Cronache dal surreale
Dino Buzzati nasce il 16 ottobre 1906 a
San Pellegrino, nei pressi di Belluno. Sin dalla giovinezza si manifestano in
lui gli interessi, i temi e le passioni del futuro scrittore, ai quali resterà
fedele per tutta la vita: la poesia, la musica (studia violino e pianoforte e
non bisogna dimenticare che in futuro scriverà anche alcuni libretti d'Opera),
il disegno, e la montagna, vera compagna dell'infanzia, a cui è anche dedicato
il suo primo romanzo, "Barnabo delle montagne".
A soli quattordici anni rimane orfano
dell'amato padre, il quale si spegne a causa di un tumore al pancreas. L'evento
sconvolge così tanto il piccolo Buzzati che per molto tempo vivrà
nell'ossessione di essere colpito dallo stesso male. Svolti i regolari studi, nei
quali si dimostra bravo e diligente, ma nulla più, si reca nella caserma della
sua città per svolgere il servizio militare: sei mesi di scuola allievo
ufficiale, tre mesi da sottufficiale (sergente) e quattro mesi da sottotenente.
Scrittore in erba, fin dalla giovinezza
tiene un diario dove si abitua ad annotare opinioni e avvenimenti. Dentro di
lui, infatti, prende sempre più corpo il desiderio e il sogno di dedicarsi
professionalmente a qualunque mestiere che prevedesse la scrittura. E' assai
attirato ad esempio dal giornalismo ed ecco che, nel Luglio del 1928, ancor prima di
concludere gli studi in legge, entra come praticante al "Corriere della Sera". Dopo la laurea, invece, inizia la
collaborazione al settimanale "Il popolo di Lombardia" mentre poco
dopo esce il già citato "Barnabo delle montagne", che ottiene un buon
successo. La stessa sorte, purtroppo, non accade alla sua seconda prova
narrativa, "Il segreto del Bosco Vecchio", accolto con
sostanziale indifferenza.
Nel gennaio del 1939 consegna il
manoscritto del suo capolavoro, del suo libro più amato e conosciuto, quel
"Il deserto dei Tartari" che diverrà un emblema della letteratura del
Novecento. Il romanzo è la storia di un giovane militare, Giovanni Drogo, che
inizia la propria carriera nella fortezza Bastiani, che sorge isolata ai
confini di un immaginario regno e in un'epoca non precisata. Se inizialmente,
per Drogo, quella fortezza è un luogo chiuso, inospitale e che non gli offre
alcun futuro, col passare del tempo vi si abitua , fino a non volerla (e non
poterla) più lasciare, sia a causa della perdita di contatti col resto del
mondo, sia per la continua speranza che un giorno i Tartari, dal deserto,
attacchino la fortezza. E' chiaro dunque che in tale romanzo è fondamentale
l'allegoria che vi è sviluppata, sebbene non siano mai abbandonate la
verosimiglianza delle situazioni e l'attenta descrizione di personaggi che
diventano quasi dei tipi.
La vita di Drogo simboleggia la vita
umana, che è incalzata dal passare del tempo e dalla solitudine, in un mondo,
rappresentato dalla fortezza, fatto di leggi assurde e speranze inutili. Altro
punto messo in rilievo da Buzzati è come gli uomini continuino ad ingannarsi:
Drogo si ripete in continuazione che "l'importante è ancora da
cominciare", e continua ad alimentare le sue speranze sebbene nulla le
suffraghi. Buzzati sembra dirci, con questo romanzo, che per l'uomo è meglio
desiderare poco, che si sappia accontentare, poichè il mondo, il gioco della
vita, concedono poco e sono pronti a disilludere le più spericolate o nobili
ambizioni.
