Il Senato non è più di
moda.
Ma se a Renzi va male,
magari farà il senatore
Nessuno gode di migliore stampa di Matteo Renzi. E’ giovane,
è spregiudicato, è veloce (fin troppo), ci mette la faccia, è schietto. Se non
ce la facesse – a fare cosa però non è chiaro – sarebbe l’ultima occasione
perduta, perché dopo di lui che cosa se non il fosco affondamento italiano? Lui
per primo si è calato nella parte; prendete il suo esordio al Senato. Non li ha
neanche guardati in faccia, i vecchi senatori; lui, la mano kennediana in
tasca, parlava alla Tv. Li ha sepolti con poche parole, sancendo la loro
inutilità istituzionale. Nella sua Italia, il Senato – quell’aula storica – non
esiste più, sostituito, forse, da una confusa assemblea di condomini di varie entità
locali che si recheranno a Roma tuttalpiù con un rimborso spese. A leggere i
sondaggi, il popolo italiano è con lui. Pollice verso al Senato, sinonimo di
sprechi, corruzione, inutilità: oh, come tutto marcerebbe più spedito, se non
esistesse il Senato!
Ora, è certamente vero che il Senato negli ultimi tempi non
ha dato il meglio di sé e che il prezzario per la corruzione di un singolo
senatore è sceso al di sotto del tariffario di un’onesta olgettina e che da
quell’aula si sono levati i peggiori nitriti della scuderia caligoliana….; è
tutto vero; però vi confesso che quando ne ho sentito dichiararne la morte dal
Ragazzo che Va Veloce, non mi è piaciuto. Mi è sembrato Commodo nel film Il Gladiatore. Ve lo ricordate
sicuramente, l’attore Joaquin Phoenix (quello che recita ora in Lei) nella parte del figlio degenere di
Marc’Aurelio, che vuole distruggere l’unico potere che gli si oppone. E anche
lì, nel film intendo, i senatori erano corrotti, intriganti, ma alla fine
coraggiosi.
Gli annali del Senato sono vecchi di duemila anni. Nel Senato
romano nacque l’oratoria politica (il principale nostro contributo alla
democrazia), risuonò il quousque tandem Catilina…, Giulio Cesare non arrivò in
tempo a pronunciare il suo discorso; in tempi recenti Cavour disse “Libera
chiesa in libero Stato”, il principe di Salina rimpianse di non esserci andato,
Giacomo Matteotti pronunciò la fatale orazione sui brogli elettorali di
Mussolini (e, agli applausi socialisti, commentò: “Grazie, ma ora preparate la
mia orazione funebre”), Umberto Terracini firmò la Costituzione, Eduardo De
Filippo, senatore a vita, parò in favore dei ragazzi delinquenti di Procida,
Rita Levi Montalcini lo rese rispettabile in anni bui con la sua sola presenza.
Ancora ieri, per significarne la dignità, i senatori hanno espulso Silvio
Berlusconi, persona non degna. Appena ieri, nelle lacrime a stento trattenute,
i quattro senatori espulsi da Beppe Grillo, hanno fatto vedere che a
quell’istituzione in cui erano appena arrivati, ci tenevano.
Ma ora, bando alla nostalgia! Muoia il Senato, con i suoi
orpelli, i suoi inutili riti, le sue livree, i suoi barbieri, la sua magnifica
biblioteca. Fatevene una ragione, senatori: siete inutili. Ve lo dice, con
tutta l’arroganza della sua gioventù, il sindaco di Firenze. Il quale magari,
se gli va male ‘sto giro, al prossimo ce lo ritroviamo senatore.
Enrico Deaglio – Venerdì di Repubblica – 7 marzo 2014
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