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sabato 1 marzo 2014

Lo Sapevate Che: L'Antitaliano...


Se vince la paura si rinnega la storia

Il referendum svizzero contro la circolazione degli stranieri è ispirato da timore che sono frutto della disinformazione.
Decidere su queste basi fa violenza agli stessi cittadini che l’hanno votato.
Come è accaduto da noi la Bossi-Fini

Cosa accade quando vince la paura? Cosa accade quando una nazione dimentica la sua storia? Può accadere che contro le stesse intenzioni del Governo, della maggioranza  del Parlamento, delle associazioni, delle imprese e dei sindacati, si voti un referendum che introduca limitazioni alla libera circolazione di cittadini stranieri in un determinato paese. In questo caso, sul suolo svizzero. Occorreva la maggioranza dei cantoni e dei cittadini, e sono arrivate entrambe, anche se si è dovuto aspettare fino all’ultimo momento perché il referendum l’hanno vinto i sì con uno scarto minimo, con il 50,3 per cento delle preferenze contro il 49,7 per cento dei no.
Bruxelles Ritiene che questa decisione sia un pericoloso precedente per la libera circolazione dei cittadini europei, ovvero un pericoloso precedente per uno dei capisaldi su cui si fonda l’esistenza stessa dell’Unione europea. Perché pur non facendo parte dell’Unione, la Svizzera ha un ruolo centrale in Europa, non fosse altro che per la sua posizione strategica. Eppure, senza averne la, necessaria consapevolezza, i cittadini svizzeri che hanno votato sì, rischiano di fare un danno incredibile al loro stesso Paese che, nonostante la crisi profonda degli Stati confinanti, ha comunque mantenuto la disoccupazione sotto una soglia accettabile e ha continuato ad avere un’economia in crescita, seppur minima, ma in crescita. E tutto questo è stato possibile grazie alla capacità che la svizzera ha continuato ad avere negli anni di attrarre investitori, di attrarre lavoratori specializzati da ogni parte del mondo. Ma se è vero che in Svizzera vivono e lavorano almeno un milione di cittadini europei, sono quasi cinquecentomila gli svizzeri che hanno lasciato il proprio Paese per andare a vivere e lavorare altrove. Cosa accadrebbe a queste persone se la chiusura fosse a doppio senso?
Ciò che deve essere chiaro è che questo referendum, come ogni manovra politica che tenda alla chiusura di un’entità politica ed economica, rischia di fare più danni dei problemi che potenzialmente si voleva risolvere a livello occupazionale. E se in Svizzera l’istituto referendario è un mezzo preziosissimo che consente ai cittadini di partecipare attivamente alle decisioni politiche del loro paese, può anche diventare un’arma pericolosa – come risulta evidente in questa specifica circostanza – che rischia di dare immediata attuazione a timori che di fondato hanno poco. Di timori frutto e conseguenza di disinformazione.
Se non c’è lavoro, non ha alcun senso pensare che la soluzione possa essere chiudere le frontiere o cacciare gli stranieri. In Italia l’esperienza fallimentare della Lega Nord e i danni che ha prodotto la Bossi-Fini sono un esempio clamoroso di come prendere decisioni sulla scorta di paure contingenti e dimenticando la propria storia di immigrati, nel caso della Svizzera, equivalga a far violenza a se stessi. Una violenza che nel tempo si paga. In tutto questo non mancano delle contraddizioni che a raccontarle ci si sente feriti. In Svizzera gli immigrati italiani sono i più numerosi e non è un caso, forse, se nel Canton Ticino, ovvero nella Svizzera di lingua italiana, la percentuale dei sì sia stata più alta che nel resto del paese. Vicina al 68 per cento. Le restrizioni infatti riguardano anche i frontalieri.
E’ Così, Dunque, che la Svizzera risponde alla crisi, sacrificando una parte fondamentale dei propri diritti, illudendosi si difendere in questo modo i privilegi. Eppure così ha solo rinnegato la sua storia, una storia di accoglienza durata secoli. In Svizzera si sono rifugiati matematici e filosofi, scrittori e artisti di ogni orientamento politico e di ogni religione. La Svizzera ha accolto chiunque fuggisse da dittature e persecuzioni e ora addirittura il diritto d’asilo viene messo in discussione e sarà sottoposto a restrizioni. La Svizzera ha fatto della sua neutralità, della sua apertura mentale e della trasparenza delle sue frontiere una forza incredibile. Ha salvato più vite questa attitudine all’accoglienza che migliaia di soldati armati fino ai denti. Rinunciare all’accoglienza, per la Svizzera, significa rinunciare alla propria storia.
Roberto Saviano – L’Espresso – 27 febbraio 2014




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