Grillo Tendenza
Fuhrerprinzip
Il Capo dei 5 Stelle
esprime una rigidità centralistica compensata dai continui appelli al “popolo
delle reti”.
Ma il suo modo di agire
sembra un’ammissione di impotenza. Non potendo prendere decisioni politiche, si
limita a recitarle
Nobili lamenti si levano un po’ da ogni parte sull’assenza di
democrazia nelle Cinque Stelle e più interessati appelli ai suoi onorevoli
perché contestino o abbandonino il comico-dittatore. Più arduo ragionare sul
fenomeno, perché forse molti scoprirebbero che la favola parla anche di loro.
La sgangherata, analfabeta ripresa di ideologie di “democrazia diretta” condite
in salsa web non può che produrre gli effetti oggi così “deprecati dai “veri
democratici”. Obsoleti arnesi del Moderno mediazione e partiti; ergo,
necessaria la loro eliminazione; solo il Movimento esiste, e nel Movimento
tutti uguali, puri individui senza storia né appartenenza. Guai a “corpi
intermedi” negli Stati assoluti. Ma anche il Movimento, per essere tale, ha
bisogno di una direzione, se no cade per legge di gravità. Ergi, il puro
Movimento esige il puro Capo. Il puro Capo non può logicamente ammettere che il
Movimento si articoli per correnti e distinte leadership – e gli appartenenti
al Movimento che volessero assumere una propria autonoma fisionomia dimostrano
semplicemente di non comprendere nulla della logica del Movimento, cui hanno
appassionatamente aderito. Certo, l’equilibrio è precario: la rigidità
centralistica del Fuehrerprinzip immanente a quella logica può essere
compensata solo attraverso continui appelli plebiscitari al “popolo delle reti”
(ovvero al “popolo nella rete”), e ciò finisce col contraddirne l’istanza decisionistica; d’altra parte, la
finzione di un simile fantasma di “popolo” può in ogni istante evaporare sotto
la pressione di interessi e culture determinate.
Tuttavia, In Questa
Fase, l’ideologia
del Movimento sembra conoscere vasta fortuna, ben oltre il cielo delle Cinque
Stelle. Nell’interpretare il catastrofico dissolversi delle forme tradizionali
di organizzazione e direzione politica, almeno da noi, nel corso dell’ultimo
ventennio, si è enfatizzato troppo il fenomeno della “personalizzazione” della
leadership, dimenticando che esso si regge sull’idea di un pubblico allo stato liquido,
se non gassoso. La liquidazione della forma-partito non è che il prodotto di
questa idea di società. Differenze o confini al suo interno non considerate
come tendenti al “grado zero” – e perché, allora, del tutto coerentemente, non
potrebbe, ad esempio, ogni cittadino partecipare alla nomina di deputati,
segretari, ecc. di qualsiasi formazione politica? Non le “primarie” come mero
strumento tecnico, o elemento di un sistema elettorale precisamente
strutturato, ma le ideologie movimentiste che le vorrebbero “aperte che più
aperte non si può” vanno esattamente in questa direzione.. Tutti decidono,
nessuno decide; ogni parola funziona, basta che convinca; ogni prodotto va
bene, basta che venda. E, d’altra parte, il conservatorismo ossessivo, dalle
politiche sociali a quelle istituzionali, che ha caratterizzato l’”aura catena”
svoltasi da Pds a Ds a Ulivi vari a Pd non poteva produrre che tali esiti.
Non Si Sta Parlando che di un aspetto, e neppure di
quello essenziale (che riguarda il rapporto tra il Politico e le autentiche
“grandi potenze” dell’epoca, quelle tecnico-economiche), della crisi della
stessa idea democratica. Democrazia ha senso soltanto come discussione e
conflitto reali: ha perciò bisogno di protagonisti altrettanto reali,
responsabili e convinti. Idee di società liquida e Capi che la rappresentano
proprio per questa pretesa assenza di ogni forma, non esprimono alla fine che
aspetti del tramonto forse in atto del Politico stesso. Chi ritiene di poter
tutto rappresentare perché ogni sostanziale differenza sarebbe venuta meno,
mediti sul fatto che, se questo è il mondo, esso potrebbe funzionare secondo
modelli, ordini, procedure che rendono del tutto superflua, accessoria,
ornamentale la decisione politica. Il Capo che recita la decisione, impotente a
compierla (to act al posto di to do), sarà l’ultima maschera del teatro
politico europeo?
Massimo Cacciari – L’Espresso – 13 marzo 2014
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