Nel bizzarro revival
del peggio degli anni Novanta non poteva mancare il rilancio del Ponte sullo
Stretto, il progetto di opera mai compiuta più costoso del mondo. E’ il
ministero Angelino Alfano a ricordarci che l’Italia è la terra dove il passato
non passa mai, dove non si è capaci di lasciarsi alle spalle gli errori e guardare al
futuro. Non sono bastati gli scandali e il mezzo miliardo già rapinato alle
tasche dei contribuenti per non fare il ponte. Non sono bastate decine di studi
sull’impatto ambientale e sull’insostenibilità economica e neppure le leggi
approvate in Parlamento per liquidare finalmente l’idrovora della Società per
il Ponte. Non è bastato che l’Europa ci dicesse chiaramente di non voler
cacciare un euro di finanziamento da qui al 2020 per una follia inutile.
Niente, rieccolo. Questo Ponte s’ha da fare comunque, dice Alfano. Finirà,
dice, come le altre volte in cui il piccolo alleato di destra riesce a imporre
alla maggioranza di centrosinistra la propria linea, come l’abolizione
dell’articolo 18 o la mancata applicazione delle direttive europee sui
matrimoni gay. E magari ha ragione lui, perché no? In fondo in Italia non si
riesce mai a mettere la parola fine su una storia per quanto vergognosa.
Soprattutto, non si riesce mai a chiudere una fonte di spesa pubblica
ingiustificata. Si possono tagliare le spese per la scuola o la sanità, quelle
sì, ma gli enti inutili? Ero un ragazzo quando i governi hanno cominciato a
prometterne l’abolizione. Ed è rimasta sempre una priorità “assoluta”. Il
risultato è che sono tutti e sempre là, al massimo con un nome diverso.
Duemila, per alcuni. Il Codacons, l’associazione dei consumatori, li stima con
più prudenza in 500 circa, per un costo totale annuo di 10 miliardi, una media
finanziaria. L’ente per la valorizzazione dell’immagine del gondoliere e gli
altri enti fratelli sono sempre là, dopo aver resistito alla prima, seconda,
terza repubblica. Del resto, il lettore può decidere di farsi del male e fare
una gira in quei lussuosi palazzi centrali e brulicanti di addetti che si
chiamavano province, prima dell’abolizione, e verificare se è stato rimosso
anche un solo comodino, non si parla di tagliare competenze e relative spese. E
allora, perché no? Perché non abbandonare la banda larga e lasciare Pompei nel
caos per concentrare sforzi e soldi nella riesumazione del Ponte che consentirà
di passare più velocemente lo Stretto ai pochi viaggiatori sopravvissuti alla
Salerno-Reggio o alle ferrovie siciliane? Senza finanziamenti europei, possiamo
cavarcela con 5 o 6 miliardi e finire i lavori per il 2035. Quando altrove
avranno inventato finalmente le auto volanti.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 18
settembre 2015
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