Tra D’Alema che fa D’Alema e Renzi
il Vecchio Dc,l’Unico
Leader è Napolitano
“I contraccolpi a nostro danno nelle relazioni
internazionali e nei mercati
Finanziari si vedrebbero subito e potrebbero risultare
irrecuperabili.
Non ci si avventuri perciò a creare vuoi, o a staccare
spine” ammonisce Giorgio
Napolitano alle prese con l’ennesima cialtronata
compiuta da una classe dirigente che, se solo si fosse trovata a governare in
tempi di Guerra fredda, chissà quali danni davvero irrecuperabili sarebbe stata
in grado di provocare. Che lasciare un ministro come Alfano al posto suo dopo
una vicenda grottesca e vigliacca quale quella della riconsegna in mani Kazake
di Anna Shalabayeva e figlia non sia di per sé avventura capace di provocare contraccolpi
internazionali, è questione molto opinabile. Ma l’estate è ormai piena, la
Cassazione del 3° luglio già troppo vicina, e per un partito perennemente
diviso tra la prospettiva di avere troppi leader possibili e la realtà di
averne uno solo ottuagenario, il monito presidenziale, ancora una volta, detta
legge.
Agenda politica e calendarizzazione mediatica fan sì
che nella giornata in cui i senatori pd
votano compatti (tranne 7 astenuti) a difesa di Angelino, l’ego di D’Alema si
ritrovi a gigioneggiare dal palco della Festa del Pd di Roma proprio in
contemporanea con l’ultima puntata (prima di un promesso silenzio stampa) della
serie televisiva che vede l’ego di Renzi candidarsi a tutto risultando quasi
sempre più credibile di chi non sa più cosa fare per ostacolarlo davvero.
Quando D’Alema afferma che senza Angelino sarà buio, i
margini di dibattito, per chi di disciplina di partito e devozione ai leader
s’è pasciuto, sembrano assottigliarsi. Ma gli sms che arrivano da più case
vanno in senso contrario. Ad un amico faticosamente intento nello sforzo di
restare dalemiano al cospetto del suo leader che ha appena detto che lui a
Renzi vuole bene e si augura che faccia il premier ma non il segretario del Pd,
la moglie da casa scrive via sms: “Va a finire che mi iscrivo al Pd solo per
votare Renzi alle primarie”.
“’Sti democristiani so troppo forti, con noi, non c’è
storia” rincara mio padre da casa. “ “Quando è venuto Pippo qui c’era il doppio
della gente” sottolinea una signora ormai civatiana. Un signore mi chiede:
“Piaciuto D’Alema?”. E’ stato D’Alema” rispondo vado ma esaustivo. “Non
ironizzare troppo” mi ribatte serissimo, proprio come se ci fosse una misura
consentita dal Partito senza misure, un limite a fin di bene, superato il quale
si farebbero danni. Lo rassicuro: cercherò di evitare. Soprattutto perché ormai
non c’è più molto da ridere.
Diego Bianchi – Venerdì di Repubblica – 26-7-13
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