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lunedì 31 marzo 2014

Pensieri: Saluto...


Cassinelli Carla Bianco - foto di Aforismi e Musica

Sempre!!!

Buona serata a Tutti!

Pensieri: Saluto


Che bello alzarsi al mattino ed avere qualcosa in cui sperare, qualcosa per cui sorridere, una vita da vivere!

Stephen Littleword

Buona giornata a tutti!

Antonia e Giuliano - Foto di (Amo - La Natura)

Lo Sapevate Che: L'Antitaliano....


Droga Libera Battaglia Di Civiltà

Ovunque nel mondo crescono i paesi che scelgono di liberalizzare l’uso di stupefacenti. Così si combatte meglio la criminalità. E si svuotano le carceri.
Ma il governo italiano va nella direzione opposta.

Jordi Evole è un giornalista spagnolo, conduttore di uno dei programmi inchiesta più seguiti in Spagna. La trasmissione che conduce si chiama “Salvados” e in un paese che sta vivendo una profonda crisi economica, diventa una sorta di bussola per orientarsi nel quotidiano. Domenica 16 marzo l’hashtag di “Salvados”era #drogasSA perché il tema della trasmissione è stato il narcotraffico e il ruolo che la Spagna ha come porta di accesso per le droghe provenienti dal Sudamerica in Europa. Con Jordi Evole, qualche giorno prima, avevamo registrato un’intervista su questo argomento. Una sorta di corsa a ostacoli perché non è facile spiegare a un paese che non è il tuo, l’entità di un fenomeno che lo riguarda. Come puoi dire che la Spagna è la porta del narcotraffico e che le banche spagnole siano tenute a galla dai capitali criminali? Come è possibile che su questi temi tu ne sappia più di noi che qui ci viviamo?
Temevo Che Le Mie Parole avrebbero generato le stesse reazioni indignate di quella parte di Italia che fatica a credere che le mafie siano ormai di casa ovunque. Ma non è andata così. Ho seguito la trasmissione in streaming e attraverso Twitter, e le reazioni sono state incredibili. Intanto la cosa che più di tutte mi ha stupito è che  il mio nome è entrato nei trend topic spagnoli e questo significa una sola cosa:L’argomento di cui parlavamo ha riempito un vuoto, ha dato risposte, ha spiegato a chi ha avuto la pazienza di seguire fino in fondo la trasmissione, come sia possibile che in Spagna ci sia un tesoro che si percepisce, che addirittura si vede e si tocca, ma di cui nessuno può beneficiare, se non i broker di coca, cioè chi è parte integrante di questo meccanismo. A tutto questo esiste un’unica risposta possibile: legalizzazione.
Ma il peccato originale che sconta qualunque discussione su questo tema è che, nel tentativo di superare le difficilissime questioni morali che pone, si prova sempre a darle un taglio utilitaristico che apre necessariamente altre questioni irrisolte. Mi spiego meglio: la legalizzazione delle droghe, ma anche – come ha recentemente proposto per la prima volta l’Onu – la depenalizzazione del loro consumo, avrebbe una ricaduta immediata una diminuzione dell’affollamento delle carceri, che in Italia è una piaga di dimensioni apocalittiche. Ma qui si apre un’altra discussione sulla quale le generalizzazioni  o peggio le semplificazioni hanno purtroppo sempre la meglio. “Chi si trova in carcere è lì perché ha sbagliato”, “le carceri non sono alberghi a quattro stelle” e non vi tedio oltre. Il punto fondamentale però è un altro. Chi fa uso di droghe non è un criminale, ma una persona che vive un disagio: va curata con misure diverse dalla detenzione. Inoltre, studiando i dati delle politiche proibizioniste attuate sino a questo momento, si è chiaramente dimostrata la loro inutilità o peggio ancora, il loro rovinoso fallimento. Infatti la tendenza mondiale è senza dubbio alcuno quella della depenalizzazione e della legalizzazione. Sta avvenendo ovunque, dal Canada all’Australia, dal Brasile al Cile. Fino ad arrivare all’Uruguay che in questo momento costituisce l’avanguardia.
Questa E’ La Tendenza Mondiale mentre in Italia il ministro della Salute Beatrice Lorenzin reintroduce per decreto – lamentando “un vuoto normativo” che è incapace di riempire altrimenti – le tabelle sugli stupefacenti previste dalla Fini-Giovanardi spazzare via solo qualche settimana fa dalla sentenza della Corte Costituzionale. Io credo che sia legittimo domandarci di chi sia rappresentativo questo ministro, quali interessi curi, dal momento che evidentemente non cura quelli di noi cittadini. E soprattutto mi auguro che la sua imposizione nell’attuale governo sia rivista in occasione delle prossime elezioni europee, quando il suo partito di riferimento,  presumibilmente, conoscerà un ridimensionamento. Non possiamo permettere che l’Italia vada nella direzione opposta a quella del resto del mondo: Non possiamo permetterci di voltare le spalle a decenni di studi, alla storia, al progresso, alla modernità, ai diritti civile e umani. Sì, perché questa è proprio una questione di civiltà.
Roberto Saviano – L’Espresso – 27 marzo 2014


Lo Sapevate Che: La Bustina di Minerva....


Il Diritto alla Felicità

La Dichiarazione d’indipendenza americana lo riconosce a tutti gli uomini. Ma c’è un equivoco.
Dovremmo abituarci a pensare una vita piena in termini collettivi e non come soddisfazione solo individuale

