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domenica 7 luglio 2013

Casale Venticinque Anni Fa...

Quella Gente Di Casale Che Venticinque Anni fa
Sfidò Industria E politica

Eternit. Ora noi sappiamo che un simbolo del Progresso del Novecento – le fibre di asbesto mischiate al cemento dell’Eternit – conteneva in sé la maledizione. Ora sappiamo che il mesotelioma pleurico, il tumore subdolo che ha ucciso migliaia di italiani (e forse un milione sul pianeta) nasce da quei filamenti microscopici presenti nelle tettoie, i sottotetti, le coibentazioni, la pavimentazione, gli “ondulatini” del nostro paesaggio degli anni del boom. Ma la sentenza di Torino dice anche che i padroni dell’Eternit lo sapevano da più di quarant’anni, e che pagarono il silenzio.
Sentenza storica. Il caso Eternit ha fatto valere le ragioni del buon senso sul potere, della scienza sul profitto, dell’onestà nelle relazioni industriali in un momento storico in cui sembra valere l’esatto opposto. Si scrive Eternit, si legge Ilva di Taranto. Il paragone immediato va al movimento che in America ha condannato i grandi produttori di tabacco, a conoscenza della connessione tra il fumo (anche passivo) e il cancro ai polmoni. Chiamati alla trasparenza sono oggi i produttori di gas di scarico delle automobili, i produttori di telefonini , i creatori di Ogm.
Nella saga dell’Eternit, gli “annali dell’amianto” in Italia sono molto istruttivi. Lo stabilimento Eternit nasce a Casale Monferrato nel 2006, benedetto da tutti perché porta lavoro. Che l’asbesto fosse nocivo lo denunciò per primo nel 1964 l’epidemiologo americano Irving Selikoff, che ottenne una pagina del New York Times. Nel 1970 l’epidemiologo Benedetto Teracini dell’università di Torino (“ero un figlio del Sessantotto, cedevo nella scienza del popolo”) notò che i mesoteliomi a Casale Monferrato erano troppi, e gettò l’allarme. Ma a quell’epoca legare l’Eternit, la benefattrice di Casale, ai tumori, era una bestemmia da comunisti e i sindacati preferivano “monetizzare” il rischio. L’Inail riconobbe il nesso tra cancro e amianto solo nel 1987. A Casale nel 1988 nacque una coraggiosa associazione dei famigliari delle vittime.
Solo nel 1992, dopo tre anni di sparuti sit in a Montecitorio, il parlamento vietò la produzione di amianto. Nel 1993 ci fu un primo processo ai dirigenti Eternit, ma li condanno a pene molto lievi. Nel 2008. il sostituto procuratore Raffaele Guariniello di Torino portò in giudizio i padroni dell’amianto, con 220 mila pagine di indagine: gli diedero del pazzo. Nel 2011, i cittadini di Casale assistettero alla prima del film Polvere di Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller, videro sullo schermo la propria morte, ne trassero sete di giustizia e impedirono al sindaco di accettare la liquidazione irrisoria proposta dai ricchissimi proprietari. Nel 2012 lo scrittore Mario Desiati scrisse un romanzo, Ternitti, sui pugliesi che andarono a morire in Svizzera, una vicenda che nessuno sapeva.
A interloquire con l’immane tragedia, e scrivere un pezzo di storia, non furono i partiti politici o la grande informazione, ma la sconosciuta tenacia di alcuni sindacalisti, di pochi scienziati, delle famiglie di Casale, di qualche artista, di un pugnetto di magistrati. Un modello o qualcosa di irripetibile?

Enrico Deaglio – Venerdì di Repubblica – 14-6-13

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