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mercoledì 24 maggio 2017

Lo Sapevate Che: Il tempo delle mele per riscoprirsi romantici...



Negli Anni Confusi e derelitti della scuola media ero una ragazzetta ombrosa, aggrovigliata e inconsapevole di sé. Volevo piacere e pensavo di non esserne capace, desideravo dorme da donna e vedevo l mio corpo refrattario alle curve, sognavo un amore e mi maceravo nel timore che mai nessuno, nemmeno quegli sgorbi brufolosi e rozzi dei mei compagni di classe, mi avrebbe mai scelta. Per un periodo fui perdutamente innamorata di Savino, un riccioletto pluribocciato dagli occhi verdi. Si narrava che andasse in giro armato e che, oltre a un motorino truccato guidasse dall’età di 12 anni la Fiat Ritmo del padre latitante. Devo al deviante e acerbo Savino i miei primi languori che si trasformarono in nera disperazione quando un giorno di primavere lo vidi avvinghiato a Tiziana, inarrivabile e giunonica bionda di terza C. La mia nonna paterna, napoletana e saggia, si accorse del mio disagio esistenziale e si inventò un modo per sublimare i miei tormenti e le mie frustrazioni. Un sabato pomeriggio prendemmo insieme il tram e andammo al cinema a vedere un film romantico. Fu il primo di una lunga serie di pomeriggi trascorsi con lei al buio, sgranocchiando popcorn e tirando su col naso. Diventammo esperte del genere “pellicole di amori disperati ma a lieto fine con protagonisti adolescenti”. Dopo la visione, sul tram del ritorno, seguiva il dibattito che ci vedeva quasi sempre concordi nel giudizio, nonostante i 60 anni rotondi che ci separavano. Pur non avendo io né l’età né il physique du role, mia nonna mi regalava il superpotere di immaginarmi altrove una volta alla settimana. Qualche giorno fa una mia amica ha postato, forse preda di un raptus nostalgico-regressivo, uno spezzone di un film francese degli anni ’80, Il tempo delle mele, diventano leggendario grazie a una deliziosa Sophie Marceau adolescente e a un’ipnotica colonna sonora, saldamente in vetta alla classifica dei sabati pomeriggio con la nonna. Sono bastati quattro minuti di quel video per farmi tornare a quegli anni di struggimenti e malinconie, seguiti per fortuna da tempi migliori di brividi e prime volte e dalla scoperta che la felicità amorosa non ha alcuna correlazione con la misura del reggiseno. Mio figlio maggiore muove passi spavaldi nel territorio impervio e incantato dei primi amori. Affronta le insidie dei suoi 14 anni con una spacconeria e una leggerezza che a me erano estranee. Eppure ogni tanto scorgo sguardi liquidi, indovino palpitazioni, cerco introvabili risposte a vitali interrogativi (“Mamma, ma perché voi femmine siete così strane? Perché è così difficile capire cosa volete?”), ripercorrono il io passato attraverso il suo presente. Ho lo stesso amore da oltre vent’anni. Figlia di genitori divorziati, circondata da coppie che si frantumano, conosco l’inestimabile valore della nostra longevità, pur ignorandone la ricetta. Amo la consuetudine. La telepatia, la complicità, la conoscenza reciproca di testa, cuore, pancia e tutto il resto. Un vecchio amico, divorziato, di recente si è innamorato di nuovo. “Erano secoli che non mi sentivo così”. “Così come?”. “Percorso dalla corrente elettrica. Vivo. Capisci?”. Certo che capisco. Lo colgo nell’euforia inquieta di mio figlio che si posa su cento fiori inebriato. <lo ritrovo nei miei diari di ragazza malmostosa, nella memoria dei miei vent’anni, negli esordi palpitanti del grande e attuale amore della mia vita. Lo ricordo meraviglioso e sfibrante, travolgente e micidiale. Mi manca? Mentirei se dicessi di no. Forse questa sera mi rivedrò Il tempo delle mele.
Claudia de Lillo – Opinioni – Donna di La Repubblica – 13 maggio 2017 -

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