E Se I Muri Ideologici, giuridici, di filo spinato che si
alzano sempre più numerosi – Macedonia, Ungheria, Gran Bretagna, Austria –
dovessero fermare anche i nostri
emigranti? Sì, perché gli italiani hanno ricominciato a lasciarsi alle spalle
il loro Paese. Come cento, come cinquanta anni fa. Il fenomeno, di cui
colpevolmente si parla troppo poco, non è nuovissimo, ma si sta ora aggravando,
diventa stabile e continuo. Preoccupante. Tanto che dall’inizio dell’anno sono
ormai più i connazionali che se ne vanno in cerca di fortuna degli stranieri
che si fermano in Italia: questi scappano dalla fame e dalla guerra e arrivano
qui, ma per la maggior parte proseguono. (..). A spingere lontano tanti
italiani è, ora come allora, la mancanza di un lavoro, o un lavoro mal pagato,
o un reddito che non garantisce più lo stesso tenore di vita. Ad andarsene non
sono soltanto i giovani, come raccontano anche le storie dell’emigrazione che
fu. Anche i Paesi di destinazione sono per lo più quelli di sempre: Stati
Uniti, Brasile e Argentina; va forte l’Australia, che non ha mai ricevuto tante
richieste italiane di “visto”; sempre appetibili Germania, Svizzera e Francia;
ma oggi è l’Asia – in particolare Giappone, Singapore, Thailandia e soprattutto
Cuna – la nuova frontiera della speranza. Comunque, è la Gran Bretagna,
addirittura pronta a vietare l’ingresso a chi cerca lavoro, la terra promessa
degli italiani in fuga: 71,5 per cento in più da un anno all’altro. A Londra
abitano ormai 250 mila italiani, quanti ce ne sono a Verona, più che a Messina,
più che a Siracusa e a Monza messe insieme. (..). Ancora. Dicono i numeri che oltre ai
giovani tra i 18 e i 34 anni ( 36,2 per cento), dei quali sono uno su tre è
laureato, partono gli uomini tra i 35 e i 49 anni (26,8) a conferma che la
stagnazione dell’economia ha colpito molto in profondità. Del resto, la
disoccupazione viaggia ancora intorno alla rispettabile cifra del 12 per cento
e quella giovanile – di molto superiore al 40 – è ancora troppo alta. Tanti
sono anche i minori, quasi uno su cinque, indice che a cercare una nuova vita,
sono intere famiglie. In altre parole, non stiamo esportando solo futura classe
dirigente – che regaliamo a Inghilterra, Stati Uniti, Germania – ma una parte
consistente di popolazione caparbia, che non si rassegna, che cerca altrove
riconoscimenti e soddisfazioni che qui non ha. Un campanello d’allarme. Da non
sottovalutare. Per molti dei nostri nuovi emigranti, l’Italia ha significato
negli ultimi vent’anni potere delle caste, corruzione, inquinamento criminale,
scarso riconoscimento del merito, vere cause di mancanze di lavoro o di lavori
marginali e umilianti. Per ribellarci al triste destino dello zero virgola e
per ricostruire un solido tessuto morale, insomma per ritrovare la forza
dell’ottimismo, bisognerà impegnarsi ancora molto. Per chi va via e per chi
resta.
Bruno Manfellotto – Questa settimana www.lespresso.it – L’Espresso - 10 settembre – 2015
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