Leaderismo E Narcisismo : Così Muore
L’Antipartito”
Nato Per Eliminare I Partiti
La rapida implosione del Movimento 5
Stelle è l plastica dimostrazione
Di una
vecchia tesi del Contromano sulle
leggi che regolano la politica italiana. Prima legge meccanica: chiunque
diventi popolare con la critica
l’eccesso di partiti politici in Italia, finirà per fondare un altro partito
che con il tempo si rivelerà uguale o peggiore dei precedenti. Seconda legge:
fondare un nuovo partito ogni due o tre anni non serve a nulla se non si
riforma il sistema, perché i nuovi partiti presto si ammaleranno come i vecchi.
Il movimento grillino ha confermato l’analisi in pochi
mesi, concentrando in breve il percorso di tutti i nuovi partiti “anti partito”
nati in Italia nell’ultimo quarto di secolo, dalla Lega di Umberto Bossi in
giù. Anzitutto, la miseria di un impianto ideologico qualunquista e padronale.
Il M5S, come prima la lega, Forza Italia e l’Idv, si è rivelato un partito
personale che riflette soltanto gli umori e le visioni di un padre padrone in
genere piuttosto ignorante e opportunista.
Ne consegue la miseria dei criteri di selezione del
personale politico, che si risolve in una cooptazione dall’alto, mascherata di
volta in volta con trucchi populistici. A tale selezione, già penosamente
carente, si aggiunge in seconda battuta la scrematura dei pochi capaci e quindi
indipendenti, capitati per sbaglio a corte. Chi non è d’accordo con il capo è
emarginato, isolato, espulso, in modo che rimangano soltanto i più servili, stupidi
e quindi propensi alla corruzione. Alla fine della giostra, l’intera attività
politica del movimento o partito si concentra intorno all’ossessione narcisista
del capo padrone per il proprio riflesso sui media.
Per Grillo, come per tanti prima di lui (da Pannella a
Craxi, da Berlusconi a Di Pietro, passando per i vari leader del Pd), in
definitiva quel che conta è come parlano o scrivono di lui i giornalisti di tv
e carta stampata. I quali, com’è noto, si dividono in due categorie. I buoni,
che leccano tutti i santi giorni. E i cattivi e venduti e disonesti, che non lo
fanno o addirittura osano criticare. Fine della rivoluzione.
Il giorno in cui gli italiani smetteranno di farsi
illudere dall’ultimo imbonitore sul palco, si potrà pensare di avviare le serie
riforme di struttura necessarie per cambiare davvero le cose. Riforme che non
riguardano soltanto il finanziamento pubblico ai partiti o gli stipendi dei
parlamentari o il numero delle auto blu.
Si spera che questo avvenga prima che un ceto politico
malato, corrotto e incompetente, abbia portato alla bancarotta il Paese.
Curzio Maltese – Venerdì di Repubblica – 5-7-13
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