Talora mi viene il sospetto che molti dei problemi che ci affliggono – dico la crisi dei valori, la resa alle seduzioni pubblicitarie, il bisogno di farsi cedere in tv, la perdita della memoria storica e individuale, insomma tutte le cose di cui sovente ci si lamenta in rubriche come questa – siano dovuti alla infelice formulazione della Dichiarazione d’indipendenza americana del 4 luglio 1776, in cui, con massonica fiducia nelle magnifiche sorti e progressive, i costituenti avevano stabilito che “a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà, eal perseguimento della felicità.
Sovente si è detto che si trattava della prima affermazione, nella storia delle leggi fondatrici di uno Stato, del diritto alla felicità invece che del dovere dell’obbedienza o altre severe imposizioni del genere, e a prima vista si trattava effettivamente di una dichiarazione rivoluzionaria. Ma ha prodotto degli equivoci per ragioni, oserei dire, semiotiche.
La Letteratura sulla felicità è immensa, a iniziare da Epicuro e forse prima, ma a lume di buon senso mi pare che nessuno di noi sappia dire che cos’è la felicità. Se si intende uno stato permanente, l’idea di una persona che è felice tutta la vita, senza dubbi, dolori, crisi, questa vita sembra corrispondere a quella di un idiota – o al massimo a quella di un personaggio che viva isolato dal mondo senza aspirazioni che vadano al di là di una esistenza senza scosse, e vengono in mente Filemone e Bauci. Ma anche loro, poesia a parte, qualche momento di turbamento dovrebbero averlo avuto, se non altro un’influenza o un mal di denti.
La questione è che la felicità, come pienezza assoluta, vorrei dire ebbrezza, il toccare il cielo con un dito, è situazione molto transitoria, episodica e di breve durata: è la gioia per la nascita di un figlio, per l’amato o l’amata che ci rivela di corrispondere al nostro sentimento, magari l’esaltazione per una vincita al lotto, il raggiungimento di un traguardo (l’Oscar, la coppa, il campionato), persino un momento nel corso di una gita in campagna, ma sono tutti istanti appunto transitori, dopo i quali sopravvengono i momenti di timore e tremore, dolore, angoscia o almeno preoccupazione.
Inoltre l’idea di felicità ci fa pensare sempre alla nostra felicità personale, raramente a quella del genere umano, e anzi siamo indotti sovente a preoccuparci pochissimo della felicità degli altri per perseguire la nostra. Persino la felicità amorosa spesso coincide con l’infelicità di un altro respinto, di cui ci preoccupiamo pochissimo, appagandoci della nostra conquista.
Questa Idea Di Felicità pervade il mondo della pubblicità e dei consumi, dove ogni proposta appare come un appello a una vita felice, la crema per rassodare il viso, il detersivo che finalmente toglie tutte le macchie, il divano a metà prezzo, l’amaro da bere dopo la tempesta, la carne in scatola intorno a cui si riunisce la famigliola felice, l’auto bella ed economica e un assorbente che vi permetterà di entrare in ascensore senza preoccuparvi del naso degli altri.
Raramente pensiamo alla felicità quando votiamo o mandiamo un figlio a scuola, ma solo quando comperiamo cose inutili, e pensiamo in tal modo di aver soddisfatto il nostro diritto al perseguimento della felicità.
Quando è al contrario che, siccome non siamo delle bestie senza cuore, ci preoccupiamo della felicità degli altri? Quando i mezzi di massa ci presentano l’infelicità altrui, negretti che muoiono di fame divorati dalle mosche, ammalati di mali incurabili, popolazioni distrutte dagli tsunami. Allora siamo persino disposti a versare un obolo e, nei casi migliori, a impegnare il cinque per mille.
E’che la dichiarazione d’indipendenza avrebbe dovuto dire che a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto-dovere di ridurre la quota d’infelicità nel mondo, compresa naturalmente la nostra, e così tanti americani avrebbero capito che non devono opporsi alle cure mediche gratuite – e invece vi si oppongono perché questa idea bizzarra pare ledere il loro personale diritto alla loro personale felicità fiscale.
Umberto Eco – L’Espresso – 27 marzo 2014


Delizia con Frutta Fresca...


Dolce di Frutta Fresca

Per 6 persone

100 gr di amaretti duri, 2 uova, 60 gr di farina, ½ bustina di lievito per dolci, un pizzico di sale, 2 pere, 2 mele, ½ bicchiere di Marsala, latte, 1 cucchiaino di cannella in polvere, pangrattato, zucchero, burro.


Lavare e sbucciare la frutta, tagliarla a fettine, metterla in una ciotola e rotolarla con 5 cucchiai di zucchero, bagnarla col Marsala e mescolarla delicatamente. 
In una ciotola montare le uova con 60 gr di zucchero sino a che siano diventate spumose e chiare. 
Sbriciolare finemente gli amaretti con le mani e unirli alle uova amalgamandoli bene. Aggiungere nella ciotola della frutta 60 gr di farina, il composto di uova, il cucchiaino di cannella, ½ bicchiere di latte tiepido in cui avrete sciolto ½ bustina di lievito e il pizzico di sale. Mescolare delicatamente tutti gli ingredienti. 
Imburrare una teglia rotonda di circa 23 cm di diametro e spolverizzarla di pangrattato. Versarvi il composto preparato livellandolo. Fare cuocere in forno preriscaldato a 180° per 40 minuti. 
Sfornare e lasciar leggermente intiepidire. Servire il dolce nel contenitore di cottura accompagnando con crema pasticciera o panna liquida. 

Speciale: Ricette per dimagrire sorridendo...


Fagiolini alla Parmigiana

Per 4 persone

Fagiolini gr 500 margarina 6 cucchiaini, farina 2 cucchiaini, latte ml 120, grana grattugiato 4 cucchiaini, sale, pepe.

Lessare i fagiolini, scolateli e fateli rosolare con quattro cucchiaini di margarina, aggiungendo sale e pepe. A parte preparate la besciamella con due cucchiaini di margarina, la farina e il latte e versatela sui fagiolini cospargendo il tutto con il formaggio grattugiato.



Carbonara ai Funghi

Per 4 persone

Olio evo 2 cucchiaini, margarina 2 cucchiaini, champignon gr 400, prezzemolo e aglio tritati, spaghettini gr160, uova 2, parmigiano grattugiato 8 cucchiaini, sape, pepe.

In un tegame in aderente mettere l’olio, la margarina, gli champignon tagliati a fettine, prezzemolo e aglio tritati ed un po’ di sale. Incoperchiare e portare a cottura. A parte, lessate gli spaghettini e appena scolati versateli nel tegame dei funghi, mescolando, fateli saltare un momento sul fuoco. Mentre gli spaghetti bollono, in una zuppiera sbattete le uova con il parmigiano e un po’ di sale e pepe; aggiungete gli spaghetti bollenti con i
Funghi, mescolate rapidamente perché le uova non si rapprendano e servite.

Sophia Branoff – 300 Ricette per dimagrire sorridendo

domenica 30 marzo 2014

Pensieri: Saluto....


Antonino Santateresa - foto di Antares

Ed è già un bel passo avanti pensar così...

Buona serata a tutti!

Pensieri: Saluto....


Roberto Tona- foto di Fanpage.it
La bellezza e la fierezza dei leoni.
La natura sa regalarci scatti magnifici.

 Buona giornata a tutti!

Lo Sapevate Che: E Tu Sei Caffeinomane o Lunatica?...

  
“Dsm” è l’acronimo di “Diagnostic and statistical manual: mental disorfers”. Ovvero manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Un tomo che classifica, spiega, descrive e prescrive a quali criteri si dovrebbero attenere gli specialisti per stabilirei problemi dei loro pazienti.
Stampato per la prima volta nel 1952, il “Dsm” ha raggiunto la popolarità alla terza edizione, nel 1980. Da allora il dibattito è acceso. Anche perché gli americani fanno le cose in grande: per realizzarlo spendono decine di milioni di dollari e investono in tam-tam perché tutto il mondo ne parli. Così l’indice statunitense resta il riferimento indiscusso. Questo nonostante le critiche: oggi il principale oppositore del “Dsm-5” è proprio la psichiatra che coordinò la stesura dell’edizione precedente, Allen Frances, che in “Primo non curare chi è normale” (Bollati Boringhieri, 2013) accusa gli autori di seguire le pressioni delle case farmaceutiche, pronte a proporre nuove pillole per curare patologie inesistenti. Ecco quindi le novità più contestate.
Lutto a rischio Il cordoglio per la perdita di una persona amata era considerato motivo sufficiente per escludere, almeno nei primi due mesi, qualsiasi diagnosi di depressione. Non è più così: dal giorno dopo il funerale un medico potrebbe prescrivervi una terapia.
Bambini adirati i ragazzini fra i 6 e i 18 con tre o più “scoppi d’ira” alla settimana potrebbero soffrire di “disturbo di disregolazione dell’umore”. A prescindere da cosa li faccia arrabbiare.
Malattie da Tv Fra i nuovi disturbi spunta anche la sindrome da accaparramento, ovvero quella tendenza ad accumulare oggetti e scarti che è alla base di un realitu di successo, “Sepolti in casa”.
Folli da caffè Nelle dipendenze pericolose spunta anche quella alla tazzina; i “caffeinomani” entrano nel registro delle persone con problemi psichici.
Achtung abbuffate Basta abbuffarsi davanti al frigo una volta a settimana per rischiare di soffrire di “disturbo da alimentazione incontrollata”.
Timidi? No grazie Se per sei mesi (o meno) un adulto o un bambino dimostrano di avere difficoltà a parlare in pubblico, sia tra parenti che fra sconosciuti, possono soffrire del disturbo “d’ansia sociale”. Novità: non deve essere la persona a dichiarare la sua difficoltà. Se è eccessiva lo può stabilire anche il medico.
Giorni pericolosi Anche il pre-mestruo può essere patologico. Fra il 2 e il 5 per cento delle donne, scrivono gli autori del Dsm-5, ne soffrirebbe in modo così grave da rendere loro impossibile andare al lavoro. Terapia prescriversi!

