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venerdì 19 luglio 2013

Lo Sapevate Che: Gli Uomini Che Uccidono Le Donne...


Che cosa serve davvero per fermare gli uomini che uccidono le donne

Ho 82 anni, ne avevo 18 quando mi fidanzai con una mia coetanea, bella al punto da risultare seconda a un concorso di Miss Campania. Ci iscrivemmo all’università, lei in giurisprudenza, io in filosofia. Per due anni fui felice, studiavamo a casa mia o a casa sua e conseguivamo anche trenta e lode. Un brutto giorno, “Perdonami, mi sono innamorata di un altro, ma tu rimarrai sempre il mio miglior amico”. Caddi in una profonda depressione e abbandonai gli studi. Vederla poi spesso in strada teneramente abbracciata a quell’uomo, peraltro più anziano di lei di dodici anni, rappresentava per me una pugnalata sempre più profonda. Non pensai mai a un atto efferato nei suoi confronti, ma l’idea del suicidio mi assillava. Per me la vita non aveva più senso. Per fortuna conobbi una ragazza di cui mi innamorai e che diventò mia moglie e che ora non c’è più, dopo 52 anni di matrimonio. Ho avuto quattro figli e sono stato felice, ma ho vissuto sempre col terrore dell’abbandono. A ogni screzio mi assaliva il panico.
Le racconto questa storia dopo aver appreso che ben 115 donne sono state uccise tra le mura domestiche. Quale brutale sentimento scatta nell’animo dell’uomo allorché si profila lo spettro dell’abbandono? Ricordo che Tolstoj in La sonata a Kreutzer descrive come il protagonista uccida la moglie quando legge negli occhi di lei non la paura o lo sgomento, bensì il fastidio di essere stata disturbata nel suo momento di estasi. Vedere o anche apprendere che la propria donna è felice nelle braccia di un altro, scatena nell’uomo una rabbia belluina che può portare a un gesto efferato o a un’inguaribile depressione. Non mancano esempi di uomini illustri che a causa di un abbandono sono finiti per anni dallo psichiatra.
La legge che punisce questi delitti può anche trovare delle attenuanti generiche, ma non può accampare come alibi l’esasperazione dei sentimenti. Bertrand Russell ha  scritto: “Tutti abbiamo diritto alla felicità, ma non a spese degli altri”. Forse c’è bisogno di una nuova educazione sentimentale, l’inasprimento delle pene non serve!
Lettera formata – Salerno

La depressione sarà una sofferenza, andare dallo psichiatra forse una spesa che non tutti possono concedersi: ma comunque meglio che ammazzare, le pare? Mi chiedo sempre se quando un uomo, purtroppo più uomini, arrivano a uccidere la donna che dicono di amare perché li ha traditi o anche solo lasciati, sia per il bisogno di possesso o perché non sanno affrontare il dolore. In tutti i due casi, l’uomo esprime con la violenza un’immensa fragilità. Non credo si possano trovare attenuanti a questi delitti , ma forse ha ragione lei, l’inasprimento delle pene è sì una punizione giusta, ma non impedirà altri gesti simili. Che è invece quello che dobbiamo ottenere: sempre meno donne ammazzate “per amore”, sempre meno uomini incapaci di accettare una perdita, una ferita, quando si tratta di rapporti affettivi. Non capisco a cosa lei si riferisca citando la frase di Russell: un uomo è felice ammazzando la sua donna? La donna non dovrebbe cercare la felicità a spese del suo uomo? Lei da giovane ha sfiorato il suicidio, l’ha fortunatamente evitato, e la sua vita poi è stata piena d’amore. Quanto a una nuova educazione, certo è necessaria, al di là di quella sentimentale: è di maggior civiltà che abbiamo bisogno.
Natalia Aspesi – Venerdì di Repubblica – 12-7-13


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