Le‑ tredici mosse dell’arte di educare
Dunque , amare il figlio!
Sembra la cosa più naturale del mondo, invece non lo è!
Quanti errori si commettono credendo di far del bene!
Aveva ragione il famoso pediatra…, Marcello Bernardi (1922-2001): “Non è vero che i propri figli si amano perché sono i nostri. Si amano perché si impara ad amarli”.
L’amore è un’arte, ci ricordava lo psicologo Erich Fromm (1900-80) in un suo celebre libro: ‘L’arte di amare’1956).
Ebbene chi va a scuola per imparare tale arte, viene a conoscere tante cose. La prima è la distinzione tra ciò che è amore e ciò che amore non è.
Vediamo.
Amare non è strafare
E’ saggio il proverbio che recita: “La madre troppo valente fa la figlia buona a niente”. Dunque, per essere subito concreti: volete fare qualcosa di più per i vostri figli?
Fate qualcosa di meno! Alcune indagini ci dicono che oggi sette ragazzi su dieci sono ‘malati di troppo amore’!
Amare non è intronizzare il figlio
Ancora Erich Fromm avvertiva: “Amare significa sostenere qualcuno, non cadere ai suoi piedi!.
Amare non è pensare che sia proibito proibire
Il permissivismo sta all’amore come l’aceto sta al vino, come la sabbia sta alla farina.
L’amore vero è robusto, esigente. Il padre che si impone al figlio: “No, senza casco non vai in moto, per nessuna ragione”, a conti fatti, lo abbraccia!
Ma, insomma, che cos’è l’amore pedagogico?
Amare è accettare il figlio
E’ dargli la sensazione che si è contenti che ci sia, che sia così com’è; è fargli percepire che la sua presenza non pesa, che lo si vuole fino in fondo, senza condizioni. In una parola, amare è dire al figlio: “Tu conti tutto per noi!”.
Amare è rinunciare al possesso
I figli sono come le navi: le navi non sono fatte per stare in porto, ma per prendere il largo. Applicando a noi, amare è tagliare, al più presto, il cordone ombelicale.
La cosa non è per niente facile.
Vi sono genitori che temono che il figlio cresca uomo. Lo vorrebbero eterno bambino per poter coccolarlo e vezzeggiarlo per tutta la vita.
Altri cadono nella tentazione del super protezionismo: “Mettiti la maglia, togliti la maglia, sta’ al sole, non stare al sole!; a Gennaio non si esce perché fa freddo, a febbraio c’è il pericolo di raffreddarsi, a Marzo c’è il vento, ad Aprile il primo sole, a Maggio l’allergia”…
No, questo non è amore, questo è soffocamento, freno, incatenamento.
Amare è attrezzare il figlio
E’ attrezzarlo perché possa gestirsi da solo, camminare sulle proprie gambe, volare con le proprie ali.
Chi ama i fiori, non li calpesta, né li coglie per sé, ma li lascia crescere, liberi e belli, nei prati del mondo.
Amare è rendersi amabili
Se attrezzare il figlio perché sappia vivere da uomo è l’aspetto più alto dell’amore pedagogico, rendersi amabili è l’aspetto più simpatico.
Rendersi amabili, infatti, vuol dire renderci abbracciabili, accoglienti, solari.
Renderci amabili, vuol dire dare una ripassatina al nostro carattere forse attaccabrighe, tortuoso, diffidente, acido, freddo, variabile, per rivestirsi di un ‘io festivo, colloquiale, vibratile e tenero, attento e generoso.
Una persona tutta amabile educa anche senza saperlo, anche senza volerlo. Contagia, irradia fattori di crescita. Insomma, ama nel senso più puro e più alto.
Ecco il vero amore pedagogico!
Se è così, l’augurio più indovinato che possiamo fare ad un bambino non è quello di essere il più bello, il più ricco, il più famoso, ma di essere il più amato. Nel modo giusto!
Allora – solo allora! – ringrazierà d’esser nato.
Pino Pellegrino – Bollettino Salesiano – maggio 2013
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