Una Chiesa
Nuova Dove Non E’ L’Abito A Fare Il Pontefice
In Vaticano
si sa, circolano pettegolezzi. E dall’elezione di Papa Francesco, si parla
insistentemente delle frasi che il Pontefice avrebbe pronunciato quando, a più riprese, dal cerimoniere al
cardinale arciprete Angelo Comastri, provavano a fargli indossare almeno uno
dei segni con i quali la tradizione romana ama sottolineare la solennità dei
gesti compiuti dal Vicario di Cristo: pivale, mitria, mozzetta, cotta, stola
della testimonianza (quella con le immagini di San Pietro e San Paolo ornati
con le chiavi e il triregno), sono infatti scomparsi anche dalle benedizioni urbi et orbi.
Papa Francesco non le ama, anzi le rifiuta seccamente:
incontrando i vescovi italiani per la professione di fede con la quale hanno
concluso la loro visita ad limina, al
cardinale Comastri che gli porgeva la stola dicendo “e questa non la mette
Padre Sato?”, si dice abbia risposto “assolutamente no”. E pare che, da quel
giorno, nessuno osi più suggerire ornamenti e paramenti. Così, celebrazione
dopo celebrazione, le grandi cerimonie pontificie, e le relative immagini
immesse nel mondo mediatico, per alcuni perdono progressivamente senso. Vedere
durante le grandi cerimonie laula di San Pietro colorata del rosso porpora dei
cardinali, e del violaceo dei vescovi, può anche emozionare i sensibili cultori
del genere. Ma per un cattolico, soprattutto se appartenente a quell’ottanta
per cento della Chiesa che, come il sudamericano Bergoglio, non ha mai
partecipato ai fasti ma ha solo subito i nefasti delle corti occidentali, la
scelta appare sempre più destinata a scivolare nel regno del folclore. E, il
folclore, ammonica Frantz Fanon, “sta alla cultura come l’arteriosclerosi sta
all’intelligenza”.
Serpeggiano nella Chiesa forti discussioni su ciò che
farebbe vivere una prima e “impattante” riforma: semplificare il modo di
apparire degli uomini e dell’istituzione ecclesiastica. In effetti sarebbe
un’occasione anche per scrollare dalla Chiesa cattolica la damnatio dell’immagine cucitagli addosso dal sistema mediatico
internazionale, che davanti ai barocchismi della corte pontificia va subito col
pensiero a intrighi, cospirazioni, alleanze ed altre miserie. Forse la pomposa,
polverosa e colorata piramide che le cerimonie vaticane proiettano nel mondo
mediatico andrebbe, anche ritualmente, totalmente rovesciata per rendere
leggibile prima, e ad un livello ben più importante degli abiti costosi e
inutili, l’immagine vera della Chiesa. Perché più che dalle “enfasi onorifiche”
nostrane (la definizione è di Roberto Beretta), l’immagine della Chiesa va
cercata in tutte le avventure umane che continuano a testimoniare Cristo, in
una fraternità egualitaria dove le stoffe sono solo stoffe, i pantaloni solo
pantaloni e le scarpe servono solo per camminare.
Filippo di Giacomo – Venerdì di Repubblica - 28-6-13
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