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Il
sogno più comune di ogni avvenente ragazza colombiana era, ed è ancora oggi,
diventare reginetta di bellezza. Per l’elezione di “Miss Colombia” si scatena
un delirio che parte in largo anticipo sulla finale. Sulla spiaggia di Cartagena
de Indias sbarca il circo dei rotocalchi e ai bambini in età scolare di
Cartagena vengono concesse addirittura due settimane di vacanza. La coroncina
posta sul capo della vincitrice è placcata d’oro 24 carati con al centro uno
smeraldo, la pietra nazionale, e nel corso dell’anno in cui detiene il titolo
Miss Colombia viene persino ricevuta dal presidente della Repubblica.
Ma
di concorsi minori ne esistono a centinaia. In ogni luogo dove si tengono,
l’arrivo delle aspiranti reginette è un evento molto atteso dalla cittadinanza.
La gente della Columbia ha il cuore gonfio del desiderio di lustrarsi gli occhi,
compensare il duro vivere quotidiano, dimenticare le violenze, le ingiustizie,
gli scandali politici che sembrano non poter aver mai fine. Sono gente allegra,
i colombiani, di quell’allegria vitale che nasce come antidoto al fatalismo.
Eppure
non è soltanto questo ciò che spiega il proliferare del fenomeno. In America
Latina, e in particolare nei paesi del narcotraffico, i concorsi di bellezza
sono anche fiere di cavalli di razza, in cui si esibiscono gli esemplari già
approdati a una scuderia. Spesso la gara è truccata in partenza: vince la
candidata che appartiene al proprietario più potente. Il più grande regalo che
si possa fare a una donna è comprarle una coroncina da reginetta, dono che
risplende sul prestigio di colui che l’ha prescelta. Così è stato per Yovanna
Guzmàn, eletta “Chica Med” quando era
già legata a Wilber Varela detto “Sapone”, uno dei leader del cartello del
Norte del Valle. Ma anche quando le cose vanno in questo modo, le ragazze meno
fortunate possono
sperare
di essere notate dagli altri narcos accorsi per selezionare l’amante del
momento, o comunque ritentare la buona sorte nel prossimo concorso.
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Persino
le ragazzine delle campagne più misere e dei barrios più derelitti cominceranno
a prostituirsi allo scopo di raggranellare i soldi per quelle protesi mammarie
divenute prerequisito per entrare nelle grazie di un boss, unica prospettiva di
riscatto che si trovi alla loro portata. E’ questa la storia narrata da Sin
tetas no hay paraìso (Senza tette non c’è paradiso), la serie televisiva
colombiana vista e adattata in versioni più edulcorate da mezzo mondo, ma
all’origine basata su un rigoroso reportage condotto da Gustavo Bolivar Moreno
nel Dipartimento meridionale di Putumayo, tradizionale zona di coltivazione
della coca.
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Roberto
Saviano – ZeroZeroZero
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