Roma. L’ultima novità per le
università italiane sono le visite delle Commissioni di esperti dell’Agenzia
nazionale per la valutazione, l’Anvur. Un ente che si occupa di fare la
fotografia del sistema nazionale accademico e che è finito nel mirino dei Cobas
che definiscono i criteri con cui l’Agenzia giudica i più meritevoli “studiati
da serial Killers” per “distruggere l’università pubblica” e creare solo
“alcuni poli di eccellenza” al Nord. Oggetto del contendere è il 65 per cento
della parte premiale del Fondo ordinario – 1,3 miliardi di euro quest’anno –
attribuito agli atenei in base alla valutazione dei risultati nel campo della
ricerca. Una “gara” che ha seguito rigidi standard internazionali ma che gli atenei
contestano chiedendo che venga considerato anche il contesto economico in cui
so opera. L’Agenzia, inoltre, sta mettendo in campo nuovi strumenti, sempre più
basati sulla qualitatità dei risultati ottenuti e non solo sulla quantità, per
cercare di conoscere meglio le 96 Università italiane. Il direttore dell’Anvur,
Roberto Torrini, prestato all’università dalla Banca d’Italia, è uno che crede
fortemente alla valutazione: “Qui nessuno dà pagelle, ma cerchiamo di garantire
un sistema più equo e efficiente che abbia al centro lo studente. Siamo un
supporto per gli atenei, non siamo ispettori”. Come? Le visite iniziate quest’anno sono un primo step. Un
Comitato di esperti si installa per una settimana nell’università e osserva il
funzionamento dell’ateneo. Certo, sarà lunga: ci vorranno 5 anni. Per adesso si
è iniziato con 15 atenei, tutti autocandidati: la prima è stata l’università
telematica UniNettuno e le ultime saranno – tra novembre e dicembre – la Lumsa
e l’Università della Tuscia. A maggio scorso è toccato all’Università del
Molise, un po’ l’emblema dei piccoli atenei che resistono in contesti
difficili. Il rettore Gianmaria Palmieri è orgoglioso di essersi messo a
disposizione: “Per noi è stata una settimana utile, siamo aperti al confronto e
pensiamo che sia giusto, in un sistema moderno, avere un organo esterno che
valuti i risultati”. Considerare il contesto, però, è essenziale: “ Nella
valutazione sulla Ricerca ci siamo piazzati bene, Ma i nostri laboratori non
possono offrire le stesse strutture di chi, per esempio, può permettersi
costosi macchinari acquistati magari da una Azienda farmaceutica. O viene
considerato questo svantaggio competitivo oppure i nostri risultati positivi
devono avere maggior valore”. Anche perché i dati parlano chiaro: l’anno scorso
le università hanno subito un taglio del 17 per cento, Ma a farne le spese sono
stati soprattutto gli atenei delle aree interne del Paese: - 22,7 per cento.
Cinzia Gunnini – Il Venerdì di Repubblica – 18 settembre 2015
Nessun commento:
Posta un commento