Svegliarsi a Parigi sulle note di una canzone di j
Jacque Dutronc, pulire il piatto con un pezzo di pane, sedersi al sole a piazza Navona in pieno febbraio e mangiare un’insalata di rucola sorseggiando vino umbro, farsi luccicare sul mento il riflesso dei bottoni dorati, mangiare dell’uva colta direttamente dalla pergola sulla facciata di una casa, veder cadere dei grossi goccioloni, ammirare un arcobaleno gigantesco o intravedere una piccola luce lontana in una notte buia, oppure una stella cadente, o un satellite che passa in silenzio lassù, avere un salvadanaio, un oggetto feticcio, la vita sottile, sorprendere un animale che sta badando ai fatti suoi, percepire la densità di un silenzio pieno di attenzione, aprire bocca e sentirsi come un cavaliere che scende in lizza, trovare finalmente il termine esatto, aspettare una telefonata, restarci male perché i ciottoli di fiume perdono i loro colori magnifici quando si asciugano, sognare una grossa casa con le imposte verdi all’incrocio di due sentieri nel folto della foresta, ammirare una grande scalinata esterna a doppia rampa con sontuosi cespugli di malvone o una tettoia di coppi verniciati, cantare a cappella o all’unisono, vibrare per il timbro di una voce, sentirsi paragonare sfacciatamente alle cose più improbabili….
(…)
Françoise Héritier – Il Sale Della Vita
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