Il 3 Marzo scorso, in seduta congiunta, le Commissioni
Giustizia e Affari sociali della Camera hanno iniziato il dibattito sulla
proposta di legge sull’eutanasia. Il disegno di iniziativa popolare è stato
depositato nel 2013 dall’associazione Luca Coscioni e da allora aspetta che il
Parlamento se ne occupi. Solo per una coincidenza, pochi mesi fa l’editore
e/o ha pubblicato un libro che ho letto
con molto interesse: “La casa blu” di Massimiliano Governi. E’ un libro intimo, sussurrato.
Leggerlo è stato come ingoiare una lametta perché affronta, appunto, il più
difficile dei temi: il suicidio assistito, la morte dolce. E lo narra come un viaggio, come un canto da
ascoltare senza pregiudizi. Una prospettiva attraverso cui guardare il mondo
con gli occhi di chi parte per non tornare e con gli occhi di chi resta per
vivere e comprendere. Il libro nasce da ore trascorse a indagare i pensieri
degli uomini e delle donne che vanno in Svizzera, in Olanda o in Belgio per
morire dolcemente. Persone che non sono sole e non scelgono la morte per
disperazione, ma per vivere dignitosamente fino all’ultimo respiro. Persone che
accanto hanno familiari con tanta voglia di essere presenti e di comprendere.
Persone che accanto hanno l’esperienza piena di empatia dei militanti del
Partito Radicale e dell’Associazione Luca Coscioni. (..). “La casa blu” è una
preghiera e un inno alla vita: ecco perché, proprio ora il Parlamento sembra
stia iniziando un percorso che non sarà
privo di ostacoli, candido il libro di Massimiliano Governi al Premio Strega.
Lo faccio perché in un Paese come l’Italia, dove il rispetto dei diritti civili
e delle libertà individuali sembra venire sempre dopo tutto il resto, la
letteratura non può che essere questo: racconto del nostro tempo. (..). Ho Letto Un Appello che trovo doveroso ascoltare e accogliere, un appello rivolto all’Istat
dai parenti di persone malate che hanno preferito morire quando ancora potevano decidere cosa fare della propria
vita, persone che hanno esercitato un diritto fondamentale: il diritto di
scegliere prima che sia troppo tardi. Trai firmatari c’è Chiara Rapaccini, la
compagna di Mario Monicelli che, malato di tumore, si è suicidato il 29
novembre 2010. (..). Rimasi colpito da quella scelta, ma ne compresi
profondamente le motivazioni. Con lei si sono Luciana Castellini, che è stata
molto vicina a Lucio Magri, morto per scelta nel 2011 con suicidio assistito; Francesco
Lizzani, figlio di Carlo Troilo, fratello di Michele Troilo, suicidatosi nel
2004 mentre stava morendo di leucemia. Tutti hanno chiesto di ripristinare
nelle statistiche che annualmente l’Istat produce sul numero di suicidi in
Italia, il movente – non le modalità, che potrebbero provocare un effetto
emulazione – ma il movente. Questa voce è stata eliminata nel 2009 su 3.000
suicidi, più di 1.000 furono dovuti a malattia. Stessa proporzione nei
tentativi di suicidio. Questo Dato è fondamentale venga ripristinato
ora che i parlamentari italiani saranno impegnati nella discussione sul
fine-vita; è fondamentale perché il dibattito esca dai confini incerti delle
convinzioni personali e degli orientamenti religiosi – dove si arenerà senza
speranza – e per una volta parta da una base di razionalità: quante sono le
persone che fanno ricorso a una morte violenta per porre fne alle proprie
sofferenze o che emigrano per morire? Da qui si dipani un discorso che tenga al
suo centro una scelta che nessuno può imporre, ma che a nessuno può essere
negata. Spero che in questo dibattito, il libro di Massimiliano Governi possa
trovare posto, perché talvolta la letteratura può toccare corde che
statistiche, ragionamento e razionalità non riescono a raggiungere.
Roberto Saviano – L’antitaliano – www.lespresso.it – 7 aprile 2016
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