L’estate europea 2015
sta finendo, ma è stata lunghissima per numero di morti annegati, baroni
affondati, muri eretti, poliziotti schierati negli stretti passaggi di confine,
crisi greca. Secondo i dati dell’organizzazione Frontex, nel solo mese di
luglio gli arrivi di migranti sono stati 20 mila in Italia, 50 mila in Grecia e 34 mila
in Ungheria, segnando un più 200 per cento rispetto al luglio dell’anno
precedente. Visto l’andamento delle guerre in Siria, Somalia, Eritrea, Yemen e
Sudan, nulla fa pensare che le cifre diminuiranno nel 2016; anzi. In un diffuso
disordine dei sentimenti, tutti “sentono” che l’Europa – le sue istituzioni
politiche, i suoi diritti, il suo stile di vita – difficilmente potrà rimanere
uguale a quanto si è finora formato (faticosamente e spesso ipocritamente) a
partire dal suo “anno zero”. Quell’anno, il 1945, fu senz’altro peggiore di
questo. La Germania era completamente distrutta, l’Unione Sovietica stremata da
25 milioni di morti , i 17 milioni di ebrei che popolavano l’antico continente,
praticamente scomparsi in soli tredici anni di nazismo; dapprima discriminati,
poi espulsi o incarcerati e infine sterminati, tutto sommato senza troppo
clamore. A differenza di allora – quando le cause della guerra nacquero in
Europa e vennero riassunte nella persona di un caporale austriaco – oggi si
tende a pensare che l’Europa sia soprattutto una vittima di “qualcosa” che sta
succedendo intorno ai suoi confini. “Frammenti
della Terza guerra mondiale”, li chiama il papa Bergoglio, “germi della Terza
guerra mondiale”, li ha chiamati il nostro presidente Mattarella. In effetti,
l’Europa è misteriosa e spesso imprevedibile. Per liberarla, il 6 giugno del
1944, sulle spesse spiagge dove ora la polizia francese e inglese insegue
immigrati, sbarcarono 156 mila angloamericani alleati(ne morirono diecimila,
una non piccola parte erano discendenti di schiavi africani). Nel 1956,
dapprima lasciò soli gli ungheresi di fronte all’invasione sovietica, poi però
ne accolse duecentomila (tra cui le più famose stelle del football magiaro);
noi italiani ne prendemmo pochi, ma quei “fatti” provocarono la famosa,
salutare, scissione del partito comunista. Il 17 ottobre 1961, il prefetto di
Parigi ordinò alla polizia di uccidere gli algerini che manifestavano e, nel silenzio della censura, duecento di
loro vennero buttati nella Senna. L’anno successivo (dopo appena sette anni di
guerra), l’Algeria era indipendente e 800 mila del milione di francesi che vi
vivevano, tornarono, depauperati, in Francia. La Germania, negli ultimi
vent’anni, ha fatto diventare cittadini tedeschi tre milioni di immigrati
turchi (peraltro, la spina dorsale della sua formidabile industria). Anche
l’Italia, nel suo piccolo – abbiamo appena l’8 per cento di immigrati –
accoglie albanesi, rumeni, maghrebini, anche se non vuole farli votare.
Prossime mosse? Siamo talmente imprevedibili
che in autunno forse avremo lo ius
soli (finalmente), o forse l’Italia si fermerà per tre giorni agli ordini
di un tale Matteo Salvini.
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di Repubblica – 28
agosto 2015 -
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