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venerdì 15 aprile 2016

Lo Sapevate Che: Le centenarie che sono scappate dal ghetto...



Glads, che è la più giovane e quindi la più allegra della compagnia, s’intristisce soltanto quando ricorda il figlio perduto per una malattia carogna. Aveva 81 anni quando lo portò al cimitero, 81 anni il morto, non lei, che oggi ne ha 100. Insieme con altre tre ragazze della stessa età, Bernice, Leona e Ruth, Gladys forma il quartetto delle uniche centenarie di Washington , quattro donne di colore che nacquero nella capitale quando i primi soldati americani dovevano ancora partire per la guerra. La Grande Guerra. Raggiungere il secolo di vita non è in sé un evento eccezionalissimo, essendoci negli Stati Uniti 55mila e 315 centenari, al momento di scrivere questa pagina. Neppure lo è essere femmine, perché le donne sono i due terzi di loro, altro che pari opportunità, signora mia. L’eccezionalità sta nelle loro vite parallele, a pochi isolati le une dalle altre, attraverso guerre, Grandi Depressioni, divorzi, lutti, matrimoni, sommosse razziali, sparatorie e ondate di criminalità che hanno squassato, distrutto e ora riassestato lo stesso quartiere dove loro nacquero e dove hanno vissuto. Nella loro memoria, che andrebbe studiata per stabilire come si possa campare un secolo senza rimbambirsi, è scritta molto più della storia di quattro persone di Washington. (--). Leona, che è l’intellettuale del club e infligge alle altre le sue opinioni sul mondo, divenne la prima ragazza di colore a frequentare l’università a Washington e poi a trovare lavoro nel governo, nello spionaggio. A chi le chiede che cosa facesse, risponde di essere ancora vincolata dall’impegno  di segretezza e non risponde. Ricorda soltanto, con un sorrisetto ironico, che doveva sedersi nei posti riservati ai “colored” sull’autobus che la portava a lavorare per proteggere dai nemici una nazione che le vietava di prendere posto tra i bianchi. Nessuna di loro serba odi né rancori, semmai ricordi luminosi come quel giorno d’agosto del 1963 quando si ritrovarono tra la folla che ascoltò Martin Luther King pronunciare il suo “Discorso del Sogno” e come tornarono a casa camminando “con i piedi leggeri come quelli di una bambina” dice Gladys. (..). Quando una giornalista del Washington Post ha chiesto a Leona se lei, e le altre, credessero in Dio e fossero religiose, le girls hanno riso piano, per non scuotere i loro fragili toraci. “Suvvia miss, le ha risposto Leona, “se una arriva cent’anni e non crede in Dio, deve essere proprio un’ingrata”.
Vittorio Zucconi – Donna di Repubblica – 2 aprile 2016

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