Colloquio con Eugenio Borgna- Scienze – L’Espresso – 27 marzo 2014

Lo Sapevate Che: Sottovuoto...

  
Vorrei un F 35
Ala o Petto?

E poi c’è una netta  differenza fra gli F35 d’allevamento e quelli lasciati becchettare liberi fra le stoppie. E’ il sapore, che in politica conta, come d’altronde il colore e l’odore. Ho conosciuto un pilota che andava spesso a caccia con quell’aereo
E che ne era entusiasta. La cosa che mi sbomballa – confidava – è il prezzo. Fantastico. Gli altri piloti, anche se mi abbattono subito, restano dei poveracci. Non so se avesse ragione, ma la sua mente decollava in verticale, raggiungendo ragionamenti che agli elicotteri comuni sono preclusi. Dispiacciono però tutte queste polemiche. Tornando al Barone Rosso, tutto quello che non si spendeva per l’aereo se lo giocava lui con lo champagne, ma erano altri tempi. L’uso dei nuovi aerei in genere sarà soprattutto per le inchieste. Ma più tardi ne riparleremo.
www.massimobucchi.icom – Venerdì di Repubblica – 28 marzo 2014.


Delizia di Fragole....



Meringata di Fragole con Gelato

Per 6 persone

130 gr di meringhe, 500 gr di gelato fior di latte, 2 dl di panna, 250 gr di fragole, 50 gr di zucchero a velo.


Spezzare grossolanamente le meringhe. 
Montare la panna e dopo averla montata, piano piano, sempre battendola con le fruste, unirvi lo zucchero a velo e metterla in frigorifero. 
Lavorare il gelato con la spatola per ammorbidirlo. 
Distribuire la metà delle meringhe sbriciolate sul fondo di una pirofila rotonda alta e dal diametro di 20 cm, foderata con carta da forno prima inumidita e poi ben strizzata, ricoprirle con il gelato e poi con la panna sopra il gelato. Completare il dolce con le rimanenti meringhe sbriciolate. Poi porre la pirofila nel freezer per un’ora. 
Al momento di servire alzare la carta con molta delicatezza e posarla sul piatto di portata, ritagliando con le forbici la carta tutta intorno, in modo che non si veda. Decorare in superficie con le fragole mondate, lavate, asciugate e affettate finemente.

Speciale: Golosi Antipasti....


Fogliette al Basilico

Per 4 persone
(circa 20 fogliette)

180 gr di farina 00, 1 uovo, 60 gr di burro, una dozzina di belle foglie di basilico, 2 cucchiai di parmigiano o pecorino grattugiati, sale.


Mettere nel mixer la farina, il burro a dadini, un pizzico di sale e il basilico lavato, bene asciugato e finemente sminuzzato. Frullare per pochi secondi a velocità massima. Unire l’uovo e 2 cucchiai di acqua gelata. Aggiungere il formaggio grattugiato e frullare a bassa velocità sino a che l’impasto si raccolga formando una palla. Prelevare la pasta dal mixer e coprirla con la pellicola trasparente. Tenerla in frigorifero per un’ora. 
Su un piano di lavoro infarinato, stendere la pasta in una sfoglia sottile. 
Con la rotella da pasta formare delle forme triangolari allungate, tipo fogliette. Appoggiarle sulla placca del forno, foderata con carta da forno. Disegnare sulle fogliette delle nervature con l’aiuto del dorso della lama di un coltellino. Mettere in forno preriscaldato a 180° per 20 minuti circa. 


Tortino con Crepes al Ragù Primaverile

Per 4 persone

Per le crepe: 3 uova, 125 gr di farina, 2,5 dl di latte, noce moscata, burro, sale.

Per il ragù: 150 gr di asparagi, 100 gr di piselli sgranati, 200 gr di fave sgranate, 100 gr di spinacini , 1 carota, 1 costa di sedano, 5 dl di latte, burro, 2 cucchiai di farina, 80 gr di parmigiano grattugiato, sale, pepe.

Battere le uova con un pizzico di sale e noce moscata grattugiata, unire la farina e sempre mescolando, il latte, Lasciare riposare la pastella per 30 minuti. 
Ungere con pochissimo burro un padellino e riscaldarlo sul fuoco, versarvi un po’ di pastella per velarne il fondo facendola scorrere su tutta la base del padellino, rimettere sul fuoco e cuocere la crepe dai due lati. Ripetere l’operazione fino a esaurimento della pastella. 
Tagliare a tocchetti gli asparagi eliminando la parte dura, la carota e il sedano, sbollentare le fave, scolarle e togliere la pellicina, lavate gli spinacini. 
Fare fondere 40 gr di burro in una padelle e unire tutte le verdure facendole insaporire con sale e pepe, bagnarle con 2 dl di latte e fare cuocere per 20 minuti. 
Far fondere 40 gr di burro e unirlo al latte residuo. Fare scaldare, sciogliere la farina in ½ bicchiere d’acqua e prima che il latte raggiunga il bollore incorporare il composto, sempre mescolando sino a che si indurisce, e fuori dal fuoco aggiungere 70 gr di parmigiano, sale e pepe. 
Foderare una pirofila rotonda con carta da forno prima lavata e strizzata, appoggiare sul fondo una crepe e coprirla con un po’di besciamella e di ragù di verdure e ripetere le operazioni sino ad esaurimento degli ingredienti, terminando con ragù e besciamella. Porre la pirofila in forno preriscaldato a 180° per 15 minuti, sfornarla, farla intiepidire qualche minuto, sollevare la carta da forno e sformare il tortino su un piatto da portata


Piccoli Bocconcini Caldi con Formaggio

Per 4 persone

120 gr di farina, 100 gr di burro, 1 uovo, 80 gr di parmigiano grattugiato, 50 gr di Emmental, 60 gr di nocciole sgusciate e tostate.

