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sabato 4 luglio 2015

Lo Sapevate Che:Come Dante, più di Dante...



“Dell’universo conosciamo solo un misero cinque per cento”, ha scritto Carlo Rubbia su “la Repubblica”. E ha aggiunto: “Se fossi un giovane mi getterei subito nell’impresa di capire il 95 rimanente. Questoè un momento fantastico per essere fisici”. E i romanzieri? Dovrebbero forse limitarsi a raccontare “realisticamente” quel 5 per cento? Ecco, se siamo disposti a concedere anche alla letteratura di avventurarsi nell’ignoto con gli strumenti suoi propri,oltre gli schemi di realtà abituali e le strutture narrative fondate su uno spazio-tempo pre-einsteiniano, per tentare dimensioni mentali e immaginative mai percorse prima, allora siamo nella disposizione giusta per leggere “Gli increati” di Antonio Moresco. Terza parte di un’opera non grande ma smisurata, che comprende anche “Gli esordi” e “Canti del caos”. “Gli increati” (Mondadori)è un avventura totale, poetica e di conoscenza. Avanza nell’impensato con un ardire che è difficile trovare in un filosofo dei nostri giorni (più facile in uno scienziato). Ad esempio il tempo, che noi crediamo lineare e progressivo, qui si curva ed è come spaccato in due: “Perché ogni cosa successa prima, è successa dopo”. E la morte, che siamo abituati a pensare dopo la vita, qui invece viene prima: perché la vita è tutta “dentro alla morte che viene prima”. Possono sembrare temi metafisici, ma sono più vicini alla realtà di quanto s’immagini. Non vediamo forse nel cielo la luce di galassie morte milioni di anni fa? E se la vita e morte sono allora dentro a un solo cerchio di creazione e di distruzione, che nemmeno la resurrezione è in grado di spezzare. “Perché vuoi farmi risorgere” chiede Lazzaro a Gesù venuto a resuscitarlo, “solo per farmi morire di nuovo? Perché vuoi gettarmi di nuovo nella catastrofe della vita?”, La storia evangelica qui viene scavata dal di dentro (non solo continuata, come nel bel racconto di Leonid Andreev) fino a mostrarne il blocco. Fuori da questo circolo ripetitivo di creazione e di distruzione esiste qualcos’altro? Sì, per lo meno questo è ciò che il libro ci porta a intuire e a esprimere man mano, con la forza poetica del racconto e con un pensiero che si spinge ai limiti, spostandoli sempre un po’ più in là. E’ una dimensione mai pensata prima, e quindi nemmeno mai nominata, che qui viene chiamata “incarnazione”. Nello spazio tempo curvo degli “Increati” ritornano molti personaggi storici, ma la prospettiva da cui si guardano le vicende umane non è più quella della Storia. E’ più ampia, vertiginosa, direi cosmica, tale da prendere dentro i tempi lunghi della nostra specie, sorta su questo “piccolo pianeta sperduto” nel buio del cosmo, con tutto il suo carico di genocidi e di guerre, dalle più antiche alle recenti, che sfumano le une nelle altre, ma anche con tutti i suoi sogni di rivoluzione e di trascendenza. Si è spesso evocato Dante per questo moderno viaggio in un aldilà. Ma a parte il fatto che Dante ci parla di due sole dimensioni, la vita e ciò che viene dopo, mentre qui ne compare una terza, l’increato, l’analogia va colta su un altro piano. Uno dei fili conduttori del libro, e forza trainante del suo movimento musicale e a valanga, dove ogni cosa viene ripresa e spostata più in là (anche elementi delle opere precedenti, compresi i due protagonisti, il Gatto e il Matto), è una storia d’amore che squarcia il buio e conduce in un’altra dimensione. E a guidare il cammino è una figura femminile memorabile, luminosa, corporea e spirituale: una proiezione armoniosa assoluta che richiama attraverso i secoli il gesto di Dante.
Carla Benedetti – Autori di culto – L’espresso – 2 luglio 2015 -

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