Una canzone del mondo,senza padri, ma
con tanti nonni e zie. Una canzone che viene da lontano, da diversi luoghi e
diverse epoche. Una canzone antica e moderna, dunque contemporanea. Una canzone
che smuove cuore e testa e sventola alta come una bandiera. Una canzone che
racconta una storia triste, ma trasmette gioia e coraggio. Una canzone di lotta
e di amore. Una canzone di liberà. Anzi, la canzone della libertà. Questo il
sottotitolo orgoglioso di un libro che sulla copertina porta scritto: Bella ciao. Due parole che sono un
ritmo, un tema, una memoria. Lo firma Carlo Pestelli. docente di linguistica,
musicologo e cantautore, introduzione di Moni Ovadia. Raccoglie e connette
tanti indizi e altrettanti frammenti per ricostruire la storia. Le origini sono
leggendarie, plurali, incerte, forse inconoscibili. In principio, non ci sono i
partigiani, non solo. Bella ciao paga
debito anche alle mondine, ai soldati della prima guerra, alle donne di metà
‘800, forse a dei violinisti yiddish. Di contaminazione in contaminazione, si
può risalire a persone nel Cinquecento Normanno. Dagli anni ’60 del secolo
scorso cominciano a cantarla tutti. E’ tradotta in 40 lingue. con versioni in
sinti e cabilo. I francesi grazie a Yves Montand, la cantano persino in
Italiano. Dopo l’attentato a Charlie
Hebdo, un anno fa il popolo in piazza la intonava. Scrive Pestelli: “Vale
così tanto, e per tutti, perché non c’è altra canzone in nessuna lingua a dare
una così gioiosa stangata all’oppressore o, stando al testo, all’invasore”.
Come Guernica è molto più di un
quadro. Bella ciao è molto più di una canzone. Cantandola, si è rivoluzionari
“non con la durezza delle armi, ma con i colori della poesia”. Mentre leggi il
libro, risuona con il suo attacco: si/mi/fa diesis/sol/mi. Non riesci a non
cantarla. E viene da battere le mani a ritmo. E viene il sorriso. Sono decine le versioni, ciascuno
è libero di cantarla come vuole. Sempre Bella ciao è. Forse non ha padri, ma
siamo tutti suoi figli”. “Carlo
Pestelli. Bella Ciao” Add,pp.144,euro 9.
Gian Luca Favetto –Cultura – I Venerdì di Repubblica 22
aprile 2016
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