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mercoledì 17 luglio 2013

Lo Sapevate Che: E La Storia Si Ripete e ... Continua


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Il Processo Ai Notabili

In una lettera aperta pubblicata sul “Mondo” del 28 agosto 1975 e ribadita sul “Corriere” del 24 (i settimanali anticipano l’uscita reale rispetto alla data apparente) Pier Paolo Pasolini lancia una proposta politica radicale. Una distanza ormai incolmabile separa, a suo avviso, il potere democristiano il “Palazzo”, come egli lo chiama), dal Paese reale. Una visione settoriale degli innumerevoli problemi che ci affliggono e ci illudiamo di poter risolvere uno per uno, viene artificiosamente suggerita da chi ha tutto l’interesse a dissociare le responsabilità e ad evitare una presa di coscienza dell’insieme. Solo la follia e l’omertà dei commentatori politici e degli intellettuali impedisce agli italiani di capire a qual punto sia giunta la degenerazione del nostro sistema politico. Non si tratta di affrontare questioni specifiche, come il sottogoverno o la delinquenza minorile, bensì il male ignobile che ci corrode, la nostra peste globale: Pasolini la identifica con la Dc, una “mafia oligarchica provenuta dal fondo della provincia più ignorante”. La risposta vincente, il toccasana, sarebbe un grande processo penale indetto da Psi e Pci, che chiamasse sul banco degli accusati “Andreotti, Fanfani, Rumor e almeno una dozzina di altri potenti democristiani (compreso forse per correttezza qualche presidente della Repubblica”.
L’ipotesi, lo confesso è suggestiva; la tiratura dei rotocalchi aumenterebbe, se ne verrebbero a sapere delle belle. Ma non avrà seguito e resterà come un’ipotesi fantapolitica, un sogno poetico.
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Fra le accuse più concrete bisognerebbe poi distinguere quelle di inettitudine politica dalle altre, che implicano gravi responsabilità morali e non di rado anche penali. Tra le prime stanno la colpevole incapacità di reprimere il neofascismo, la distruzione paesaggistica e urbanistica dell’Italia, il caos nella scuola, negli ospedali, nei pubblici servizi, l’esodo “selvaggio” dalle campagne, “la stupidità delittuosa della televisione”, in una parola insufficienza, il provincialismo, il venir meno dell’efficienza che è lecito esigere da chiunque abbia posto la propria candidatura alla gestione del potere democratico. In questo senso, e in quanto portatori di questi valori, Pasolini dice che i comunisti sarebbero i veri democristiani, gli eredi di questa vocazione tradita.
Al secondo gruppo di accuse sono da ascrivere le manipolazioni del denaro pubblico, gli intrallazzi con petrolieri e industriali (a torto Pasolini aggrega anche i banchieri, perché questi sono democratici di nomina governativa ), le connivenze con la mafia, la collaborazione col servizio segreto americano e gli illeciti impieghi di quello italiano, la “distribuzione borbonica delle cariche pubbliche ad adulatori”, in sostanza, la tabe del sottogoverno e del privilegio corporativo.
Come si può processare chi ancora detiene il potere?
Ebbene, questo mezzo c’è, ed è molto più silenzioso, radicale, implacabile, definitivo, di quello astratto e metaforico che Pasolini vagheggia: è il processo quotidiano, lento, sofferto, che si celebra nel profondo delle coscienze oneste, nel segreto di ciascuno di noi, là dove l’esperienza dell’oltraggio, del male, della vergogna, matura in indignazione crescente, si assoda nel consapevole rifiuto, assume la libera discussione, non occorrono giudici togati: sempre se ne trovarono per stilare sentenze di morte i dittatori caduti e petizioni servili ai nostri padroni. Verona insegni. Non occorrono gabbie né manette, carabinieri né giurati: bastano le poche assi di una cabina elettorale, una piccola scheda. Basta la presa di coscienza di tutti gli uomini di buona volontà.
31 agosto 1975
Luigi Firpo – Cattivi Pensieri


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