A quattordici anni dalla sua nascita
la struttura detentiva americana di Guantanamo è diventata nel mondo un luogo
simbolo della tortura e della negazione dei diritti dell’uomo. Obama ha dichiarato
in più occasioni di volerla chiudere entro l’anno, anche se non si sa ancora se
il Congresso approverà il suo piano. Confidando nel sì, un team di scienziati
ha proposto di creare proprio in questa baia nel Sud di Cuba la riserva
naturale americana più grande fuori dal territorio statunitense. 1117
chilometri quadrati occupati dai tre campi di prigionia Delta. Iguana e X-Ray
(quest’ultimo già chiuso) sono infatti, da un punto di vista naturalistico, un
paradiso. Il biologo Joe Roman, della Harvard University, e l’esperto di
diritto marittimo internazionale dello Stockton Center for the Study of
International Law James Kraska ne scrivono in un articolo appena pubblicato
sulla rivista Science. Da quattro
anni Roman e colleghi studiano l’ecosistema della regione e sono arrivati alla
conclusione che non è solo utile, ma anche urgente creare una riserva naturale
a Guantanamo. Perché la stagione di cambiamenti che si sta affacciando
nell’isola caraibica porterà con sé uno sviluppo agricolo e industriale destinato
a impattare negativamente sull’ambiente, se non sarà accompagnato da misure di
tutela. “Le foreste tropicali secche, rarissime a Cuba e nei Caraibi in
generale, coprono l’intero territorio di Guantanamo” spiega Roman. “E intatte
sono anche le spiagge sabbiose, coperte da fitte foreste di mangrovie, e le
barriere coralline situate a pochi chilometri alla costa: l’habitat ideale per
numerose specie minacciate”. Nella regione della baia vivono, tra le altre,
specie rare come il lamantino (Trichechus
manatus), un mammifero acquatico, l’hutia di Desmarest (Capromys pilorides), dell’ordine dei
roditori, l’iguana cubana (Cyclura nubila),
il boa di Cuna (Chilabothrus angulifer),
il serpente più grande dei Caraibi insulari, la tartaruga verde (Chelonia mydas).
“Per non parlare del variegato paesaggio corallino con decine di specie rare di
pesci”. La gestione congiunta di questa futura area protetta potrebbe
rappresentare anche la soluzione per il conflitto tra Usa e Cuba relativa alla
Baia di Guantanamo che, in forza di un accordo con Cuba del 1934, appartiene d
fatto agli usa. “Lo sviluppo industriale di Cuba partirà dai cinquemila
chilometri delle sue coste” dice Roman. “Perciò, per dare un futuro
all’ecosistema cubano, dobbiamo cominciare a lavorare proprio dal mare. Il
governo degli Stati Uniti sta seguendo tutte le fasi di progettazione di questo
centro di ricerca biomarina che sorgerà al posto della prigione”. Con un nome
beneaugurante: Peace Park.
Simone Porrovecchio – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 15
aprile 2016 -
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