Ridurre il burro a dadini e farlo ammorbidire a temperatura ambiente. 
Grattugiare i due formaggi. 
In una ciotola versare la farina, l’uovo e i formaggi e impastare bene il tutto. Unirvi il burro e lavorare energicamente sino ad ottenere un impasto omogeneo. Avvolgerlo nella pellicola e lasciarlo riposare in frigorifero per un’ora. 
Su di un piano leggermente infarinato, stendere l’impasto con l’aiuto del mattarello ad uno spessore di 5 mm e ritagliare tanti quadrati di 3 cm di lato. Mettere al centro di ogni quadrato una nocciola. 
Coprire con carta da forno la placca del forno, appoggiarvi i quadratini, leggermente distanziati e farli cuocere a forno preriscaldato a 180° per 15 minuti. Sfornarli, lasciare raffreddare. Ottimi serviti come antipasto in compagnia di salumi e insalate varie.

sabato 29 marzo 2014

Pensieri: Saluto...


Marino Marquardt - foto di Scienze fanpage


In Sud-Africa c'è un albero di baobab vecchio di 2000 anni, conosciuto come l'albero della vita.
Non dobbiamo mai dimenticare chi siamo, né da dove veniamo.

 Buona serata a tutti!

Pensieri: Saluto


Signore, Aiutaci!!!

Buona giornata a Tutti!

Michele Francesco Monty

Lo Sapevate Che: Il Modello Europeo più Forte Che Mai...


Da molti anni si è imposta fra noi un’interpretazione tragica della globalizzazione. L’impatto della competizione fra l’Occidente e le potenze emergenti come Cina, India, Vietnam o Brasile – ci è stato spiegato – ci risucchia verso il basso.
Per  non soccombere dobbiamo scendere sempre di più, adattare i nostri costi a quelli cinesi, quindi rinunciare a tante conquiste sociali, a tanti diritti, a tante regole. Per combattere ad armi pari con chi è più povero di noi, insomma, dobbiamo impoverirci. Potremmo chiamarlo anche il “teorema Marchionne”, perché in Italia l’amministratore delegato del gruppo Fiat-Chrysler ha contribuito con le sue scelte aziendali a diffondere l’idea che queste sono le conseguenze ineluttabili della globalizzazione. Nel mondo delle grandi imprese multinazionali questo discorso viene presentato come oggettivo, neutrale, scientifico: è inutile opporsi alla realtà delle cose, alle regole che la globalizzazione impone a tutti i soggetti del mercato. Se tre miliardi di asiatici sono integrati a pieno titolo nell’economia mondiale, è sciocco far finta che questo non abbia conseguenze; è assurdo pensare di poter continuare a produrre nelle stesse condizioni (salari, diritti, tutele, rigidità) che vigevano in Italia negli anni Settanta quando ancora la Cina era un’economia chiusa.
E’anche in quest’ottica che il modello americano ci è stato presentato come superiore  al nostro. E’ più flessibile, pronto a rispondere ai diktat della competizione, se necessario con sacrifici tremendi. Un esempio recente, e importante  per noi: quando si è trattato di salvare l’industria automobilistica di Detroit che nel 2008-2009 rischiava di scomparire, pur di evitare il fallimento di General Motors e Chryler, il sindacato dei metalmeccanici (United Auto Workers) ha accettato un brutale taglio dei salari. I nuovi assunti guadagnano grosso modo  la metà, rispetto ai salari in vigore prima della crisi. La metà! Questa sì, è flessibilità. Questa è la ragione per cui Sergio Marchionne preferisce senz’altro trattare con i sindacalisti americani, e spostare negli Stati Uniti il baricentro del gruppo Fiat-. Crysler . Se l’America  riesce a ricostruire – lentamente, parzialmente – un po’ di quel tessuto industriale che era stato devastato dalle delocalizzazioni in Asia, è anche grazie a questo tipo di rinunce.
Esiste però un altro modello, molto più vicino a noi. E’ la Germania. So che non è facile elogiare il modello tedesco, in una fase in cui questo paese è associato alle politiche di austerity che l’eurozona ha adottato. Un giorno sì e uno no, la cancelliera tedesca Angela Merkel viene descritta come la responsabile dei sacrifici imposti a intere nazioni: Grecia, Portogallo, Spagna, anche l’Italia. Quasi tutta l’intellighezia di sinistra, sulle due sponde dell’Atlantico, accusa la Germania di disfare l’Unione Europea, con il suo dogmatismo in materia di finanza pubblica.
(….)
Federico Rampini – “Non ci possiamo più permettere uno Stato sociale”


Lo Sapevate Che: Il Vetro Soffiato...


Quel Desiderio di Pensare Dio

E’ il solo modo di dargli una forma,
Altrimenti per gli umani sarebbe inesistente

