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lunedì 21 settembre 2015

Lo Sapevate Che: Il petrolio calerà, ma non è una bella notizia...



Come Ripeto Da Anni, il petrolio sta vivendo un “giorno del giudizio” prolungato che è ben lontano dalla fine. Nonostante un’estate di forti ribassi, forse il peggio deve ancora arrivare. Posto in termini semplici, il problema è che l’offerta di greggio nel mondo continua a crescere per effetto di investimenti avviati anni fa e ormai impossibili da fermare. Società di Stato o private che hanno già speso miliardi per sviluppare nuovi giacimenti non hanno alternativa che completare i progetti e iniziare a ricavare qualche introito, sperando in un futuro migliore. Così, almeno fino al 2017 l’offerta continuerà a crescere, al netto del declino di alcune produzioni ormai non remunerative di alcuni Paesi (Canada, Stati Uniti, e altri). Tuttavia, il declino è troppo modesto rispetto al parallelo incremento proveniente da altre fonti, ultime tra le quali l’Iran. (..). Man mano che entreremo nell’autunno, e poi in inverno, assisteremo a un calo naturale dei consumi che aumenterà il divario tra offerta e domanda. Per questo è lecito aspettarsi una nuova caduta dei prezzi e forse qualche momento di panico, probabilmente tra novembre e gennaio. Una prospettiva su cui pesano anche i dubbi sulla tenuta economia della Cina e altri Paesi asiatici, fino a ieri unici motori dei consumi mondiali. Quanto potrà durare tutto questo? Impossibile dirlo, ma è improbabile che l’oro nero torni a rialzare la testa prima del  2017-2018. In Mancanza di un simile stravolgimento, tuttavia, nessuno è in grado di far niente per fermare l’inerzia ribassista del mercato, di tanto in tanto interrotta da fugaci rialzi speculativi. Perfino  l’Arabia Saudita è confusa e incapace di trovare il bandolo della matassa. In pubblico, il Paese petrolifero più importante al mondo continua a ostentare fiducia in un prossimo ribilanciamento del mercato: Lo stesso atteggiamento di molte compagnie petrolifere e di altri Paesi produttori, che sa molto di litania auto-consolatoria. Ma in privato i massimi esponenti sauditi tradiscono un disagio profondo, perché non sanno che fare. (..). Di conseguenza, Riad non vede alternativa alla sua strategia attuale: massimizzare la produzione e guadagnare quote di mercato mondiale. “Noi soffriremo, ma gli altri prima o poi andranno a gambe all’aria”, mi hanno ripetuto di recente esponenti dell’establishment saudita. Il problema è quel “prima o poi”, che rischia di prolungarsi troppo anche per le capienti riserve valutarie del regno, da cui il governo deve attingere per far fronte alle spese centrali che gli introiti petroliferi non coprono più. E in ogni caso è una speranza inaccettabile quella di attendere che qualcuno vada a gambe all’aria, per le implicazioni più profonde che questo potrebbe avere. Potrebbe toccare all’Iraq, alle prese con l’avanzata dello Stato Islamico, o alla stessa Russia, le cui sfortune politiche e economiche negli ultimi 50 anni, sono sempre andate di pari passo con i ribassi del prezzo del petrolio (e del gas). Purtroppo, i prezzi bassi del petrolio non sono soltanto un’opportunità da festeggiare per i Paesi consumatori, ma anche portatori di ansie e pericoli difficili da gestire. E l’autunno è alle porte.
Leonardo  Maugeri – Senza frontiera www.lespresso.it  Leonardo_Maugeri@harvard.edu – 17 settembre 2015

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