstipendi, che pure c’è, ma di ridisegnare i labili confini tra governo e amministrazione, capire chi comanda dove e chi decide cosa, di scegliere (non cooptare) i dirigenti, magari per concorso. Renato Brunetta ci aveva pensato e la legge sui concorsi l’aveva presentata. Poi  qualcuno  l’ha chiusa in un cassetto.
Twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 27 marzo 2014 –


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