Temo che non avrò il tempo (anche se la voglia c’è) di leggere il manuale in tre volumi dal titolo “Storia della filosofia” curato da Umberto Eco e Riccardo Fedriga e edito da Laterza. E’ una storia del pensiero (della quale per ora è uscito il primo volume) che interessa tutti per la semplice ragione che il pensiero nasce dal nostro cervello, dal nostro corpo e dagli istinti  dai quali siamo animati, è il solo elemento che ci distingue dagli animali. Ma in che modo? E che cos’è il pensiero? Il manuale queste domande se le pone insieme ad una quantità di altre  che spaziano nei nostri sentimenti, nelle nostre ideologie, nel nostro vivere e nelle possibili alternative. In un certo senso, sfogliando questo manuale che è anche integrato da descrizioni delle diverse civiltà e società che hanno periodizzato la nostra storia, si colgono i “fondamentali” che caratterizzano la nostra specie. Anzi si coglie il “fondamentale” dal quale tutti gli altri si dipanano ed è, secondo me, una domanda: io chi sono? Riferita contemporaneamente all’individuo che se la pone e alla specie dell’homo sapiens cui apparteniamo.
Queste Due Domande sono all’origine di tutte le altre e definiscono la nostra differenza dagli altri animali poiché non risulta che gli altri animali siano in grado di porsele. Gli animali sono animati da istinti primari, quelli che servono a tenerli in vita e a procreare. Alcuni di loro hanno anche sentimenti e memoria, ma non di sé, non si vedono e non si sentono vivere e quindi il loro pensiero (ammesso che si voglia impropriamente usare questa parola) e il loro linguaggio sono profondamente diversi dal nostro. Parliamo ovviamente di animali superiori e non di esseri viventi allo stadio di molluschi o vermi o esseri cellulari.
Allora, la domanda che caratterizza l’homo sapiens è: io chi sono? La risposa può esser data soltanto intraprendendo contemporaneamente due percorsi: quello all’interno del se stesso e quello del mondo circostante. Entrambi questi percorsi, resi possibili dal fatto che noi siamo in grado di osservare noi stessi dal di fuori, presuppongono una continua esperienza del sé e degli altri ed è proprio per consentire le risposte che è nato il “sapere”, cioè il desiderio e il bisogno di conoscenza.
Il “fatti non foste a viver come bruti” unisce insieme Ulisse, cioè Omero chiunque egli fosse, e Dante rappresentando quindi uno dei punti più alti della nostra cultura occidentale.
Il viaggio dell’ Ulisse dantesco oltrepassa  le colonne d’Ercole che rappresentavano il limite oltre il quale l’uomo non poteva andare. Geograficamente è il braccio di mare che corrisponde alo Stretto di Gibilterra e mete in comunicazione il Mediterraneo con l’Atlantico, ma quel viaggio termina drammaticamente: in vista di una montagna immensa i flutti divengono tempestosi, la nave affonda e gli uomini muoiono “infin che il mar fu sopra noi richiuso”.
Questo è il racconto affascinante che l’anima di Ulisse rivela al poeta; ma qal è il suo significato che possiamo ricostruire poiché Dante non ce lo dice? Che cosa rappresenta quella montagna? Un’interpretazione a sfondo teologico ritiene che essa raffiguri il Purgatorio o addirittura il Paradiso che sono regni celesti dove le virtù  degli uomini vengono premiate ma che sono preclusi ad Ulisse che aveva commesso molti peccati in vita e sarebbe perciò stato relegato all’Inferno dove infatti Dante e il suo accompagnatore Virgilio lo trovano. Un’altra interpretazione – filosofica e laica – ravvisa in quella montagna la sede della verità assoluta che l’uomo non può raggiungere perché la verità assoluta non esiste, la mente dell’uomo non è in grado di pensarla a ciò che non è pensabile.
Dio E’ Pensabile Perché è l’uomo ad averlo raffigurato con attributi e sentimenti umani; è una figura antropomorfa. Quando l’uomo gli toglie quegli attributi e quei sentimenti anche Dio diventa impensabile e quindi per l’uomo inesistente. Dio muore se non è più raffigurato con caratteristiche antropomorfiche e comunque morirà per tutti quando la nostra specie si estinguerà.
Ma scomparirà anche l’Universo o gli Universi? Se tutto l’esistente scomparisse insieme alla nostra specie, se non ci fossero più né stelle né galassie né particelle elementari né onde e campi magnetici, ci sarebbe il nulla. Attenzione: non il vuoto ma il nulla cioè neppure il vuoto che è uno spazio. Il nulla non è pensabile poiché non prevede il proprio opposto.
Fin qui arriva la conoscenza di quanto ci circonda e le risposte essenziali sono dunque queste: la verità assoluta non è pesabile, un Dio privo di attributi antropomorfi non è pensabile alla nostra mente, il nulla non è pensabile e ciò che non è pensabile dalla nostra mente è per la nostra mente inesistente.
Qualche Domanda ancora: una forza creatrice è pensabile? Sì, lo è e quindi per la nostra mente esiste. Ma se si tratta di una forza creatrice, è pensabile un “prima” della forza creatrice? La risposta è no. Se la forza è creatrice essa crea in continuazione, per noi non esiste né un prima né un dopo perché la forza creatrice non può far altro che creare, senza inizio e senza fine.  E che cosa crea? Crea le forme. Possiamo darle un nome? Qualunque nome:   Dio, Cosmo, Caos, Essere, Energia, Natura; qualunque nome, visto che siamo provvisti di immaginazione. Ma possiamo anche designarla con un algorismo, esprimerla con una formula matematica. Le forme hanno un principio e quindi un fine. Nascono e muoiono, nascono come cose create e si disfano tornando ad essere forza creatrice senza forma. L’Essere esiste in permanenza ma si esprime creando, quindi l’Essere sta e diviene senza soluzione di continuità e senza tempo. Il tempo è una categoria mentale dell’homo sapiens così come lo spazi. La forza creatrice sta in tutte le forme e con esse diviene, è immanente a tutte le forme ed è questo il solo modo in cui è pensabile, non astratto ma concreto.
Benedetto Croce parlò di universale concreto, Spinoza (e Nietzsche dopo di lui) disse: “Deus sive natura”. Questo è l’Essere che sta e diviene; nella storia della filosofia tiene insieme Parmenide ed Eraclito.
Il viaggio dentro noi stessi è un’altra cosa. Sempre alla ricerca della conoscenza ma limitato all’esplorazione dell’io. (…)
Eugenio Scalfari – L’Espresso – 20 marzo 2014


Piatti Speciali con Carne Bianca....


Tacos Piccanti al Pollo, ricetta Messicana

Per 8 persone

Farina di mais, 1 cucchiaino di pepe, ½ cucchiaino di prezzemolo tritato, ½ cucchiaino di cumino in polvere, ½ cucchiaino di origano, 1 spicchio d’aglio, ½ kg di petto di pollo, latte, farina, 8 tortillas (ricetta al fondo), salsa cruda (ricetta al fondo), una piccola caciotta, qualche foglia di lattuga, olio, sale.

In una ciotola mescolare 4 cucchiai di farina di mais, 1 cucchiaio di pepe, ½ cucchiaino di prezzemolo tritato, ½ cucchiaino di cumino in polvere, ½ cucchiaino di origano, 1 spicchio d’aglio tritato e schiacciato e ½ cucchiaino di sale. 
Tagliare a pezzi di tre cm per 5, il petto di pollo, intingere i pezzi in 2 dl di latte, infarinarli nella farina bianca, passarli nuovamente nel latte e rotolarli così bagnati nel preparato di farina di mais. 
Friggete i pezzi di pollo in una padella con olio ben caldo, scolarli quando saranno dorati da tutte le parti e distribuirli in 8 tortillas calde, piegate a U. 
Coprirli generosamente con salsa cruda, aggiungere qualche strisciolina di lattuga e listerelle di formaggio caciotta e servire. 
Volendo si passano i Tacos al forno sino a fondere il formaggio.


per le Tortillas Messicane di mais

Per 8 persone

200 gr di farina di mais, 200 gr di farina di frumento, 2 cucchiai di burro, 1 cucchiaio di olio, ½ cucchiaino di sale, 2 dl di acqua calda.

Lavorare la pasta, aggiungendo alla farina, burro, olio e sale, l’acqua poco a poco. La palla di pasta ottenuta avvolgetela nella pellicola. Lasciate riposare in luogo fresco per mezz’ora. 
Dividete la pasta in palline di circa 5 centimetri di diametro e metterle una alla volta tra due fogli di carta oleata e con un mattarello, premendo dal centro verso l’esterno, formare dei dischi di circa 15-18 cm. 
Disporre le tortillas, divise nelle carte una sopra l’altra, avvolte in un canovaccio, in frigorifero, sino al momento del loro utilizzo.
Si possono utilizzare al posto del pane e in questo caso vengono cotte due minuti per parte o su una piastra o in una padella.
Oppure vengono utilizzate per racchiudere svariate preparazioni che si cuociono in forno o si friggono in padella. (per esempio farcirle con insalate, verdure a tocchetti stufate o a vapore, carne del tipo che preferite a fettine sottili, formaggi vari e salse a piacere,


per la Salsa cruda:

Per circa 5 dl

Un grosso pomodoro maturo, 1 cipolla, 1 spicchio d’aglio, 2 porri, 4 peperoncini verdi piccanti, sale e pepe.
Tagliare a dadini, un grosso pomodoro maturo, non pelato. Tritare la cipolla, lo spicchio d’aglio e la parte bianca dei due porri. Sminuzzare i peperoncini verdi. Mescolare il tutto, salare e pepare a piacere e lasciare riposare almeno per mezz’ora prima di utilizzare.


Coniglio al "Civet", ricetta Piemontese

Per 6 persone

1 coniglio di 2 kg completo di fegato, 1 cipolla, un gambo di sedano, una carota, uno spicchio d’aglio, rosmarino, alloro, salvia, 6 chiodi di garofano, un pezzo di cannella, 6 bacche di ginepro, 5 grani di pepe, 1 lt e ½ di vino corposo rosso, sale, olio.

