“Tutta la popolazione della periferia
si è riversata al centro della città e ostacola ogni traffico. Debbo dire che
la gioia, la curiosità è mista in tutti ad una speranza che poteva sembrare assurda ieri e che di ora
in ora si va facendo più viva. La speranza che tutto cambierà”. Data la notizia
dell’atterraggio a Villa Borghese di un marziano, Ennio Flaiano iniziava così
il racconto di quello che, da classico della commedia del ‘900, sarebbe
diventato strumento di dialettica politica nelle meste vicende legate al
governo di Roma di oggi. Il marziano Marino, fiero di tanta oggettiva
estraneità alla politica tradizionalmente intesa, presenta il suo libro (Un marziano a Roma, appunto) in un’affollatissima
libreria sull’Appia , con la popolazione riversatasi a ostacolare ogni traffico
e la speranza, ancora una volta, che tutto cambierà. L’auspicio, nei supporter
di Marino, è che a cambiare sia soprattutto lo scenario della campagna
elettorale. Tra candidati troppo di bandiera, candidati improbabili e candidati
scommessa, il pensiero che il libro-denuncia-testimonianza col quale Ignazio
Marino è tornato in campo sia di fatto il programma politico per una sua nuova
candidatura, si fa via via più legittimo. Nessuno più di lui avrebbe
determinazione ì, motivazioni e livore per tentare di riprendersi quel che con
discutibili manovre di palazzo gli è stato tolto dal suo stesso partito.
Nessuno, paradossalmente, può vantare l’utile e invidiabile esperienza di esser
già stato sindaco di Roma. Marino sembra determinatissimo. Arringa la folla che
lo fomenta con cartelli che lo vogliono candidato, sfodera sarcasmo forgiato
negli anni in cui è stato oggetto degli sberleffi di tutti, da “nativo Pd” si
pone talmente al di fuori del suo partito e dai dettami del presidente del
Consiglio, risultando accattivante tanto per i mai sopiti istinti anticasta
quanto per i più radicati residui di sentimentale appartenenza partitica a un
partito che non c’è più. Ma proprio sul più bello, a pochi minuti dai tg. quando l’acme è alle stelle, quando l’happy end è talmente pompato da far
partire l’applauso in anticipo e i sondaggi fin qui prodotti cominciano a
sapere di muffa, arriva il colpo di scena. Fermi tutti, abbiamo scherzato.
“Aiutatemi a trovare nella società civile un uomo o una donna, che non sia io,
per candidarsi”. La delusione si mangia libro, marziano e astronave. Resta solo
Flaiano; “Ci sono molti modi di arrivare, il migliore è di non partire”.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica –
8 aprile 2016 -
Nessun commento:
Posta un commento