Bellissimo duchi di Cambridge si amano con
evidenza e basterebbe questo a dire dell’incanto collettivo che i gesti
semplici e dettati dall’amore esercitano sulle moltitudini.
Gesti
semplici. Qualcosa che somiglia a quel che accade a ciascuno di noi, quando
accade. Il Papa che sale le scale dell’aereo portando la sua valigia, il futuro
re d’Inghilterra che carica il piccolo principe in macchina nel seggiolino.
Come tutti, e nonostante una condizione che permetterebbe di evitarlo, volendo:
perché se sei abituato così – a portare
la tua valigia, a prenderti cura delle persone che ami – fai così anche se sei
il Papa, il prossimo re. Milioni di persone esasperate dalla quotidianità
esibizione di tronfia protervia di chi concepisce il potere come personale
privilegio e capriccio restano quasi senza accorgersene incantate dal
dettaglio: di un sorriso obliquo alla moglie che assomiglia a quello di chi
riceve un messaggio d’amore sul telefonino, da una scarpa consumata, da una
mano che sfiora un panno candido. I tremendamente fotogenici duchi di Cambridge
non sono più belli dei loro genitori, forse sì ma che importa: sono innamorati.
Uno sguardo alla foto di Carlo e Diana nella stessa posa 31 anni fa restituisce
l’immagine di una ragazza fin dal principio e con ragione infelice, di un
pinguino rigido in una parte mandata storta a memoria. Il destino poi si
incarica di scrivere le storie, e di farle somigliare a ci- che ci si aspetta
da loro.
Del
Royal baby non importerebbe poi molto, in un’epoca in cui delle monarchie e di
ogni genere di dinastia di potere, senz’altro merito della parentela, ne
abbiamo avuto tutti abbastanza, spesso pagandone collettivamente alto il
prezzo. A far diverso questo evento di globale distrazione estiva è lo stile, la
probabilmente inconsapevole potenza dei gesti, la normalità – tiene in braccio
suo figlio, che parla sottovoce con sua moglie, che fa l’occhiolino a qualcuno
là dietro e non a me, grazie di tutto ma adesso ce ne occupiamo noi, del
bambino, grazie davvero, tornate pure a casa. Certo, Kate è splendente coi suoi
capelli lunghi mezzo metro, col suo chemisier a pois bianchi in fondo azzurro.
Ma anche lei ha la pancia, come tutte le madri di un giorno, anche lei ha
fretta di andare e non si volta. Il nome? Vedremo, dice William felice. Chi se
ne importa del nome, francamente. La nonna dovrà dire la sua, come in ogni
famiglia e in questa di più. Quel che resta – della foto di lui in maniche di
camicia, reduce dalla sala parto, e di lei col vestito che tira sul petto –
sono gli sguardi, i sorrisi, i gesti fuori controllo che somigliano ai nostri.
Due minuti di ricreazione per il mondo intero, perché tutti hanno visto in un
secondo la differenza che corre fra chi fa finta, si approfitta, si apparecchia
diverso a suon di strafottenza a chi si carica il peso e la gioia di un viaggio
nel suo stesso futuro portandolo a mano.
Poi
loro restano papi e re, certo. Ma che sia l’amore a fare la differenza in ogni
cosa, anche in quelle in cui l’amore sembra che non c’entri – i governi, il
potere politico, le istituzioni, i regni – questo l’hanno visto tutti, in quel
secondo. E pazienza per chi non lo sa e deride gli ingenui. Non sanno cosa si
perdono, cosa si sono persi già. Non sanno da dove chiunque vorrebbe che la
storia ripartisse. Facciamo da soli, grazie. Sorriso.
Concita
De Gregorio – La Repubblica – 24 Luglio 2013
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