Lavare il coniglio e ridurlo a pezzetti, mantenendo intero il fegato. 
Pulire tutte le verdure e gli aromi.
Tagliare a metà la cipolla e fette grosse, il gambo di sedano e la carota a tocchetti, l’aglio a fette. 
In un grande contenitore mettere tutto il coniglio, aggiungere le verdure, i gusti, le droghe, il fegato e coprire con tutto il vino. Lasciare in infusione per una notte. Prelevare i pezzi di coniglio, le verdure e gli aromi con una paletta forata e metterli in un tegame con 4 cucchiai di olio. Fare rosolare il tutto per 10 minuti, rigirandoli ogni tanto. Aggiungere il vino di infusione. Fare cuocere per 2 ore, adagio, controllando che non manchi il vino, se no aggiungere un po’ di acqua calda. Verso fine cottura unire il fegato. 
Prelevare tutti i pezzi del coniglio e il fegato. 
Passare dal passaverdura il fondo di cottura con le verdure, i gusti ed il fegato. Rimettere nella casseruola i pezzi di coniglio con il passato. Servirlo caldo, accompagnando con una morbida polenta. E Buon Appetito!!!



Tacchino in Gelatina all'Aglio, ricetta Rumena

Per 6 persone

1 Coscia di tacchino, 1 patata, 1 cipolla, 1 carota, 5 spicchi d’aglio, 1 confezione da 500 gr per gelatina, sale.

Lavare e asciugare la coscia. Metterla a bollire nell’acqua con patata, cipolla carota e un poco di sale. Fare bollire per 2 ore, a fuoco lentissimo. 
Eliminare la verdura, spolpare la carne e sistemarla in un piatto da portata fondo, o in ciotole individuali.
Usare ½ lt di brodo di tacchino e sciogliere la confezione di gelatina. Unire per raffreddare un altro mezzo litro di brodo di tacchino. Schiacciare l’aglio con l’apposito utensile. Unirlo Nel brodo preparato per la gelatina. 
Lasciare raffreddare completamente, passarlo attraverso il colino e unire nel piatto dove è la carne.
Tenere in frigo, coperto, sino al momento di servire,.
 Un modo diverso e gustoso per usare la carne di tacchino e mangiarla, anzi divorarla con voracità.....

venerdì 28 marzo 2014

Pensieri: Saluto ...


Giuseppe Franco Arguto -

Vorrei dirti amico mio che hai perso una buona opportunità
Probabilmente non ti piace leggere le persone che ti dicono quello che pensano di te, ovvero ti hanno detto quello che non vuoi sentirti dire.
Per questo amico mio credi che la tua personalità sia insidiata.
Se alcune parole ti hanno fatto male vuol dire:
- che ci tenevi a chi le ha pronunciate;
- che sono parte di una verità che non vuoi sentirti dire.
Vorrei dirti amico mio che le buone e sane amicizie crescono sulle profonde radici del cuore e il cuore ha bisogno di luce e non di oscurità, ossia ha bisogno di sincerità e chiarezza d’intenti e non di mezze verità.
Giuseppe Franco Arguto


Buona serata a tutti!

Pensieri: Saluto...


Michele Francesco Monty - foto di <3 I link di PAKY <3

Buona giornata a tutti!

Lo Sapevate Che: Sono Sposato a una Bio Devota...


L’amore ai tempi del seitan non è facile, se vivi con una integralista del cibo bio. Confessioni di un marito in crisi alimentare: diviso tra un passato dal sapore chimico e un presente profumato di granaglie

La sintesi perfetta della questione la coniò mio figlio Eugenio in un tema di terza elementare. Dopo sperticate lodi alla madre, piazzò un’unica critica: “La mamma, però, è un po’ fissata con il biologico. A volte a colazione mi dà una cosa che lei chiama miglio, ma a me sembra polistirolo”. La maestra della scuola Montassori, pur abituata alle scelte alternative, aveva riso molto. Io no. La convivenza con un’integralista del cibo totalmente naturale non è per niente facile: ogni piatto nasconde un ingrediente misterioso. Io e Laura stiamo assieme da 27 anni, durante i quali ho assistito alla sua trasformazione in una Giovanna d’Arco della rivoluzione biologica, pronta a mettere al bando qualunque alimento impuro. La nostra cucina è una fortezza dove le pietanze industriali non possono penetrare: le etichette sono sottoposte a un esame spietato, dalla località di origine (che deve essere lontana da zone notoriamente inquinate) alla garanzia di immunità da ogni genere di additivo, conservante, colorante o antiparassitario. Così la dispensa si è popolata di marchi esoterici e vegetali esotici, che promettono di essere gli ultimi germogli di un paradiso perduto. Un universo parallelo dove la pasta è solo di Kamut, la Nutella viene rimpiazzata dalla crema di nocciole Igp, e puoi imbatterti addirittura in biscotti all’amaranto. Lei sostiene che siano tutti più sani e più buoni. Io le credo solo a metà. Certo, l’amore è cieco, ma deve proprio perdere anche il palato Per quanto mi riguarda, da cultore del caffè espresso, l’esperienza più ardita è stata “il cicorione”. Era la bevanda del neorealismo, il surrogato a base di verdure e radici imposto all’Italia del Poveri ma belli dalle ristrettezze della guerra: un intruglio marrone scuro che ritenevo estinto da almeno mezzo secolo. E invece il nefasto liquido è risorto nella mia tazzina da moka una domenica mattina. Il primo sorso è stato una pugnalata, dritta nella gola. Mia moglie ha sorriso placida, guardandomi dall’alto in basso come fosse ispirata da una sapienza superiore: “E’ fatto con cicoria e ghiande, così riduci la caffeina. Ed eviti tutti i composti nocivi con cui trattano la buccia dei chicchi di caffè…”.
Io vengo dall’educazione ad alta sofisticazione degli anni Settanta, quella dei gelati in technicolor per i coloranti rosso fuoco, e delle merendine da  premio Nobel per la chimica. Sono cresciuto in una famiglia con scorte private di Ddt perché mio padre ripeteva: “Sì, l’hanno proibito e sarà pure pericoloso, ma è l’unica cosa che stermina qualunque insetto”. Il passaggio da questo pianeta artificiale a un mondo bucolico in cui si compongono austere insalate di quinoa. Perché il bio non è solo una questione di pietanze, ma un vero stile di vita.
La settimana bianca in Alto Adige per lei è un pellegrinaggio nei santuari del cibo incontaminato: latte di caprette che ricordano quelle di Heidi, succhi di frutta d’alta quota, confetture extravergini. Una volta mi ha convinto a scortarla direttamente dai produttori, e mi sono ritrovato alla ricerca di masi sperduti, tra Alpeggi dai nomi tedeschi irripetibili. Davanti alle mappe con percorsi da rally, ho provato invano a convincerla: “Forse non ne vale la pena…”. Inutile. Non era shopping, era una crociata. Non mi è rimasto che sdrammatizzare: “Bio lo vuole!”. Così ho guidato lungo mulattiere che costeggiavano dirupi da vertigine, e tratturi che nemmeno gli sherpa himalayani. Io resto convinto che si potessero acquistare comodamente su Internet, ma vuoi mettere il fascino di raggiungere le sorgenti della bontà più immacolata?
Del resto preferisco quelle avventure dolomitiche ai templi metropolitani dove si riforniscono le bio-devote. A Roma come a Milano, spesso questi sacrari si somigliano tutti: piccoli market rivestiti di legno, illuminati da lampade a basso consumo fioche come candele, a metà strada tra un fienile e una chiesa. Lì dentro si comunica in un lessico settario: un esperanto di tofu e Kefir, in cui tutto suona minimal tranne i prezzi. In compenso, si possono trovare pagnotte realizzate con ogni sorta di cereale tranne la farina bianca. Le vere pasdaran però il pane non lo comprano: lo preparano da sole, secondo il culto del lievito madre. La fondamentalista con cui vivo si trasforma settimanalmente in fornarina, e pur di non mancare l’appuntamento è disposta a impastare anche in piena notte. Al risveglio i risultati sono eccezionali, lo riconosco: la casa è ancora invasa dal profumo e si spalma la marmellata su fette soffici, ancorché integrali e cosparse di semini. Nulla a che vedere con il durissimo panino casalingo di About a Boy, quello che Hugh Grant gettava alle anatre del laghetto abbattendole sul colpo.
Più di tutto, comunque, è stata messa a dura prova la mia indole carnivora. Non mi rassegno agli hamburger di seitan e alghe, che lei spiattella radiosa : “Buoni no? Meglio della chianina”. Viceversa, confesso di aver riscoperto il gusto ruspante del pollo d’altri tempi (la carne bianca può godere di un salvacondotto, purchè dimostri di essere scevra di antibiotici e anabolizzanti), grazie agli animali che razzolano in semilibertà. Una cosa però proprio non mi va giù: sapere che, in fondo, quei pennuti privilegiati mangiano le stesse cose che vengono propinate a me. Granaglia più, granaglia meno.
Gianluca Di Feo – Donna di Repubblica – 22 marzo 201

