Quanti Modi Ci Sono per dire che un uomo o una donna sono
stati vittime di tortura? Infiniti. Ma potremmo, volendo, anche omettere la
parola tortura. E potremmo volendo, anche far passare quella tortura per un
atto legittimo in determinate condizioni. E potremmo, volendo, anche far finta
che il reato di tortura non esista. O potremmo, volendo, far arenare la
proposta di legge sul reato di tortura in Parlamento, in modo che il reato non
esista davvero. Potremmo però utilizzare il termine tortura perché ci piace
pensarci in prima linea nella difesa dei diritti delle persone. Potremmo fare
del nostro essere un Paese civile solo una questione di parole, che però dietro
non hanno nulla. Non hanno leggi che le sostengono, non condanne che facciano
giurisprudenza. Esistono atti internazionali che molto chiaramente sanciscono
come torturare inteso nei suoi più diversi significati (infliggere dolore
fisico per estorcere informazioni o confessioni, commettere su una persona atti
brutali e sadici, procurare dolore fisico prolungato) sia un reato da giudicare
e punire con procedure e sanzioni sue proprie. Dalla Dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo del 1948 alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la
tortura del 1984, ratificata dal nostro Paese nel 1988, ci troviamo al cospetto
di atti che proibiscono la tortura ma che farebbero esplicito rimando
all’esistenza di un testo che fornisca strumenti idonei a ogni singolo paese
per prevenire e punire efficacemente chiunque abbia commesso questo genere di
reato. “Ciò che è accaduto attiene a una pagina nera nella storia del nostro
Paese. E se vogliamo affrontare quella pagina nera, la prima cosa da fare è
introdurre subito il reato di tortura”. La pagina nera è l’irruzione della
polizia alla Diaz durante il G8 di Genova e questa dichiarazione è di Matteo
Renzi. Parole pronunciate un anno fa, quando la Corte di Strasburgo ha
condannato l’Italia per gli orrori di Genova imponendo, e non solo invitando,
l’introduzione nel nostro codice penale del reato di tortura. (..). Quindi Davvero Siamo il fanalino di coda, ultimi quando si tratta di far rispettare la
dignità delle persone qui da noi, pronti a temporeggiare e a trovare
giustificazioni e scappatoie, e sempre in prima linea quando accade, invece,
che un paese straniero si comporti come noi. Scoviamo mille differenze pur di
marcare la distanza. Giulio Regeni è stato torturato in Egitto e ucciso. Regeni
è stato torturato e ucciso come un
egiziano in Egitto, ma anche come è accaduto ad alcuni italiani in Italia.
(..). Verità Per Giulio Significa verità anche per chi non sa che nome dare a
ciò ch e ha vissuto. Significa tutelare
le forze dell’ordine e la loro funzione che è di protezione dei cittadini.
Significa isolare chi ha commesso un reato e non schermarlo, e non nasconderlo
dietro l’inesistenza di quel reato. Se torturare è reato, facciamo in modo che
il reato esista perché se la situazione dovesse, nonostante gli atti gravissimi
che sono accaduti nel nostro Paese, nonostante la condanna di Strasburgo,
rimanere invariata, vorrà dire che torturare sarà considerato un modo solo un
po’ scorretto di risolvere certe situazioni, un metodo poco ortodosso, ma non
condannabile. E la volta buona, chi sa quando sarà.
Roberto Saviano – L’antitaliano www.lespresso.it – L’Espresso – 14 aprile
2016
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