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martedì 8 settembre 2015

Lo Sapevate Che: Nelle sale operatorie c'è sempre più musica: ma rilassa o distrae?...



Non a caso Apollo era Dio della musica e protettore della medicina insieme: alcune nuove sale operatorie vengono già costruite con altoparlanti e porte per gli mp3. Ma se ascoltare musica durante gli interventi sia utile o dannoso è ancora oggetto di dibattito. “Niente Requiem o musica sacra, per carità. Ma una classica a basso volume può essere piacevole e rilassante” racconta Enrico Croce, presidente emerito della Società italiana di chirurgia. “Alla fine dell’intervento spesso allenta la tensione e crea allegria in sala operatoria” aggiunge Vincenzo Carpino, ex primario di anestesia all’ospedale Santobono di Napoli. “Ma è importante che il monitor dell’attività cardiaca e il respiratore siano perfettamente udibili”. L’argomento è dibattito. Due studi appena pubblicati sono giunti infatti a conclusioni opposte. Secondo una ricerca dell’Università del Texas pubblicata sull’Aesthetic Surgery Journal i chirurghi estetici, se operano con un sottofondo, sono più rapidi e precisi nelle suture. Il Journal of Advanced Nursing al contrario sostiene che la musica rischia di ostacolare la comunicazione fra chirurghi, anestesisti e infermieri. La prova? I ricercatori dell’University College London e dell’Imperial College avevano piazzato telecamere nelle sale operatorie di due ospedali londinesi: 16 dei 20 interventi registrati sono avvenuti a radio accesa e, in questi, i chirurghi hanno dovuto spesso ripetere le loro richieste. In un caso un’infermiera ha persino pregato di abbassare il volume perché non riusciva a contare i tamponi. A scegliere cosa ascoltare è quasi sempre il capo chirurgo. Che, come sottolineano i ricercatori di Londra, spesso non si limita alla musica classica a basso volume, ma fa entrare in sala operatoria dance music e batterie . “Mi è capitato di sentir chiedere di abbassare il volume, o di spegnere la radio se alla fine di una canzone iniziava il notiziario” dice Croce. “Ma, per la mia esperienza, in sala operatoria è la musica classica a farla da padrona e gli interventi a radio accesa  sono la minoranza”. Carpino nella sua carriera ha sperimentato anche qualche escursione “nel jazz o nel blues, perché un’équipe può essere composta da persone di 20 o 70 anni e si cerca di accontentare un po’ tutti. Ma in generale la musica cantata è meno adatta di quella suonata”. La prima volta in cui le note entrarono in sala operatoria fu probabilmente il 1914, quando il chirurgo della Pennsylvania Evan Kane scrisse degli “effetti del fonografo in sala operatoria, per distrarre il paziente dall’orrore della situazione”. A dicembre scorso il chirurgo di Cardiff David Bosanquet ha pubblicato un sondaggio in cui l’80 per cento del personale di sala operatoria dichiarava che “la musica aiuta a rilassarsi, concentrarsi e portare meglio a termine l’intervento”. I più entusiasti erano i chirurghi, con gli anestesisti tiepidi “perché la musica consuma attenzione, riduce la vigilanza, ostacola le comunicazioni e distrae quando si presenta un problema”. Bosanquet conclude il suo articolo con una palylist semiseria adatta alla sala operatoria. In testa Stayin’ Alive dei Bee Gees, Fix You dei Colpaly e Wake Me Up Before You Go-Go degli Wham. Da evitare Knives Out dei Radiohead o Scar Tissue dei Red Hot Chilli Peppers.
Elena Dusi – Scienze Tecnologia  Psicologia Natura Medicina – Il Venerdì di Repubblica – 28 agosto 2015

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