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venerdì 7 marzo 2014

Lo Sapevate Che: Il Vetro Soffiato...


E’ illusorio pensare che tutto il popolo possa partecipare al processo decisionale.
Per far funzionare il sistema ci vogliono una classe dirigente e un libero dibattito

Postdemocrazia, iperdemocrazia, antidemocrazia: si discute molto tra gli studiosi, storici, politologi, sociologi, filosofi e perfino religiosi, di questo problema che comporta anche due questioni accessorie ma tutt’altro che marginali: il significato attuale dei due concetti di destra e di sinistra e il ruolo che le nuove tecnologie del Web esercitano sulla discussione principale.
Sulla “Repubblica” di domenica 23 scorso questi temi sono stati affrontati da tre autori molto diversi tra loro. Matteo Renzi in un’introduzione alla ristampa di un libro di Norberto Bobbio che tratta della questione destra sinistra; secondo Renzi quella distinzione ha assunto oggi significati talmente diversi e sarebbe più appropriato sostituirla con la dialettica tra conservazione e rinnovamento. Gli altri studiosi sono Domique Schnapper (intervistata da Anais Ginori) sull’iperdemocrazia e Roberto Esposito sul medesimo tema e sul rischio a cui può esporre l’esistenza stessa del sistema. Ovviamente gli autori di riferimento di  questi interventi sono Montesquieu e Tocqueville.
Pagine Molto Interessanti e dense di implicazioni che inducono anche me a dedicare qualche riflessione ai due testi della Schnapper e di Esposito. Su quello di Renzi c’è poco da dire salvo che appena qualche giorno fa aveva detto che il suo governo è il più di sinistra degli ultimi trent’anni mentre oggi ci comunica che secondo lui la parola “sinistra” ha perso ogni significato e si deve parlare di cambiamento il che vuol dire, tanto per fare un paio di esempi, che Giulio Cesare e Napoleone furono – per come intende la questione Renzi – due uomini di sinistra perché cambiarono il sistema senatoriale esistente; ma così pure fu di sinistra Silla nel senso opposto perché anche lui decapitò (da destra) il sistema senatoriale vigente.
Ma veniamo all’iperdemocrazia, ai rischi che comporta e ai nuovi problemi che può suscitare. Anzitutto che cosa si intende per iperdemocrazia? Si intende un aumento dei diritti politici individuali. L’attenuarsi o addirittura la scomparsa della democrazia rappresentativa e un altrettanto aumento della democrazia diretta di tipo referendario. Nell’epoca classica della democrazia ateniese l’istituto referendario era ignoto e la democrazia diretta veniva esercitata dall’”agorà”, quella che, anche nei Comuni medievali che nacquero soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, si chiamava “la piazza”.
Oggi i modelli dell’Atene del IV secolo a.C. e della Firenze dal Trecento al Cinquecento sono sostituiti dal referendum che prende il posto dei Parlamenti rappresentativi che operano, legiferano, controllano la pubblica amministrazione nell’ampio quadro d’una legge costituzionale, presidio dei valori che guidano i cittadini che l’hanno votata direttamente. La premessa della democrazia rappresentativa e costituzionale si fonda sull’esistenza di tre poteri autonomi l’uno dall’altro, che nel loro insieme compongono lo Stato e sono il potere legislativo di cui è depositario il Parlamento, il potere esecutivo di cui è titolare il governo è quello giudiziario affidato alla magistratura.
L’Esistenza E La Reciproca autonomia dei poteri e lo Stato che ne deriva costituiscono la premessa della democrazia rappresentativa ma in teoria potrebbero anche sussistere in una democrazia diretta o iperdemocrazia che dir si voglia. Questo è lo schema entro il quale si svolgono gli approfondimenti dellla Schnapper e di Esposito il quale ultimo segnala il pericolo che una democrazia diretta si trasformi rapidamente in una democrazia plebiscitaria con le relative malformazioni che la fanno precipitare nella dittatura della maggioranza o della minoranza basata su lobbies e corporazioni.
Osservando i percorsi storici e utilizzando la mia personale esperienza che è stata abbastanza lunga ed anche fitta di incontri e situazioni molteplici procuratimi dal mestiere che faccio, sono arrivato ad una conclusione alquanto diversa da quella degli studiosi fin qui citati, salvo il riconoscimento che tutti ci accomuna sull’importanza del quadro delineato da Montesquieu sulla divisione e l’autonomia dei poteri che compongono lo Stato di diritto, senza il quale parlare di democrazia diventa semplicemente un “nonsense”.
Io Penso Che La Sola Forma effettiva di democrazia altro non sia che l’esistenza d’una classe dirigente all’interno della quale il dibattito sia costante e libero, dando luogo a maggioranze governanti e a minoranze in grado di esercitare controllo sulla conformità alle leggi del loro operato. Minoranze che possono liberamente rivolgersi alla pubblica opinione la quale fa parte anch’essa della classe dirigente, composta come è da cittadini responsabili ai quali sta a cuore l’interesse comune.
Questa è la classe dirigente, questa è la “polis” che numericamente rappresenta una parte consistente della popolazione. Un’altra parte non sente queste sollecitazioni e non ha una visione chiara né del passato né del futuro. E’ sensibile soltanto alle proprie condizioni individuali, familiari, sociali, vota quando ne ha voglia o si astiene dal voto sperando che questo sia un segnale o addirittura un’assenza minacciosa che serva a migliorare le proprie condizioni e soddisfare meglio i propri bisogni. Non è infatti un caso che nelle democrazie più mature circa metà degli aventi diritto al voto non lo esercitano.
Storicamente è sempre stato così. L’ipotesi che vi sia un sistema dove la grande maggioranza o addirittura la totalità del popolo partecipi alle scelte che l’interesse generale suggerisce di effettuare non è una speranza ma un’utopia. Può servire a rafforzare quella parte della cittadinanza civilmente impegnata, ma non più di questo ed è già molto.

Eugenio Scalfari – L’Espresso – 6 marzo 2014

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