Ogni Tanto, ma con calibrata costanza, Beppe
Grillo ci stupisce con effetti speciali. Dimentica le caste, l’ecologia, i
manager super pagati, le banche strozzine, l’euro che ci affligge e l’Europa
che ci strangola. E si dedica agli immigrati. Alla maniera di Matteo Salvini.
Eppure nel programma del Movimento, periodicamente aggiornato con la spunta
degli “obiettivi raggiunti”, sull’immigrazione non c’è una riga. Sì, certo, non
si fa cenno nemmeno all’evasione fiscale, ma di questa Beppe continua a non
parlare, mentre sull’altra non c’è giorno che non dica la sua. Sempre più duro
e respingente. Perché? La Battaglia viene da lontano. Poco più di un mese fa
(28 luglio), Grillo ha rispolverato uno slogan – “Un clandestino è per sempre”
– che aveva lanciato già nel maggio 2011. Ed è addirittura del 2007, svelato da
Daniele Sensi su l’Espresso.it. il memorabile tour-show in cui spiega ai carabinieri come “picchiare i
marocchini rompicoglioni senza farsi beccare: lo prendi, lo carichi in macchina
e, senza che ti veda nessuno, lo porti un po’ in caserma e gli dai magari due
schiaffetti. Ma non in mezzo alla strada, dove con un telefonino ti riprendono
e fanno succedere un casino”. Satira politica? (..). Da allora è un crescendo.
In cui Grillo abilmente mescola allarmismi e buonsenso, proposte e invettive,
qualunquismo e realismo. Non vuole indulgere al becerismo, ma agita fantasmi
per fare breccia. Per esempio: gli viene il “vomito a vedere gente che piange
sulle bare, ma se scappano dalla Libia è anche colpa nostra” (25 ottobre 2013);
se la prende con “il pietismo peloso verso gli immigrati clandestini che
muoiono annegati, ma noi siamo allo stesso tempo carnefici e salvatori” (27
luglio 2014) (..). Non Basta. Scrive al sindaco di Roma Ignazio
Marino per denunciare, a lui medico, “il rischio infezioni dovuto a immigrati
possibili portatori di tbc, hiv, e altre
temibili malattie infettive” (3 settembre 2014).(..). Insomma Grillo,
a costo di una spaccatura nel suo stesso movimento, semina paure mascherandole
di apparente realismo. Una spiegazione forse cìè. L’Europa è attraversata da
un’ondata di populismi che toccano sensibilità diffuse, si rafforzano sotto il
peso della crisi, pescano in bacini elettorali differenti. Ciascuno a modo suo,
tutti propongono sistemi chiusi, muri, frontiere; ma se alcuni paventano i mali
dell’economia, si indignano per i pochi privilegiati e i troppi esclusi e
processano l’Europa e la sua moneta (Podemos, Syriza),altri individuano invece
nell’immigrazione, con il suo impatto sul welfare, il problema numero uno
(Salvini, Le Pen). Grillo e i suoi certamente affondano le radici più nella
prima che nella seconda scuola di pensiero ma, come si è visto, sono sempre più
numerose le incursioni nell’altro fronte. Perché? Giorni fa, commentando questi
fenomeni, Romano Prodi ne ha tratto la convinzione, e la forte preoccupazione,
che chi riuscisse a fondere le due forme di populismo avrebbe la chance perfino
di imporsi su forze politiche sempre più stanche, titubanti, imbelli. Beppe
deve pensarla più o meno allo stesso modo…
Bruno Manfellotto – Questa settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto – 17
settembre 2015 -
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