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mercoledì 16 settembre 2015

Lo Sapevate Che: Perchè studiare anche le materie che non amiamo...



Frequento l’ultimo anno di un liceo linguistico e da molto tempo sono arrivata alla conclusione che il sistema scolastico italiano è rimasto lo stesso da cento anni, sia per la formazione degli insegnanti che riguardo alle materie e alle lezioni. Sono una ragazza incredibilmente curiosa, ambiziosa e con spirito d’iniziativa. Queste tre qualità sono state annientate dal sistema scolastico nel momento in cui ho vissuto come una punizione dover prediligere certe materie rispetto ad altre, quando ogni cervello è fatto in maniera diversa. Sono sempre stata portata per la lingua inglese e per il disegno, ma ho dovuto fare i conti con il latino che a 14 anni non riuscivo a comprendere né a studiare. Questo per dire che sono convinta che l’attitudine a imparare nasce prima di tutto dalla volontà. E come posso imparare se non ho volontà di studiare una materia che mi è imposta? Sono io una studentessa capricciosa, o mi ritrovo davvero in un sistema troppo inquadrato, che non lascia spazio a tutte le diversità delle menti?

Lei ha ragione su un punto e torto su un alto. Ha ragione quando dice che esistono molte forme d’intelligenza. E a conforto della sua tesi potrebbe leggere un libro importante di Howard Gardner, professore di Scienze cognitive e dell’educazione all’Università di Harvard, che  ha per titolo: Formae mentis, Saggio sulla pluralità dell’intelligenza (Feltrinelli). C’ è infatti un’intelligenza linguistica abile nel tradurre un termine o una costruzione da uan lingua all’altra con una facilità che non è concessa a tutti, così come non è dato di saper disegnare o catturare la bellezza di un’opera d’arte. C’è un intelligenza musicale che percepisce come armonia quella che per altri è dissonanza  che con l’udito sa catturare nei suoni un senso che non si può dire ma solo u-dire. C’è un’intelligenza spaziale che dischiude un mondo che sfugge alle coordinate geometriche, per offrirsi come un campo di forze che sollecitano chi la possiede a certi movimenti e che, come nel caso di campioni dello sport, lo congiungono senza troppi calcoli alla meta. C’è un’intelligenza emotiva che è una forza dinamica che ci consente, prima che intervenga una mediazione razionale, di muoversi nel mondo individuando le condizioni più favorevoli rispetto a quelle sfavorevoli, (..). C’è un’intelligenza psicologica che sa catturare intuitivamente quel che si agita negli abissi dell’anima e perciò, meglio di altri, partecipare al patire e al gioire delle persone a cui si rapporta. C’è un intelligenza poetica che sa consegnare alle parole un significato che val di là del loro uso abituale, consentendoci di scoprire sensi insospettati. (..). E la tradizione racconta che Platone,a cui dobbiamo il nostro modo di pensare e di parlare in Occidente, fece scrivere sul frontespizio dell’ ‘Accademia da lui fondata: “Non si entra qui se non si è geometri”. Su questa frase, e non senza questa base, lei può sviluppare l’inclinazione della sua intelligenza, senza tralasciare le discipline per le quali non si sente portata, proprio perché la scuola non è un luogo che si regola sul principio del piacere, che si fonda sulla soddisfazione immediata del desiderio che ha caratterizzato la nostra vita infantile, ma sul principio di realtà che, tra il desiderio e la sua soddisfazione, introduce il lavoro, che chiede un’applicazione anche là dove non siamo sospinti dai nostri desideri o assecondati dalle nostre inclinazioni. E, senza forse, è proprio in questo percorso il momento più educativo ed emancipato della scuola.
umbertogalimberti@repubblica.it- Donna di Repubblica – 5 settembre 2015 -

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