Lo Sapevate Che: Questa Settimana...



Chi ha paura dei nuovi mandarini

Le imprese aspettano miliardi di crediti dallo Stato. I soldi ci sono, le leggi pure, ma qualcuno frena.
I superburocrati.
Che bloccano anche i tagli di spesa. E spesso comandano più del governo.
Come arginarli?

Raccontava Giulio Andreotti che, ministro delle Finanze per la prima volta, correva l’anno 1958, aveva convocato gli alti dirigenti del ministero per comunicare loro l’intenzione di nominare il direttore generale un grand commis di sua fiducia. Quando però il più anziano dei convenuti gli fece notare che , sì, lui era pure il ministro, ma prassi voleva che il direttore generale venisse scelto tra i dirigenti stessi, non fuori dell’amministrazione. Una specie di rituale passaggio del testimone celebrato all’interno della stessa cerchia di alti burocrati. Andreotti capì e annuì, ma convocò tutti per il giorno dopo. Per informarli che aveva appena cooptato il suo uomo, tra i dirigenti del dicastero. Passate altre ventiquattr’ore lo nominò direttore generale. Rispettando così la prassi e allo stesso tempo andreottianamente aggirandola
Quella volta vinse dunque la politica politicante, ma da allora il braccio di ferro si è sempre pervicacemente riproposto. Fino a che è parso però che la politica arretrasse, impaurita e condizionata. Ha scritto il nostro Michele Ainis: “I partiti hanno divorato gli apparati burocratici, distruggendone l’imparzialità prescritta dall’articolo 97 della Carta, pretendendo di scegliersi capi e sottocapi attraverso lo spoils system”; ma “il dirigente selezionato per meriti politici diventa giocoforza un politico lui stesso, acquista l’autorità per governare in luogo del governo, si sostituisce legittimamente al suo ministro”. Càpita che il civil servant cerchi di spodestare il suo re….
Bel Problema. Sbarcando a Palazzo Chigi – lo ha svelato Sergio Rizzo, “Corriere della Sera” – Matteo Renzi aveva pensato a una norma che impedisse a consiglieri di Stato e giudici del Tar di occupare i vertici dei ministeri. Non se n’è fatto sulla. Così i neoministri hanno cercato di aggirare l’ostacolo sostituendo qualche grand commis con personaggi fuori del giro, ma si sono dovuti arrestare  dinanzi ad alcuni intoccabili che da anni governano Infrastrutture, Sviluppo, Economia…
E però questa – per dirla con lo stesso Renzi – è la madre di tutte le battaglie. E premier da poche ore, fece un esempio: “Lo sapete che ci sono 258 decreti attuativi da sbloccare? 258 leggi che non possono essere applicate perché i dossier sono fermi nei cassetti di qualche ufficio. Ecco, per sterzare, il paese ha bisogno che tutto questo non accada più”. Bloccati pure i tagli di spesa. Qualcuno sospetta che i nuovi mandarini usino il loro potere di interdizione solo per fare lo sgambetto a ministri e governi.
 Allora Meglio si comprende la decisione di Renzi di blindare Palazzo Chigi con una task force che vigili sull’applicazione delle leggi, specie economiche, ed eviti che le burocrazie prendano il sopravvento (lo fece anche D’Alema premier e tra i suoi corazzieri, guarda un po’, c’era Pier Carlo Padoan, oggi ministro dell’Economia). E non è un caso che del team faccia parte anche Roberto Perotti, l’economista che da tempo tuona contro gli stipendi d’oro dei superburocratici – i meglio pagati d’Europa: dal 40 all’80 per cento in più nei gradi più alti – e il loro strapotere: Vengono alla mente i saggi di papa Bergoglio, scelti uno a uno per arginare la Curia e ripulire lo Ior….
E il braccio di ferro continua. Il governo Letta aveva disposto il pagamento immediato dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Facile a dirsi. Qualcuno deve accertare il debito, certificarlo e firmare il “visto, si paghi”. E chi se la piglia questa responsabilità a rischio Corte dei Conti? A Franco Bassanini era allora venuta un’idea: l’impresa va in banca e sconta il suo  credito con la garanzia della Cassa depositi e prestiti. Semplice, no? Sì, se non fosse che la burocrazia del Tesoro ha spinto il pedale del freno e dei 9° miliardi che le aziende aspettano ne sono stati rimborsati 22,7.
Insomma, non è solo un problema di sprechi e di superstipendi, che pure c’è, ma di ridisegnare i labili confini tra governo e amministrazione, capire chi comanda dove e chi decide cosa, di scegliere (non cooptare) i dirigenti, magari per concorso. Renato Brunetta ci aveva pensato e la legge sui concorsi l’aveva presentata. Poi  qualcuno  l’ha chiusa in un cassetto.
Twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 27 marzo 2014 –


Delizia Dolce!....


Bavarese al Cioccolato Amaro

Per 6 persone

6 tuorli d’uovo, 6 fogli di gelatina, 130 gr di zucchero, 3 dl di latte, 300 gr di panna, 1 etto di cioccolato, nocciole tostate e tritate, 1 bustina di vanillina, burro.


