Secondo il mito, quando
amiamo chi non sa amare, dobbiamo attenderci le punizioni di Eros. Nella realtà
, vuol dire imparare a non credersi onnipotenti
Sono una psicoterapeuta e insegno in una scuola di formazione
in psicoterapia relazionale, dove le sue pagine sono un utile materiale di
riflessione e di confronto per le discussioni con i miei allievi. Le scrivo a
proposito del narcisismo, tema che più volte lei ha affrontato, e che secondo
me oggi è di grande attualità.
Vorrei interrogarmi e interrogarla circa la “relazione
narcisistica”, ampliando lo sguardo
sulla ninfa Eco che, nel mito, di Narciso è vittima- per intenderci e tornare
al “miracolo dell’amore” che Lei auspicava per il collega psicologo narcisista
che in una lettera le sottoponeva i suoi tormenti.
Nella mia esperienza clinica vedo tante donne spesso belle,
intelligenti e affascinanti, che fanno a pezzi la loro vita rincorrendo questo
“miracolo d’amore”. Non smetto mai di sorprendermi per la quantità di energia
che sono disposte a investire in questa relazione “disperante” che, proprio
nell’accanimento onnipotente a diventare “qualcuno” per il partner (per il
quale sono invece solo estensione narcisista del sé) trova la sua marca
patologica. Quando pare che, ridotte ormai come Eco nel mito, si decidano a
mollare, ecco che si riattiva il gioco del partner che, proprio nella conquista
di donne così importanti, alimenta il senso del suo sé (il cosiddetto “amore”).
Poiché poi il narcisista è un magnifico incantatore, ci riesce e tutto ricomincia, anche il dolore che si
cronicizza in sofferenza. Vorrei che le sue pagine, che sono un riferimento per
tante donne, lo scrivesse, che il miracolo dell’amore non consiste nel cambiare
l’altro, semmai nella possibilità che, attraverso l’altro, ci è data di
cambiare noi stessi. Per esempio facendo quanto è possibile per ritrovare in
noi stessi il senso del nostro vivere, senza delegarlo al valore che l’altro è
disposto a riconoscergli.
Maria Luisa Campobasso
Narciso era un giovane bellissimo circondato dall’amore e
dall’ammirazione di quanti lo incontravano, ma alle profferte d’amore, che pure
lo gratificavano restava indifferente. Un giorno, di Narciso si innamorò la
ninfa Eco che, non ricambiata e respinta, si consumò di dolore fino a morirne.
Di lei rimase solo il ritorno della sua voce, l’eco appunto.
Questo è il destino che attende le donne che amano i
narcisisti, spinte dalla persuasione, tutta femminile, di poter cambiare col
tempo e con le loro premure gli uomini che amano.
Questa convinzione, che penso abbia le sue radici nello
sfondo di onnipotenza presente in ogni donna – forse derivate dal fatto che, in
quanto generatrice, la donna ha il potere di vita e di morte – è tipico non
solo di colei che ama i narcisisti, sopportando ogni sorta di frustrazione e
delusione, ma anche di chi ama i violenti, subendo ogni sorta di brutalità
maltrattamento, abuso, sopraffazione, come ogni giorno le cronache ci
riferiscono.
E allora è bene che le donne ricordino che possono generare i
bambini, ma non ri-generare gli adulti, ormai solidificati e direi anche
pietrificati nella loro identità.
L’amore, è vero, è una potenza che può trasformare gli uomini.
Ma non i narcisisti, che sono tali proprio, oltre a se stessi, non sanno amare
nessun altro. Lo stesso Freud riteneva che non ci fosse cura per loro, per il
semplice fatto che, incapaci di una relazione con l’altro da sé, non sono in
grado di instaurare una relazione emotiva neppure con il loro terapeuta.
Eppure incontrare un narcisista e innamorarsi di lui non è
del tutto inutile, perché la sofferenza che si accumula in questa relazione può
indurre la donna, se saggia, a ridurre il suo vissuto di onnipotenza ed evitare
così l’autoinganno che le fa credere che, insistendo, possa cambiare le cose.
Capisco che l’idea di riuscire a cambiare le cose costituisce per la donna a
sua volta una gratificazione narcisista, ma siccome il tentativo non approda, è
inutile sprecare la propria esistenza per gratificazioni narcisistiche che
comunque non arrivano.
E allora la conclusione è quella indicata dalla psicoterapeuta
che ha scritto questa lettera, ove si lascia intendere che amore non è solo
conoscenza dell’altro, ma innanzitutto conoscenza di sé, nelle regioni, mai
frequentate, dove veniamo a trovarci quando ci innamoriamo.
Nello scenario tutto nuovo che amore dischiude possiamo
possiamo conoscere, oltre alle nostre virtù che prima ignoravamo, anche i
nostri limiti che nessun desiderio, neanche il più spasmodico, può superare. E
il primo limite che dobbiamo riconoscere è quello della onnipotenza che la
follia d’amore alimenta in noi, lasciando il narcisista, che non sa amare,
nella più assoluta indifferenza.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 22 marzo 2014
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