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mercoledì 12 marzo 2014

Lo Sapevate Che: Questa Settimana....


Grande bellezza, grande debolezza

Letta correva a Berlino, Renzi vola a Tunisi. Mentre l’Ucraina brucia.
Forse perché l’Italia non conta. O per marcare la distanza dai vincoli europei.
Ma ora il premier dovrà svelare i suoi piani per l’economia e dire dove troverà i soldi per realizzarli.

Sembra solo ieri…Il 30 aprile 2013, un martedì, il premier Enrico Letta non faceva a tempo a incassare la fiducia del Senato al suo governo di larghe intese che era già sull’aereo che lo avrebbe portato a Berlino da Angela Merkel. E l’indomani a Parigi e a Bruxelles da Hollande, Barroso e Van Rompuy. Viva l’Europa. E con l’Europa, il più europeista dei capi di governo di cui l’Italia potesse disporre.
Dissolvenza, Appena Un Anno dopo.
Lunedì 3 marzo 2014 Matteo Renzi, presidente del Consiglio da appena una settimana, sceglie Tunisi per la sua prima visita di Stato. E da lì brinda all’intesa-pasticcio con Alfano, benedetta a sorpresa da Silvio Berlusconi, per la nuova legge elettorale. Ma soprattutto annuncia che il Mediterraneo sarà il tema dominante del semestre europeo di presidenza italiano. Cambio di passo, da Bruxelles alla primavera araba. Proprio mentre nel cuore dell’Europa l’Ucraina vive uno dei giorni più drammatici della sua crisi.
C’è chi ha giudicato la mossa obbligata, quasi la conferma della insignificanza italiana nello scacchiere internazionale; in effetti, che cosa avrebbe da dire Roma al tav
Lo delle grandi potenze che in queste ore decidono il futuro della Crimea? Poco e niente. E c’è chi invece legge nel primo atto di politica estera del governo Renzi addirittura il simbolico rifiuto della dipendenza italiana dall’Europa e dalla Germania, la sfida ai vincoli, ai condizionamenti e alle lettere d’intenti stilate nei circoli europei che hanno scandito la nostra recente politica economica. Insomma, pur se non esplicitata, la denuncia del vincolo “stupido” che ancora al tre per cento il rapporto deficit-pil.
Chissà chi ha visto giusto. Ma quale che si ala verità, la resa dei conti non tarderà molto. E non solo per la politica estera, ma soprattutto per quella economica alla quale è legata la reale possibilità di rivedere patti e vincoli siglati in Europa. Finora, per esempio, gli annunci del governo Renzi sono stati molti e impegnativi, ma il buio è completo su dove e come trovare le risorse necessarie per trasformare i progetti in realizzazioni.
Il taglio del costo del lavoro, ha detto il premier in Parlamento impappinandosi un po’ tra cifre e percentuali, dovrebbe essere di dieci miliardi. Evviva. Ma viene alla mente che questa cifra è due volte e mezzo il mancato gettito dell’Imu prima casa che per quasi un anno ha fatto perdere il sonno a Enrico Letta e a Fabrizio Saccomanni. L’idea di un sussidio di disoccupazione, poi – 500 euro per ciascuno dei milioni di senza lavoro – ricorda il meglio del welfare scandinavo, ma potrebbe costare più o meno una ventina di miliardi, quanto l’intero gettito di un anno di Imu, molto di più di quanto per esempio mette a disposizione l’Ue (1,5 miliardi) per la creazione di posti di lavoro per i più giovani.
Facile immaginare la risposta a queste obiezioni: ma c’è la spending review, ecco dove trovare i soldi! Ora, con tutto il rispetto per Carlo Cottarelli, succeduto a due mostri delle forbici come Enrico Bondi e Piero Giarda, che review dopo review portarono a casa poco o niente, è assai discutibile che anche in caso di massimo successo i tagli dispieghino tutta la loro geometrica potenza nei pochi mesi che ci separano dal nulla di oggi a quando sarà necessario avviare qualche riforma-stimolo per l’economia e per i consumi. E forse ha ragione Salvatore Settis a sospettare che quella formula inutilmente anglosassone nasconda tagli indiscriminati o il vuoto….
Insomma, Grande sarebbe la delusione se ricominciassimo da dove si è partiti, se l’annuncio di tagli mirati al costo del lavoro o agli sprechi pubblici lasciasse ancora una volta il posto ad aumento di tasse, una tantum o permanenti che siano, o a una terza forma di patrimoniale generalizzata dopo l’Imu e il prelievo (due per mille) su chi possiede azioni. Sarebbe una resa. Dal cambio di passo a un patetico déjà vu. Dalla grande bellezza promessa da Renzi alla grande debolezza di svolte annunciate e non realizzate.

Bruno Manfellotto – L’Espresso – 13 marzo 2014

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