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martedì 23 maggio 2017

Lo Sapevate Che: Cari medici, non basta mettere quiete nella vostra coscienza...



Se Fossi Donna, potrebbe succedermi di affrontare l’esperienza di una gravidanza indesiderata. Se fossi donna e decidessi di abortire, mi arriverebbero i giudizi o gli insulti di una banda di uomini vestiti di tonache ora nere, ora bianche, ora viola, che per voto non si “accompagnano con donne” e che per genere non possono affrontare una gravidanza, né una sua interruzione. Troppo spesso incontrerei persone in camice bianco, coscienziosamente genuflesse a quelle degli altri, che mi negano la contraccezione di emergenza o l’aborto farmacologico e si oppongono alla mia scelta, impedendola. Combattere perché questa guerra alle donne finisca, non solo per un giorno ma per sempre, posso farlo anche da uomo.
Paolo Izzo, Roma  pizzo3@gmail.com

Lasciamo Perdere Le tonache, nere, viola, rosse, bianche che, a partire dalla loro visione religiosa del mondo, esprimono una morale che, a differenza di quel che accadeva un tempo, può essere accolta o rifiutata in tutta libertà. E volgiamo invece la nostra attenzione ai camici bianchi che si astengono da alcuni atti medici, come l’interruzione di gravidanza, la sterilizzazione, la prescrizione della pillola abortiva, in base a motivazioni del tutto extra-mediche che fanno riferimento esclusivo alla loro personale coscienza, le cui scelte hanno naturalmente conseguenze anche gravi sulla vita di chi ne fa richiesta. La cultura medica ha fatto un passo avanti quando ha tematizzato il rapporto medico-paziente (“tematizzato” significa che sono apparso molti studi e si sono organizzati molti congressi che avevano come tema il fatto che l’arte medica non ha a che fare solo con un organismo, ma anche e soprattutto con un soggetto). Questo rapporto duale medico-paziente, anche se non è sempre e ovunque attuato, è una cosa buona, perché è vero che la medicina ha a che fare con l’oggettività dell’organismo, ma non può trascurare il fatto che in questa oggettività è iscritta la soggettività di una persona. L’organismo è l’elemento oggettivo, ma è il soggetto a essere in gioco. E tuttavia il rapporto medico-paziente non esaurisce la responsabilità del primo, perché questa non è mai esclusivamente “personale”, ma anche “sociale”. E ciò è dovuto al fatto che, in quanto mandatario della società, il medico è un servitore della salute pubblica, e pertanto la sua coscienza, oltre che della soggettività del paziente, deve farsi carico anche della società. Come peraltro già accade nella medicina preventiva, nella pratica delle vaccinazioni, nell’isolamento delle malattie infettive e in altri casi analoghi. Ora, può accadere che l’etica della responsabilità sociale possa dare ordini diversi rispetto all’etica personale. E questo sia su vasta, sia su piccola scala. Su vasta scala la sfera riproduttiva, per esempio, non è mai una questione esclusivamente privata dell’interessato e neppure del medico e della sua coscienza. Infatti sappiamo tutti che l’eccessiva esplosione su scala mondiale della popolazione è il principale problema dell’umanità, passata dai due miliardi degli anni ’50 del secolo scorso agli attuali sette miliardi. E ciò ha determinato la progressiva distruzione dell’ambiente, il degrado della biosfera dovuto all’aumento dei consumi e all’incremento della tecnica necessaria per nutrire tutti, con la prospettiva della miseria di massa di un’umanità affamata e col rischio che l’istinto di sopravvivenza, il più primitivo degli istinti per cui o vivo io o vivi tu, metta fuori gioco tutte le etiche umane, faticosamente conquistate nel corso dei secoli. Questa responsabilità a lungo termine, che forse non è così lontana, è presa in considerazione dalla coscienza personale del medico? O anche qui scatta l’obiezione di coscienza? Al di là di questi scenari apocalittici, ma non improbabili e tanto meno remoti, su piccola scala mi chiedo se i principi che regolano le decisioni del medico in base alla sua coscienza (principi che sono poi le sue convinzioni, frutto dell’educazione, della morale personale morale o dell chi ha goa fede) si fanno carico degli effetti della decisione che ne consegue? O sono principi che soddisfano unicamente la coerenza della propria coscienza personale che non si fa carico minimamente delle condizioni di miseria di chi si trova chi ha già molti figli nell’indigenza, della tragedia delle gravidanze in età adolescenziale, dell’infelicità futura di feti affetti da malattie ereditarie, delle conseguenze di interventi non professionali a causa del rifiuto di intervenire da parte di troppi medici, ai quali basta la quiete della propria coscienza che non si fa minimamente carico della responsabilità sociale dà ordini diversi rispetto all’etica personale, perché è quasi sempre la prima a essere sacrificata da parte di medici, che tra l’altro dimenticano di essere servitori della salute pubblica?
umbertogalimberti@repubblica.it -  Risponde – Donna di La Repubblica – 13 maggio 2017 -

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