Due mesi fa fece un certo scalpare
un’intervista, “concessa”, nella giungla, dal capo dei Narcos messicani, El
Chapo Guzman nientemeno che alla star di Hollywood, Sean Penn. Guzman, che poco
dopo sarà arrestato, si descrisse come un umile contadino costretto dalla
miseria a coltivare un po’ di coca. Chiese di vedere l’intervista filmata prima
di dare l’autorizzazione e fece capire che il suo sogno era un megafilm di
Hollywood sulla sua persona. Con un simile precedente – che racconta cosa non
si farebbe per uno scoop, e cosa alberga veramente nella mente dei peggiori
criminali – la storia si è ripetuta (in sedicesimo) con l’intervista di Bruno
Vespa e Salvuccio Riina; dopo la quale un possente coro ha intonato: “Scandalo,
orribile, offesa alle vittime, messaggi in codice, dimissioni, e no paghiamo il
canone per questa robaccia?”. In Realtà, vedere El Chapo ( e anche Riina jr) è
comunque un avvenimento e ha dato modo a tutti di chieder conto ai giornalisti
del perché non hanno fatto le domande giuste. Ah, se ci fossi stato io lì,
gliele avrei cantate chiare! Anch’io come tutti, ho la mia piccola lista.
Salvuccio, che all’epoca aveva 15 anni, ha detto che il saato di Capaci era al
mare con amici, sentirono le ambulanze e videro gli elicotteri. Si poteva
chiedergli: era a Mondello? Con chi? La sua carta d’identità era intestata a
Giuseppe Salvatore Bellomo? Qualcuno la proteggeva, o mamma lo mandava solo?
Poi Salvuccio tornò a casa e vide il padre – sereno – davanti alla tv. E qui
sarebbe interessante sapere cji pagava il canone per il signor Bellomo. Sulla
serenità innocente del padre alla notizia di Capaci, la versione di Salvuccio
non è l’unica . E’ stato suo padre stesso- in un’indimenticabile non stop
televisiva durata settimane – a raccontarne, intercettato nel carcere di Opera,
l’ideazione, l’organizzazione e la contentezza alla notizia; oltre a
rivendicare – per la prima volta nella storia secolare della mafia! . non solo
l’esistenza dell’organizzazione, ma il suo ruolo di capo; e a ordinare omicidi
futuri. All’epoca nessuno trovò strano che la televisione di stato offrisse a
Riina la possibilità di “mandare messaggi” ai suoi accoliti e ai suoi
misteriosi protettori; quindi ha fatto bene Vespa a non tornare sull’argomento,
anche per rispetto all’azienda. Certo, gli si poteva chiedere dello shock
dell’arresto: come andò il trasloco a Corleone? Chi prese le pellicce della
mamma? La cassaforte di papà? Come ricorda quel trauma? Qualcuno vi trattò male?
Ma, anche lì: la prudenza. Ci sono
ancora processi in corso, su quelle vicende. Insomma, Salvuccio non aveva molto
da dire e Vespa non poteva chiedere molto. Altri tempi, quelli scanzonati in
cui Enzo Biagi poteva dire a Gianni Agnelli: “Avvocato, ho visto Buscetta e mi
ha detto che tifa Juventus”. E l’altro, pronto: “Caro Biagi, se lo rivede gli
dica che di questo non dovrà mai pentirsi”. Ecco, Vespa: se rivede Salvuccio,
gli può chiedere se papà tifava Palermo? E soprattutto: c’è ancora speranza che
la squadra non vada in B?
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di Repubblica – 22
aprile 2016 –
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