Una raffineria utilizza il calore disperso di una centrale termica e rivende lo zolfo estratto dal petrolio a un’impresa chimica. E fornisce anche solfato di calcio a un produttore di pannelli murali, mentre il vapore in eccesso della centrale scalda l’acqua di un’impresa di acquacultura e le serre. Il risultato è un risparmio di risorse e una riduzione rilevante dei rifiuti finali. Tutto ciò, naturalmente, rispettando quanto più possibile la legge del mercato.
Ma se in alcuni casi strategie di questo tipo possono essere sviluppate spontaneamente dalle imprese, questa success story
è generalizzabile? L’economia di accumulazione fondata sulla rapina, lo spreco consumistico e la produzione mostruosa di rifiuti può convertirsi in una virtuosa economia circolare? In ogni caso, parlare di “mano invisibile verde” è sicuramente assai azzardato. Soltanto delle politiche pubbliche possono far registrare risultati incoraggianti nella lotta contro l’inquinamento. Senza un minimo di incentivi, fiscali o di altro genere, gli sviluppi positivi rimangono più che marginali. Da parte delle imprese, la rivendicazione di un metodo di autoregolazione per risolvere la questione ambientale ha soprattutto lo scopo di evitare che siano imposti loro obblighi per le responsabilità che hanno nella distruzione dell’ecosistema planetario. Se la responsabilità sociale dell’impresa bastasse a umanizzare il capitalismo e a renderlo ecocompatibile, la cosa sarebbe davanti agli occhi di tutti, dato che siamo da tre secoli sotto il suo dominio!
Serge Latouche – Usa E Getta -
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