Il primo lettore che riceve il
manoscritto è l'amico Arturo Brambilla che, dopo un'entusiastica lettura, lo
passa a Leo Longanesi, il quale stava preparando una nuova collezione per
Rizzoli denominata il "Sofà delle Muse". Su segnalazione di
Indro Montanelli, questi ne accetta la pubblicazione; tuttavia, in una
lettera, Longanesi prega l'autore di cambiare il titolo originario "La
fortezza", per evitare ogni allusione alla guerra ormai imminente. In
seguito, Buzzati si imbarca a Napoli sulla nave Colombo e parte per Addis
Abeba, come cronista e fotoreporter, inviato speciale del "Corriere della Sera". E' il 1939 e la seconda guerra
mondiale è alle porte. L'anno successivo,
infatti, parte dallo stesso porto come corrispondente di guerra
sull'incrociatore Fiume. Partecipa così seppure come testimone, alle battaglie
di Capo Teulada e di Capo Matapan ed alla seconda battaglia della Sirte,
inviando i suoi articoli al giornale. Sarà sua anche la "Cronaca di ore
memorabili" apparsa sulla prima pagina del "Corriere della Sera" il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione.
Nel 1949 esce il volume di racconti
"Paura alla Scala" e nel giugno dello stesso anno è inviato dal
"Corriere della Sera" al seguito del Giro d'Italia.
Nel 1950 l'editore Neri Pozza di Vicenza stampa la prima edizione degli 88
pezzi di "In quel preciso momento", una raccolta di note, appunti,
racconti brevi e divagazioni mentre, quattro anni dopo, esce il volume di
racconti "Il crollo della Baliverna", col quale vincerà, ex aequo
con Cardarelli,
il Premio Napoli.
Nel gennaio 1957 sostituisce
temporaneamente Leonardo Borgese come critico d'arte del "Corriere".
Lavora anche per la "Domenica del Corriere", occupandosi soprattutto
dei titoli e delle didascalie. Compone alcune poesie, che entreranno a far
parte del poemetto "Il capitano Pic". Nel 1958 escono "Le storie
dipinte", presentate in occasione della personale di pittura dello
scrittore inaugurata il 21 novembre alla Galleria Re Magi di Milano.
L'8 giugno del 1961 muore la madre e due
anni dopo egli scriverà la cronaca interiore di quel funerale nell'elzeviro
"I due autisti". Seguono anni di viaggi come inviato del giornale.
L'8 dicembre 1966 sposa Almerina Antoniazzi, la donna che, seppure alla lontana
e in un'ottica romanzata, gli aveva ispirato il tormentato "Un
amore".
Nel 1970 gli viene assegnato il premio
giornalistico "Mario Massai" per gli articoli pubblicati sul "Corriere della Sera" nell'estate 1969 a commento della discesa
dell'uomo sulla Luna.
Il 27 febbraio 1971 viene rappresentata a Trieste l'opera in un atto e tre
quarti del maestro Mario Buganelli dal titolo "Fontana", tratta dal
racconto "Non aspettavamo altro".
L'editore Garzanti pubblica, con
l'aggiunta di didascalie, gli ex-voto dipinti da Buzzati "I miracoli di
Val Morel" mentre, presso Mondadori esce
il volume di racconti ed elzeviri "Le notti difficili".
Intanto, prosegue in maniera intensa
anche la sua attività di pittore ed illustratore, passione sempre sotterranea
che non aveva mai abbandonato. Malgrado il suo sostanziale approccio
dilettantistico, i suoi dipinti vengono comunque apprezzati dagli estimatori e
gli vengono dedicate alcune esposizioni.
E' invece il 1971 quando comincia ad
avvertire i sintomi della malattia (un tumore al pancreas, esattamente come il
padre) che lo porterà alla morte.
In ottobre espone alla Galleria Castello
di Trento, in novembre alla Galleria Lo Spazio di Roma. Viene presentato il
volume "Buzzati, pittore", che contiene giudizi di critici, scrittori
e giornalisti e Garzanti pubblica "I miracoli di Val Morel", mentre Mondadori l'ultima
raccolta di racconti ed elzeviri.
Una serie di incontri con Yves Panafieu
durante l'estate e le registrazioni di quei colloqui sono alla base del
libro-intervista "Dino Buzzati: un autoritratto", che sarà pubblicato
nel 1973 da Mondadori.
L'8 dicembre Buzzati entra in clinica e
si spegne il 28 Gennaio del 1972.
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