Frequento il liceo classico e mi accorgo che si sta attuando una
soppressione della creatività, del pensiero, una mortificazione
dell’originalità e una esaltazione del conformismo. Ridotto a macchina mi è imposto
l’apprendimento di materie delle quali non sono innamorato, non interessanti,
ma perché , ma perché nessuno me le ha fatte amare. Del mio sentire, delle mie
emozioni, dei miei pensieri e spunti intellettuali nessuno si interessa
nell’ambiente scolastico, dicono che non c’è tempo (..) abbiamo fallito poiché
ci trattano come se seduti dietro ai banchi, fossimo delle macchine, il cui
unico fine è produrre. Nikola Young alessioboffo@gmail.com
La buona scuola è
quella dove gli insegnanti amano la materia che insegnano e ancor più i ragazzi
che frequentano le loro classi. Ricordo i miei professori di Liceo, che non
separavano il sapere che impartivano dalla vita in crescita degli studenti.
Oggi non è più così. Spesso i nostri ragazzi tornano a casa mortificati,
pensando di non valere niente, di non essere intelligenti. Mi piacerebbe che i
loro docenti li prendessero da parte a uno a uno, li incoraggiassero e
mostrassero di credere in loro. Daniela
Monaco danipdmonaco@libero.it
Caro Nicola, la tua lettera riflette esattamente la
differenza tra i licei classici che la signora Daniela ricorda,, e che io
stesso ricordo per avervi insegnato negli anni 70? e quelli di oggi. Si è
verificato una catastrofe dovuta al fatto che alla “qualità” degli insegnamenti
si è sostituita la “quantità” di prodotti scolastici, onde misurare
“scientificamente” quanto si insegna e quanto si apprende, attraverso prove
scritte in cui si misura, per esempio, la capacità dello studente di sostituire
il dizionario (bella, quanto inutile impresa). Questo capita in greco e in
latino, dove si chiede allo studente di apprendere un numero spropositato di
vocaboli al giorno. Questa capita anche in italiano, dove non si fanno più temi
in classe per verificare intelligenza, sensibilità, creatività, apertura
d’orizzonti – tutta roba scientificamente non misurabile e quindi da trascurare
– ma si sottopongono i ragazzi alla prova
di un testo: su 500 parole, ce ne sono quattro o cinque dal significato
equivoco, e se sbagli l’interpretazione prendi 4 o 5 anche se a casa leggi un
libro la settimana e hai un linguaggio sciolto e comprensibile (..). Alla
maggior parte dei professori tutto questo non importa granché. A loro basta che
sia in ordine il registro elettronico. Con questi magnifici professori,
esonerati dal mettere in gioco la loro personalità e la loro passione
nell’insegnamento, non è possibile andare a parlare se non su appuntamenti
fissati per via telematica dopo tre o quattro mesi dalla prenotazione, come
succede nella sanità. (..) . In ogni caso, caro Nicola Nikola e gentile signora
Daniela, sappiate in anticipo che la vostra denuncia e queste mie parole non
serviranno a modificare assolutamente nulla di questa sconfortante situazione,
per cui il peggio può ancora avvenire.
umbertogalimberti@repubblica.it - Donna di Repubblica – 2 aprile 2016
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