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mercoledì 13 aprile 2016

Lo Sapevate Che: Quando il modo di insegnare fa saltare il banco...



Frequento il liceo classico e mi accorgo che si sta attuando una soppressione della creatività, del pensiero, una mortificazione dell’originalità e una esaltazione del conformismo. Ridotto a macchina mi è imposto l’apprendimento di materie delle quali non sono innamorato, non interessanti, ma perché , ma perché nessuno me le ha fatte amare. Del mio sentire, delle mie emozioni, dei miei pensieri e spunti intellettuali nessuno si interessa nell’ambiente scolastico, dicono che non c’è tempo (..) abbiamo fallito poiché ci trattano come se seduti dietro ai banchi, fossimo delle macchine, il cui unico fine è produrre. Nikola Young   alessioboffo@gmail.com
La buona scuola è quella dove gli insegnanti amano la materia che insegnano e ancor più i ragazzi che frequentano le loro classi. Ricordo i miei professori di Liceo, che non separavano il sapere che impartivano dalla vita in crescita degli studenti. Oggi non è più così. Spesso i nostri ragazzi tornano a casa mortificati, pensando di non valere niente, di non essere intelligenti. Mi piacerebbe che i loro docenti li prendessero da parte a uno a uno, li incoraggiassero e mostrassero di credere in loro.   Daniela Monaco     danipdmonaco@libero.it
Caro Nicola, la tua lettera riflette esattamente la differenza tra i licei classici che la signora Daniela ricorda,, e che io stesso ricordo per avervi insegnato negli anni 70? e quelli di oggi. Si è verificato una catastrofe dovuta al fatto che alla “qualità” degli insegnamenti si è sostituita la “quantità” di prodotti scolastici, onde misurare “scientificamente” quanto si insegna e quanto si apprende, attraverso prove scritte in cui si misura, per esempio, la capacità dello studente di sostituire il dizionario (bella, quanto inutile impresa). Questo capita in greco e in latino, dove si chiede allo studente di apprendere un numero spropositato di vocaboli al giorno. Questa capita anche in italiano, dove non si fanno più temi in classe per verificare intelligenza, sensibilità, creatività, apertura d’orizzonti – tutta roba scientificamente non misurabile e quindi da trascurare – ma si sottopongono i ragazzi alla prova  di un testo: su 500 parole, ce ne sono quattro o cinque dal significato equivoco, e se sbagli l’interpretazione prendi 4 o 5 anche se a casa leggi un libro la settimana e hai un linguaggio sciolto e comprensibile (..). Alla maggior parte dei professori tutto questo non importa granché. A loro basta che sia in ordine il registro elettronico. Con questi magnifici professori, esonerati dal mettere in gioco la loro personalità e la loro passione nell’insegnamento, non è possibile andare a parlare se non su appuntamenti fissati per via telematica dopo tre o quattro mesi dalla prenotazione, come succede nella sanità. (..) . In ogni caso, caro Nicola Nikola e gentile signora Daniela, sappiate in anticipo che la vostra denuncia e queste mie parole non serviranno a modificare assolutamente nulla di questa sconfortante situazione, per cui il peggio può ancora avvenire.
umbertogalimberti@repubblica.it  - Donna di Repubblica – 2 aprile 2016

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