Dove Tutto Cominciò, tutto probabilmente finirà. A Roma.
Città che potrebbe vedere la dissoluzione del lungo sogno berlusconiano,
proprio come ne sancì l’inizio. Passo indietro. Nel novembre del 1993 il Cavaliere
era solo un imprenditore rampante, anche se si intuiva la sua voglia di
politica: a Casalecchio di Reno, Bologna, dove era corso per inaugurare un
grande mercato, a sorpresa proclamò: “Se votassi a Roma sceglierei Fini, non
Rutelli”. Prove generali. Pochi mesi dopo, gennaio 1994, con una cassetta
memorabile annunciava in tv la sua discesa in campo con Forza Italia, nucleo
forte del nascente Polo delle Libertà. Dissolvenza, anno 2016: a differenza
degli esordi, Berlusconi non ha avuto la stessa prontezza, non ha sdoganato
Giorgia Meloni, ha puntato su un cavallo perente e ha lasciato che l’esercito della
destra in rotta si disperdesse sul campo di battaglia. Perché? In Realtà, Un Ciclo Si Chiude. Soprattutto a destra. Per gli errori di B., per i suoi
limiti oggettivi, ma anche per fattori che sfuggono al suo controllo. In tutta
Europa soffia forte un vento populista, estremista e antisistema alimentato
dalla crisi economica e da un’irrefrenabile ondata migratoria. Capace di
intercettare gli umori xenofobi e nazionalisti che prima trovavano sfogo
altrove. (..). Tra pochi mesi compirà ottant’anni, non ha più la velocità
d’azione e il seguito conquistato all’apice del suo ventennio: sondaggi
recenti, che lo danno in calo continuo di consensi e alla distanza di molte
lunghezze da Matteo Renzi , ne certificano il crepuscolo. I suoi, che fino a
ieri lo osannavano, sono stati i primi ad accorgersene. E ad agire di
conseguenza. Il Patto del Nazareno, che gli ha consentito agilità politica dopo
la condanna in Cassazione per frode fiscale, gli è costata la rottura con
Matteo Salvini, cioè la fine di un’alleanza che durava tra alti e bassi da
ventidue anni, dai tempi della passeggiata di Umberto Bossi in canotta tra i
fiori di Villa Certosa.(..) Caos. Che Berlusconi non è più in grado
di governare. Eppure. definite o quasi le partite aziendali più importanti –
fusione Mondadori-Rizzoli, accordo Telecom-Mediaset – B. potrebbe decidersi a
lasciare del resto, era entrato in politica per salvare le sue aziende, ne
potrebbe uscire ora che l’impero è sistemato. Perché non lo fa? Innanzitutto
perché aspetta l’esito del ricorso alla Corte di Strasburgo contro la legge
Severino: sogna la riabilitazione, personale risarcimento. E poi perché, se non
è più l’azionista di riferimento della destra ( forse nemmeno di Forza Italia),
è anche vero che l’inventore, l’animatore, il finanziatore di quell’alleanza
non ha ancora un erede. Nessuno riesce a imporsi. Il leader che verrà non può
essere Salvini, la cui strategia del dialogo con 5Stelle, l’alleanza
trasversale tra forze antisistema, sta tirando la volata più ai figli di Grillo
che ai nipoti di Bossi; non Meloni, ancora troppo debole per un ruolo
nazionale; non Bertolaso. che a Berlusconi piace, ma che a Roma rischia di
bruciarsi. Forse potrebbe nascere la nuova stella di Stefano Parisi, se a
Milano dovesse avere successo il suo tentativo di rimettere insieme i cocci
dell’alleanza. Ma sarebbe una candidatura ancora tutta da costruire. Insomma
siamo alla fine, ma non è ancora finita.
Bruno Manfellotto – Questa settimana – www.lespresso.it - @bmanfellotto 21 aprile 2016
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