Che Anche Il Regime democratico debba avere un Principe,
che non possa durare una democrazia senza scettro, stanno lentamente e
faticosamente comprendendolo anche i suoi più incantati difensori. Come sempre
avviene nel nostro Paese, si sta irragionevolmente precipitando nel polo
opposto, alla ricerca non del leader, ma del monarca, non di chi è il primo tra
molti poteri (manos archon, dove il secondo termine è genitivo plurale), ma di
chi comanda da solo. Anzi, molto peggio,:
si va confondendo ogni giorno di più il leader con capo populista e cioè
con chi, irresistibilmente attratto dalla dittatura della maggioranza, insegue
appetiti, desideri, pulsioni e paure di quel “popolo” rappresentato in presa
diretta da sondaggi, pseudo-inchieste e elezioni del giorno prima. L’autentica
leadership (mai riducibile a un leader) ha l’autorevolezza anche per
contraddirlo. Sa bene che i cittadini quando sono spinti da odio o timore
tendono a imporre cose giuste e cattive, alla fine contrarie ai loro stessi
interessi. Che tali leadership siano oggi possibili, nessuno lo sa.(..) E Torniamo A Noi, al nostro “particolare, poiché, come dice il fidanzato della ministra,
“purtroppo viviamo in Italia”: Era cosa buona e giusta riconoscere finalmente
che il processo decisionale andava disgelato, i poteri di veto tra partiti
correnti e spifferi liquidati, rafforzato l’esecutivo. Tale volenteroso
progetto si va realizzando in forme che più dilettantesche e abborracciate
sarebbe difficile immaginare. Domina un presidenzialismo surrettizio, e cioè la
sua peggiore forma possibile. Si punta non a un nuovo rapporto tra governo e
parlamento, ma alla trasformazione di quest’ultimo in anticamera del primo,
così come nella prima Repubblica lo era dei partiti. Il processo decisionale è
immaginato ridursi a quello che esprime la volontà del Leader “monarca”, non il
complesso di funzioni e fattori che riguarda l’amministrazione dello Stato
nella sua incertezza. (..). Tali, Per Così Dire , idee hanno conseguenze
inevitabili: un ulteriore rafforzamento del centralismo politico e
amministrativo, peccato originale della politica italiana e ragione primaria
della mancata unità del nostro Paese, classi dirigenti che si formano intorno a
leader populisti, le cui fortune dipendono esclusivamente da quelle del Capo;
conflitti di interessi endemici, fisiologici. Una battuta su quest’ultimo
aspetto, oggi al centro dell’attenzione. Se una classe politica non si forma
attraverso un cursus in qualche modo autonomo rispetto agli interessi
corporativi, professionali, economici propri della “società civile”, ma
addirittura si teorizza che debba dal loro multiverso provenire, sarà per essa
del tutto naturale lavorare nel suo nuovo ufficio proseguendo con i metodi , i
fini e le relazioni precedentemente coltivate. Se una classe politica si forma
per ragioni di amicizia, “famiglia” e vincoli clientelari, quando cessi di
“rispettarle” finirà semplicemente col disfarsi. Questo dice il buon senso, ma
come diceva quel tale, il buon senso da noi tace sempre o quasi per paura del
senso comune.
Massimo Cacciari – Parole nel vuoto – www.lespresso.it – L’Espresso – 14 aprile
2016
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