Quella Gente Di Casale Che Venticinque
Anni fa
Sfidò Industria E politica
Eternit. Ora noi sappiamo che un simbolo
del Progresso del Novecento – le fibre di asbesto mischiate al cemento
dell’Eternit – conteneva in sé la maledizione. Ora sappiamo che il mesotelioma
pleurico, il tumore subdolo che ha ucciso migliaia di italiani (e forse un milione sul pianeta) nasce da
quei filamenti microscopici presenti nelle tettoie, i sottotetti, le
coibentazioni, la pavimentazione, gli “ondulatini” del nostro paesaggio degli
anni del boom. Ma la sentenza di Torino dice anche che i padroni dell’Eternit
lo sapevano da più di quarant’anni, e che pagarono il silenzio.
Sentenza
storica. Il caso Eternit ha fatto valere le ragioni del buon senso sul potere,
della scienza sul profitto, dell’onestà nelle relazioni industriali in un
momento storico in cui sembra valere l’esatto opposto. Si scrive Eternit, si
legge Ilva di Taranto. Il paragone immediato va al movimento che in America ha
condannato i grandi produttori di tabacco, a conoscenza della connessione tra
il fumo (anche passivo) e il cancro ai polmoni. Chiamati alla trasparenza sono
oggi i produttori di gas di scarico delle automobili, i produttori di
telefonini , i creatori di Ogm.
Nella
saga dell’Eternit, gli “annali dell’amianto” in Italia sono molto istruttivi.
Lo stabilimento Eternit nasce a Casale Monferrato nel 2006, benedetto da tutti
perché porta lavoro. Che l’asbesto fosse nocivo lo denunciò per primo nel 1964
l’epidemiologo americano Irving Selikoff, che ottenne una pagina del New York
Times. Nel 1970 l’epidemiologo Benedetto Teracini dell’università di Torino
(“ero un figlio del Sessantotto, cedevo nella scienza del popolo”) notò che i
mesoteliomi a Casale Monferrato erano troppi, e gettò l’allarme. Ma a quell’epoca
legare l’Eternit, la benefattrice di
Casale, ai tumori, era una bestemmia da comunisti e i sindacati preferivano
“monetizzare” il rischio. L’Inail riconobbe il nesso tra cancro e amianto solo
nel 1987. A Casale nel 1988 nacque una coraggiosa associazione dei famigliari
delle vittime.
Solo
nel 1992, dopo tre anni di sparuti sit in a Montecitorio, il parlamento vietò
la produzione di amianto. Nel 1993 ci fu un primo processo ai dirigenti
Eternit, ma li condanno a pene molto lievi. Nel 2008. il sostituto procuratore
Raffaele Guariniello di Torino portò in giudizio i padroni dell’amianto, con
220 mila pagine di indagine: gli diedero del pazzo. Nel 2011, i cittadini di
Casale assistettero alla prima del film Polvere
di Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller, videro sullo schermo la propria morte,
ne trassero sete di giustizia e impedirono al sindaco di accettare la
liquidazione irrisoria proposta dai ricchissimi proprietari. Nel 2012 lo
scrittore Mario Desiati scrisse un romanzo, Ternitti,
sui pugliesi che andarono a morire in Svizzera, una vicenda che nessuno sapeva.
A
interloquire con l’immane tragedia, e scrivere un pezzo di storia, non furono i
partiti politici o la grande informazione, ma la sconosciuta tenacia di alcuni
sindacalisti, di pochi scienziati, delle famiglie di Casale, di qualche
artista, di un pugnetto di magistrati. Un modello o qualcosa di irripetibile?
Enrico
Deaglio – Venerdì di Repubblica – 14-6-13
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