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martedì 25 marzo 2014

Lo Sapevate che: Parole Nel Vuoto....



Le forze populiste e i movimenti di protesta possono prevalere nelle prossime elezioni per il Parlamento di Strasburgo.
E i nostri partiti, diversi da tutti gli altri, rischiano solo di contribuire allo stato confusionale dell’Unione

Le prossime elezioni possono consegnarci un parlamento europeo in cui le forze politiche hanno fin qui promosso e sostenuto la costruzione unitaria si trovino se non in minoranza, comunque sconfitte e gravemente indebolite. Effetto forse inevitabile di un ventennio in cui né socialdemocratici, né conservatori popolari hanno saputo ripensare l’Europa alla luce della fine del “secolo breve”. Le stesse innovazioni introdotte, la moneta unica, sono state vissute in chiave conservatrice: come se dovessero garantire il permanere di vecchie rendite di posizione, impossibili dopo la guerra fredda e l’affermazione di antichi-nuovi celesti imperi. Da qui il fallimento del processo “costituzionale”, i colossali ritardi in materia di unificazione, o almeno “convergenza parallela”, tra le politiche sociali e fiscali, il nullismo in politica estera. La grande sfida, culturale prima di tutto, su come coniugare partecipazione democratica e cittadinanza europea a sviluppo, innovazione, potenza tecnico economica, capacità e efficacia decisionale, è s diligentemente evitata o sommersa in retoriche e burocratismi. 
Oggi Le forze che si confrontano possono essere sostanzialmente comprese in cinque gruppi. I: un’area vasta e composita di movimenti puramente regressivi. Essi pensano che micro-nazionalismi, staterelli-individui, possano ancora giocare un ruolo nella competizione internazionale; 2: populismi che cavalcano la protesta e gli effetti della crisi sui ceti popolari e medi, senza presentare alcuna alternativa, a caccia di voti fa spendere all’interno dei propri Paesi; 3: “sinistre”  varie, che opinano sia sufficiente forte-mente volere per continuare con le tradizionali politiche di welfare; generosa e vana utopia, che ha immaginato in Tsipras una propria bandiera; 4: un diffuso euro-scetticismo di stampa anglosassone, che in Gran
Bretagna ha da sempre la sua naturale dimora (l’Europa è strutturalmente debole sul confine atlantico, quanto su quello mediterraneo); 5: “conservatori” dell’idea dell’unità politica europea, ancora forti nelle due grandi “famiglie” del parlamento, ma sempre più visti dall’opinione pubblica come tutt’uno con le onnipervadenti e costose burocrazie tecnico-finanziarie dell’Unione.
Se questo è il quadro, i rischi che dalle prossime elezioni l’area 5 esca peggio che drasticamente ridimensionata sono enormi. Il gatto può finire con l’impiccarsi con la propria stessa coda: il dilagare di localismi, nazionalismi, populismi provocherà necessariamente un’ulteriore “serrata” delle burocrazie centristi che, con tanti cari saluti agli spiriti di Ventotene – e anti-euro, prima, e anti-europeiste tout court, dopo.
Troppo Facile Prevedere che di tutto ciò non si parlerà nella campagna elettorale in Italia (e poco, temo, anche altrove). Le questioni epocali riguarderanno da noi la tenuta di Renzi e la candidatura sì-no di Berlusconi. Tuttavia, le conseguenze, anche per il governo, di un’affermazione delle componenti 1,2,3,4, per quanto non si tratti certo di voti politicamente sommabili, sarebbe pesante. Il paese che si accinge  ad assumere la presidenza dell’Unione (il più europeista, a chiacchiere, fino a qualche tempo fa) contribuirebbe non poco a aumentare delusione e sfiducia. Già contribuiremo comunque ad accrescere lo stato un po’ confusionale delle suddette grandi famiglie, piazzando nel gruppo socialdemocratico le variopinte “anime” del Pd, e in quello conservatore- popolare il compatto schieramento formato dai Berlusconi, dagli Alfano, dai Casini e qualche altro residuo di prima e seconda Repubblica. Il nostro apporto alla metamorfosi in stato liquido di ideologie e partiti è già cospicuo; cerchiamo di non aggiungervi anche un voto di condanna per il processo unitario. E ciò sarà possibile solo parlando “in verità” di Europa, della sua idea, del suo destino, dei suoi drammatici problemi e di come si pensa realisticamente di affrontarli.
Massimo Cacciari – L’Espresso – 27 marzo 2014 -


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