Come Ti Sgonfio Il
Tesseramento
Basterebbe una regola
di buon senso: non ci si iscrive al partito nei sei mesi prima del congresso.
Ma il Pd si guarda bene dall’inserire nello statuto questo principio. Perché i
suoi leader sono tutti “signori delle tessere”
C’è un che di surreale nel dibattito interno al Pd sul
tesseramento gonfiato. Non solo i candidati alla segreteria, ma tutti i leader
e sottoleader fino all’ultimo peone si dichiarano esterrefatti, scandalizzati,
increduli. Come se l’acquisto di centinaia di migliaia di tessere farlocche in
tutt’Italia per truccare il congresso riguardasse un altro partito. Come
fossero dei passanti che assistono allibiti a una scena che non li riguarda.
Come se la colpa fosse del destino cinico e baro, dunque ineluttabile e
imperscrutabile.
Escludendo che l’esercito di falsi tesserati a un mese dal
congresso sia frutto del caso o delle avverse condizioni meteorologiche, è
evidente che i mandanti e gli esecutori hanno nomi e cognomi precisi. E i
capicorrente e capibastone nazionali che si stracciano le vesti, non si sa bene
contro chi, li conoscono bene, dopo una vita passata a far congressi e
primarie.
Ciascuno Ha i Suoi luogotenenti nelle federazioni
locali, con un controllo del territorio capillare che gli consente di sapere
chi sta reclutando chi e a vantaggio di chi. Matteo Renzi ha imbarcato parecchi
dinosauri, fra cui Piero Fassino che anni fa fu eletto segretario Ds dopo che
l’intera Uil torinese s’era iscritta al partito in una notte. E la Margherita,
l’altro socio fondatore del Pd che sta in gran parte col sindaco di Firenze,
celebrò il suo ultimo congresso nel 2007 fra gli scandali: gente tesserata post
mortem in quasi tutto il Sud; iscritti in Calabria che superavano gli elettori
delle ultime regionali (168 contro 55 a Gioia Tauro, 205 contro 123 a Locri, 95
a 23 a Salerno), come se il partito fosse talmente malfamato che non lo
votavano neppure gli affiliati.
Il rivale di Renzi, cioè il dalemiano Gianni Cuperlo, si
avvale in Campania dell’apporto di Andrea Cozzolino. Il quale tre anni fa,
candidato favoritissimo a sindaco di Napoli, si giocò la chance e la
sopravvivenza del Pd con sistemi talmente spregiudicati da indurre Roma ad
annullare le primarie (il partito fu poi escluso dal ballottaggio e vinse De
Magistris); code di cinesi – pagati 10 euro a testa – ai seggi; sezioni Speedy
Gonzales dove gli elettori di Cozzolino erano cos’ tanti che avrebbero dovuto
impiegare 31 secondi netti a testa per entrare in cabina. Segnare la scheda e
uscire; seggi bulgari dove alle primarie votava più gente che alle politiche: e
così via.
Per Questo Oggi lo sdegno di tutti i leader per un
sistema che tutti i big hanno sempre usato e ormai si riproduce per li rami col
pilota automatico, suona fasullo e ipocrito. Almeno finchè qualcuno non
comincerà a fare nomi. O a proporre soluzioni più praticabili del blocco del
tesseramento invocato da Cuperlo: che, ammesso e non concesso che venga deciso,
chiuderebbe il recinto quando i buoi sono già scappati, anzi entrati. Per vanificare
i tesseramenti truccati, basterebbe sospendere l’efficacia di tutte le
iscrizioni degli ultimi due-tre mesi fino al giorno dopo il congresso. Così gli
iscritti fasulli non vi avrebbero alcun peso. Una regola di buonsenso che
potrebbe essere inserita nello statuto per il futuro; nessuno può tesserarsi
nei sei mesi precedenti i congressi e le primarie (oggi invece ci si può
iscrivere al Pd anche a lavori già in corso). Ma non pare che l’unica soluzione
efficace sia stata proposta da alcuno. Anche perché, andando un po’ a fondo i
colpevoli salterebbero fuori. E molti di quanti oggi s’indignano dovrebbero
smettere per pudore.
Una tessera del Pd costa 15-20 euro a seconda delle
federazioni, Chi ne compra anche solo mille deve sborsare 15-20 mila euro. O è
un benefattore, e i soldi li mette di tasca sua: o è un ladro, e li prende da
tangenti. IL primo movente di Tangentopoli, per i politici, era proprio
incassare fondi neri per comprare tessere, scalare il partito e arraffare una
poltrona pubblica per continuare a rubare e a salire sempre più su. Un giorno
Piercamillo Davigo andò in cere a interrogare due signori delle tessere, uno
della Dc e uno del Psi, reclusi in due celle vicine. Il primo accusò il
secondo: “E’ un farabutto, tesserava interi caseggiati”. E l’altro: “ Parla lui
che tesserava i caseggiati che avevo già tesserato io”. Chissà che anche quei
due non siano passati al Pd.
Marco Travaglio – L’Espresso – 14 Novembre 2013
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