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martedì 2 luglio 2013

Lo Sapevate Che: Un Licenziamento Ingiusto..

Un licenziamento Ingiusto E Quel Dolore Profondo
Che L’Economia Non Calcola

Caro Miche Serra, sono un uomo di 54 anni, figlio di un comunista. Da un paese del Salento a !9 anni sono emigrato al nord per trovare lavoro. Questo benedetto lavoro con qualche difficoltà l’ho trovato, e mi ha permesso di mettere su una
Meravigliosa famiglia. Ho due figlie che adoro e che sono il nostro orgoglio. Queste figlie sono tra le poche fortune che con mia moglie ci siano capitate; non abbiamo mai avuto vita facile troppe sofferenze familiari.
Le battaglie politiche e sociali le ho fatte quasi tutte, tra scioperi e manifestazioni, girotondi, solidarietà ai lavoratori sulle torri ecc. Arrivato a un certo punto, non ci credo più. Sono arrivato alla conclusione del grandissimo Giorgio Gaber: “La mia generazione ha perso”. La mia generazione è riuscita a rovinare gran parte del lavoro che hanno fatto i nostri padri: stiamo buttando via gran parte dei diritti che loro ci hanno donato con sudore e sangue. Mio suocero che non c’è più lasciò in fabbrica anche le sue braccia. A cui tempi la sicurezza sul lavoro nelle fabbriche italiane non era un granché.
Oggi mi sono “autosospeso” da questa sinistra, ma non sono cambiato io, sono cambiati loro, i Violante, i D’Alema. Un partito che ritiene di rappresentare il mondo del lavoro non può votare in Parlamento una legge che permette la messa in mobilità e quindi il licenziamento di lavoratrici e lavoratori senza che ci sia una giusta causa. Non stiamo parlando di sfaticati, stiamo parlando di persone laboriose che possono dimostrare la qualità e la bontà del loro lavoro nel tempo. Perché allora può succedere una cosa del genere? Questa è una vera barbarie. Non si può permettere a questi imprenditori di licenziare decine e decine di lavoratrici e lavoratori perché vogliono esternalizzare dei comparti quando la stessa ditta, grazie a Dio, produce alla grande e assume nuovi operai. Di queste lavoratrice, serie e laboriose, non inclini a compromessi con un alto senso civico e morale, una di queste è la mia “ragazza”, è mia moglie
Aro Michele Serra, io faccio fatica a darle del lei, perché la seguo da quando eravamo ragazzi, e mi sembra di aver fatto un discorso con una persona conosciuta. Si sarà accorto che non sono abituato a scrivere, ma questa lettera mi è servita a tirare fuori un pochino del dolore che sto provando in questo momento. Mentre le scrivo seduto sul mio divano accanto a mia moglie, c’è Landini in tv. Grazie a questo sindacalista, mosca bianca, manteniamo quel briciolo di speranza che sentiamo più per senso del dovere, soprattutto per dignità nei confronti delle sue nostre figlie studentesse di 22 e 17 anni. Chiuso con durezza: ho sempre meno fiduca nel presidente dela Repubblica Napolitano.
Guido Cosimo – Milano

Caro Guido, non sarai abituato a scrivere ma la tua lettera colpisce al cuore. Perché trasporta la politica, l’economia, il travaglio sociale che stiamo attraversando dai titoli dei telegiornali, dal Parlamento, dalle astrazioni del dibattito tra “esperti” al tuo divano di casa, dove condividi con tua moglie il dolore di un licenziamento ingiusto. In termini cinematografici è una zoomata formidabile: Non so quanti giornalisti (me compreso) abbiano mai usato, scrivendo di licenziamenti, la parola “dolore”. Tu ci fai capire che in molti casi è quella giusta. C’è una dignità lesa, nel tuo racconto. Persone stritolate da un ingranaggio, e tutti che parlano dell’ingranaggio, non delle persone. Credo di capire (e la tua lettera ci aiuta) che uno dei grandi, tremendi errori che la politica ha compiuto negli ultimi anni è stato quello di accettare che l’economia imponesse come solo paradigma i suoi numeri, il suo funzionamento “tecnico”, la sua inespugnabile quando indimostrata “scientificità”. Il resto, tutto il resto, è sembrato solo un corollario sentimentale, antiquato quanto le vecchie ideologie. Invece tutto il resto era ed è ancora carne, le braccia di tuo suocero rimaste in fabbrica, fatiche e speranze, lotte e delusioni. Credo che Landini ti piaccia anche perché, ben al di là delle sue posizioni sindacali, in lui è ancora avvertibile il profondo vincolo umano (prima che politico: umano) con il mondo del lavoro. E credo, che la sinistra ti dispiaccia perché, perfino al di là delle sue colpe specifiche, la perdita di quel vincolo (un tempo fortissimo, e davvero “organico”) ha finito per snaturarla, e per ridurla nello stato di confusione nel quale versa, la poveretta, a volte ammettendolo e domandando aiuto, a volte nemmeno quello.
La tua “autosospensione” è certificata, del resto, anche dal progressivo passaggio di gran parte del voto operaio ad altri partiti o all’astensione.
Se fossi un dirigente della sinistra verrei a sedermi sul tuo divano, con il permesso di tua moglie, e cercherei di spiegarti che non siete voi due ad avere bisogno della sinistra, è la sinistra ad avere un disperato bisogno di quelli come voi.
Grazie, infine, per volermi dare del tu. Come vedi, ho fatto il primo passo.
E per me è un onore.

lapostadiserra@repubblica.it – Venerdì di Repubblica – 28-6-13

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