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venerdì 22 aprile 2016

Lo Sapevate Che: L'ipocrisia esiste e vive a Bruxelles...



Il Commissario Europeo agli affari economici, monetari e fiscali si è detto “scandalizzato” per le rivelazioni emerse dai cosiddetti “Panana Papers”. Peccato, però, che l’ottimo Pierre Moscovici ha tentato anche di dipingere un quadro rassicurante – ma tutt’altro che veritiero – su quanto a Bruxelles si sta facendo per contrastare la piega delle manipolazioni tributarie. La sua prima dichiarazione sorprendente è quella in cui si afferma che in Europa “non esistono più paradisi fiscali”. Certo, se intendeva dire che nel vecchio continente non ci sono Stati che offrano ai mercanti di capitali trattamenti simili a quelli di Panama o delle Seychelles, ci sarebbe poco da dire. Ma cerchiamo di non prenderci in giro. In Europa ci sono fior di paesi che praticano a mani basse una ancor più insidiosa politica di dumping fiscale che distorce da tempo il funzionamento stesso del Mercato unico: a cominciare dal Regno Unito del rinomato David Cameron. (..). Va Bene, Quindi, scandalizzarsi per la grande massa di quei furbetti o furboni che amano nascondere i loro soldi in luoghi più o meno esotici. Ma che dire allora delle grandi imprese multinazionali che domiciliano nel paese europeo più corrivo fiscalmente anche i profitti ricavati in altri Stati dell’Unione? E che dire, soprattutto, di quei governi sempre europei che questa politica di compiacenza tributaria hanno esercitato e continuano ad esercitare impunemente facendo palese concorrenza sleale verso gli altri membri dell’Unione? (..). L’Assenza Di Serie iniziative in materia tanto da parte di Bruxelles che dalle varie cancellerie europee costituisce oggi forse la più seria minaccia alla tenuta sia dell’euro sia del mercato unico. E suona francamente irridente che sempre lo stesso Moscovici spacci come grande battaglia ingaggiata dalla Commissione quella di una proposta in (lentissimo) itinere per obbligare le imprese multinazionali a rendere pubblici i conti di quanto fatturato in ciascun paese e di quanto vi pagano di tasse. Va bene, per carità, lo predicava Luigi Einaudi che bisogna prima conoscere e poi deliberare. Ma non è che ci si possa accontentare di questo futuribile mozzicone di trasparenza se esso non rappresenta il prologo a una poltica mirata all’armonizzazione dei trattamenti fiscali di profitti e movimenti di capitali nell’Unione. Insomma, al ricongiungimento dei poteri del Principe, magari adottando uno schema consimile a quello del serpente monetario che fece da incubatrice alla nascita dell’euro. Scandalizziamoci, quindi, per Panama e dintorni, auspicando magari il ricorso a un’arma risolutiva quale l’embargo finanziario verso gli Stati fiscalmente canaglia. Ma uno scandalo altrettanto e forse più allarmante rimane quello di istituzioni europee che sul terreno fiscale mostrano un’impudica soggezione sia verso i mercanti di capitali sia verso i governi che traggono ingiusto vantaggio sollecitando l’avidità di costoro. La lotta ai paradisi fiscali – dentro e fuori l’Europa – non è una missione impossibile. Naturalmente, occorre che a guidarla non siano dei venditori di fumo.
Massimo Riva – Avviso ai naviganti www.lespresso.it – L’Espresso – 21 aprile 2016 -

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