Grande bellezza, grande
debolezza
Letta correva a
Berlino, Renzi vola a Tunisi. Mentre l’Ucraina brucia.
Forse perché l’Italia
non conta. O per marcare la distanza dai vincoli europei.
Ma ora il premier dovrà
svelare i suoi piani per l’economia e dire dove troverà i soldi per
realizzarli.
Sembra solo ieri…Il 30 aprile 2013, un martedì, il premier
Enrico Letta non faceva a tempo a incassare la fiducia del Senato al suo
governo di larghe intese che era già sull’aereo che lo avrebbe portato a
Berlino da Angela Merkel. E l’indomani a Parigi e a Bruxelles da Hollande,
Barroso e Van Rompuy. Viva l’Europa. E con l’Europa, il più europeista dei capi
di governo di cui l’Italia potesse disporre.
Dissolvenza, Appena Un
Anno dopo.
Lunedì 3 marzo 2014 Matteo Renzi, presidente del Consiglio da
appena una settimana, sceglie Tunisi per la sua prima visita di Stato. E da lì
brinda all’intesa-pasticcio con Alfano, benedetta a sorpresa da Silvio
Berlusconi, per la nuova legge elettorale. Ma soprattutto annuncia che il
Mediterraneo sarà il tema dominante del semestre europeo di presidenza
italiano. Cambio di passo, da Bruxelles alla primavera araba. Proprio mentre
nel cuore dell’Europa l’Ucraina vive uno dei giorni più drammatici della sua
crisi.
C’è chi ha giudicato la mossa obbligata, quasi la conferma
della insignificanza italiana nello scacchiere internazionale; in effetti, che
cosa avrebbe da dire Roma al tav
Lo delle grandi potenze che in queste ore decidono il futuro
della Crimea? Poco e niente. E c’è chi invece legge nel primo atto di politica
estera del governo Renzi addirittura il simbolico rifiuto della dipendenza
italiana dall’Europa e dalla Germania, la sfida ai vincoli, ai condizionamenti
e alle lettere d’intenti stilate nei circoli europei che hanno scandito la
nostra recente politica economica. Insomma, pur se non esplicitata, la denuncia
del vincolo “stupido” che ancora al tre per cento il rapporto deficit-pil.
Chissà chi ha visto giusto. Ma quale che si ala verità, la
resa dei conti non tarderà molto. E non solo per la politica estera, ma
soprattutto per quella economica alla quale è legata la reale possibilità di
rivedere patti e vincoli siglati in Europa. Finora, per esempio, gli annunci
del governo Renzi sono stati molti e impegnativi, ma il buio è completo su dove
e come trovare le risorse necessarie per trasformare i progetti in
realizzazioni.
Il taglio del costo del lavoro, ha detto il premier in
Parlamento impappinandosi un po’ tra cifre e percentuali, dovrebbe essere di
dieci miliardi. Evviva. Ma viene alla mente che questa cifra è due volte e
mezzo il mancato gettito dell’Imu prima casa che per quasi un anno ha fatto
perdere il sonno a Enrico Letta e a Fabrizio Saccomanni. L’idea di un sussidio
di disoccupazione, poi – 500 euro per ciascuno dei milioni di senza lavoro –
ricorda il meglio del welfare scandinavo, ma potrebbe costare più o meno una
ventina di miliardi, quanto l’intero gettito di un anno di Imu, molto di più di
quanto per esempio mette a disposizione l’Ue (1,5 miliardi) per la creazione di
posti di lavoro per i più giovani.
Facile immaginare la risposta a queste obiezioni: ma c’è la
spending review, ecco dove trovare i soldi! Ora, con tutto il rispetto per
Carlo Cottarelli, succeduto a due mostri delle forbici come Enrico Bondi e
Piero Giarda, che review dopo review portarono a casa poco o niente, è assai
discutibile che anche in caso di massimo successo i tagli dispieghino tutta la
loro geometrica potenza nei pochi mesi che ci separano dal nulla di oggi a
quando sarà necessario avviare qualche riforma-stimolo per l’economia e per i
consumi. E forse ha ragione Salvatore Settis a sospettare che quella formula
inutilmente anglosassone nasconda tagli indiscriminati o il vuoto….
Insomma, Grande sarebbe la delusione se
ricominciassimo da dove si è partiti, se l’annuncio di tagli mirati al costo
del lavoro o agli sprechi pubblici lasciasse ancora una volta il posto ad
aumento di tasse, una tantum o permanenti che siano, o a una terza forma di
patrimoniale generalizzata dopo l’Imu e il prelievo (due per mille) su chi
possiede azioni. Sarebbe una resa. Dal cambio di passo a un patetico déjà vu.
Dalla grande bellezza promessa da Renzi alla grande debolezza di svolte
annunciate e non realizzate.
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 13 marzo 2014
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