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martedì 26 aprile 2016

Lo Sapevate Che: Leggere le fiabe rende i robot molto più umani...



Il libro della giungla, Peter Pan, Alice nel paese delle meraviglie. Questi grandi classici per ragazzi sono stati letti, di recente, da occhi umani: quelli dell’intelligenza artificiale di Facebook. Lo scopo? Allenare la mente digitale a comprendere i testi scritti, al punto da farle indovinare parole appositamente rimosse dai ricercatori e rispondere a semplici domande sulle relazioni tra personaggi e oggetti nominati nelle storie. In questo modo, in una seconda fase, si insegna al software di Facebook a prendere decisioni basandosi sul contesto linguistico. Lo scopo è permettere lo sviluppo di un assistente virtuale in grado di interagire con gli utenti. Yann LeCun, il direttore della ricerca di Facebook, non è l’unico esperto convinto della bontà di questo nuovo modo di educare le intelligenze artificiali: al Georgia Tech Institute di Atlanta stanno facendo qualcosa di simile e ancora più ambizioso: usano le fiabe per trasmettere ai robot valori umani.”E’ un obiettivo importante per evitare che i robot diventino un rischio per noi, l’hanno sottolineato anche scienziati come Stephen Hawking spiega al Venerdì Mark Riedl, direttore dello Entertainment Intelligence Lab del Georgia Tech. “Nel futuro le intelligenze artificiali interagiranno con noi ogni giorno. Lo vediamo già oggi con Siri di Apple e Cortana di Microsoft. Più avanti avremo robot badanti, fattorini, personal shopper. Più avremo robot e più cose faremo fare loro, maggiore sarà il rischio che sorgano problemi. E le fiabe sono perfette per “educare”, perché hanno una struttura elementare e univoca, e contenuti non troppo ambigui”. Se, grazie alle fiabe, si riesce a far sì che i robot comprendano il linguaggio naturale, sarà anche molto più facile usarli: “Cercando il modo più intuitivo per istruire i robot, abbiamo chiesto a un campione di persone di creare piccole storie, partendo da uno spunto iniziale, tipo “cosa faccio quando ho la febbre?”. Abbiamo visto che le storie create dai nostri soggetti contenevano valori umani impliciti: per esempio, in farmacia, aspettare in coda il turno, pagare il giusto, uscire senza sbattere la porta…Allora abbiamo sviluppato un modello per far sì che i software di intelligenza artificiale estraggano questi valori e li facciano propri”. Il modello di Riedl si chiama Quixote, in omaggio a Cervantes. “E’ un sofware che trasforma una storia, o una fiaba, in una mappa dove ogni possibile scelta del protagonista è rappresentata come una biforcazione che instrada verso esiti differenti. Quixote fa percorrere questa mappa per migliaia di volte alla mente artificiale, e la ricompensa con punti per ogni scelta “giusta”. Ripetendo questo processo con storie e fiabe diverse, i computer possono interiorizzare un buon numero di regole”. Un po’ come fanno i bambini.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 8 aprile 2016 -

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