In una terrina con la frusta lavorate i tuorli d’uovo e lo zucchero con la frusta sino ad ottenere un composto spumoso e biancastro. Aggiungete la bustina di vanillina nel latte, mescolate e unite al composto, mescolando bene. Fate cuocere a bagno maria sempre frullando, sino a raggiungere il bollore e al relativo ispessimento della crema. 
Fate fondere sul fuoco la gelatina in 2 cucchiai d’acqua. 
Fate intiepidire e unite alla crema calda. Prima che la crema si rapprenda, aggiungete anche la panna montata e le nocciole tritate. 
Versate nello stampo unto di burro e tenere in frigorifero per 3 ore. 
Al momento di servire, versate nelle coppe e guarnite con il cioccolato grattugiato. 

Venerdì: Senza Colesterolo: Il Pesce...


Branzino Al Sale Marino 


Per 4 persone

1 branzino di circa 1,400 kg, 2 kg di sale marino grosso da cucina, un pizzico di timo, di finocchio selvatico, rosmarino, aneto, 1 cucchiaino di pepe nero.


Pulire e squamare il pesce. Lavarlo sotto l’acqua corrente dentro e fuori, asciugarlo delicatamente con carta da cucina. 
Riempire il pesce con le erbe e il pepe. Preparare il forno portandolo a una temperatura di 200°.
Versare 1 kg di sale in una pirofila rettangolare che possa contenere il pesce disteso. Appoggiarvi il branzino e ricoprirlo bene con l’altro chilo di sale. Pigiare leggermente la superficie e inumidirla con acqua con l’aiuto di un piccolo spruzzatore. 
Fare cuocere nel forno preriscaldato per 40 minuti. Sfornare e rompere la crosta di sale, estrarre il branzino e filettarlo nel piatto di portata. 


Zuppetta Semplice di Pesce


Per 4 persone

100 gr di tubettini rigati, 400 gr di coda di rospo, 2 calamari, 1 kg di cozze, 1 carota, 1 cipolla, 2 foglie di alloro, prezzemolo, timo, vino bianco secco, olio, sale, pepe nero.

Tritate finemente la carota e la cipolla, mondate.
Tagliate a pezzetti la coda di rospo e svuotate le sacche dei calamari, tagliatele ad anelli, quindi private i tentacoli del becco centrale e degli occhi.  
In una casseruola con 2 cucchiai d’olio, fate appassire il trito di carota e cipolla, poi unite la coda di rospo e i calamari. Pepate, regolate di sale, aggiungete 2 dl di vino bianco. Fate riprendere l’ebollizione, unite l’alloro, il timo e un litro di acqua calda. Coprite la casseruola con un coperchio, cuocete a fuoco dolce per 30 minuti. 
Pulite e lavate accuratamente le cozze, mettetele in un tegame con uno spruzzo di vino, fatele aprire a fuoco vivo, filtrate con un canovaccio il liquido di cottura e aggiungetelo alla minestra. Regolate di sale, portate ad ebollizione e aggiungete la pasta, portandola a cottura, aggiungete quindi il prezzemolo tritato, una macinata di pepe e le cozze, metà sgusciate e metà col guscio. Mescolate bene, servite la minestra calda.


Polpo e Spinaci

Per 4 persone

1 polpo di circa 800 gr fresco, 1 spicchio d’aglio, 4 pomodori maturi (o una scatola di pelati da gr. 250), ½kg di spinaci, peperoncino in polvere, vino bianco secco, olio, sale.

Pulire il polpo, togliendo le interiora contenute nella sacca, l’occhio, il becco che si trova alla base dei tentacoli. Lavarlo bene sotto l’acqua corrente. Tagliarlo a rondelle. 
In una casseruola con 4 cucchiai d’olio caldi, unire a dadini i pomodori e il polpo, un pizzico di sale e una presa di peperoncino. Fare cuocere a fuoco dolce, coprendo col coperchio, finchè il liquido sia ridotto. Aggiungere 1 bicchiere di vino bianco e lasciare evaporare. Tastare con i rebbi di una forchetta la morbidezza del pesce e terminare la cottura. 
Nel mentre pulire e lavare accuratamente gli spinaci. 
In una padella soffriggere l’aglio in 3 cucchiai d’olio, e far saltare gli spinaci. Salare q.b. A fine cottura mettere gli spinaci distesi su un vassoio da portata e adagiarvi sopra il polpo.

giovedì 27 marzo 2014

Pensieri: Saluto...


   Liana Dainese

Verissimo,....attenzione!

Buona serata a tutti!

Pensieri: Saluto...


Roberto Tona- foto di Fampage.it


Mangiare comodamente seduti su un albero e osservare questo fantastico panorama: direttamente sul Golfo del Siam.
Lo fareste?

 Buona giornata a tutti!

Lo Sapevate Che: Perchè Narciso Non Vale L'Amore...



Secondo il mito, quando amiamo chi non sa amare, dobbiamo attenderci le punizioni di Eros. Nella realtà , vuol dire imparare a non credersi onnipotenti

Sono una psicoterapeuta e insegno in una scuola di formazione in psicoterapia relazionale, dove le sue pagine sono un utile materiale di riflessione e di confronto per le discussioni con i miei allievi. Le scrivo a proposito del narcisismo, tema che più volte lei ha affrontato, e che secondo me oggi è di grande attualità.
Vorrei interrogarmi e interrogarla circa la “relazione narcisistica”, ampliando lo  sguardo sulla ninfa Eco che, nel mito, di Narciso è vittima- per intenderci e tornare al “miracolo dell’amore” che Lei auspicava per il collega psicologo narcisista che in una lettera le sottoponeva i suoi tormenti.
Nella mia esperienza clinica vedo tante donne spesso belle, intelligenti e affascinanti, che fanno a pezzi la loro vita rincorrendo questo “miracolo d’amore”. Non smetto mai di sorprendermi per la quantità di energia che sono disposte a investire in questa relazione “disperante” che, proprio nell’accanimento onnipotente a diventare “qualcuno” per il partner (per il quale sono invece solo estensione narcisista del sé) trova la sua marca patologica. Quando pare che, ridotte ormai come Eco nel mito, si decidano a mollare, ecco che si riattiva il gioco del partner che, proprio nella conquista di donne così importanti, alimenta il senso del suo sé (il cosiddetto “amore”). Poiché poi il narcisista è un magnifico incantatore, ci riesce  e tutto ricomincia, anche il dolore che si cronicizza in sofferenza. Vorrei che le sue pagine, che sono un riferimento per tante donne, lo scrivesse, che il miracolo dell’amore non consiste nel cambiare l’altro, semmai nella possibilità che, attraverso l’altro, ci è data di cambiare noi stessi. Per esempio facendo quanto è possibile per ritrovare in noi stessi il senso del nostro vivere, senza delegarlo al valore che l’altro è disposto a riconoscergli.
Maria Luisa Campobasso

Narciso era un giovane bellissimo circondato dall’amore e dall’ammirazione di quanti lo incontravano, ma alle profferte d’amore, che pure lo gratificavano restava indifferente. Un giorno, di Narciso si innamorò la ninfa Eco che, non ricambiata e respinta, si consumò di dolore fino a morirne. Di lei rimase solo il ritorno della sua voce, l’eco appunto.
Questo è il destino che attende le donne che amano i narcisisti, spinte dalla persuasione, tutta femminile, di poter cambiare col tempo e con le loro premure gli uomini che amano.
Questa convinzione, che penso abbia le sue radici nello sfondo di onnipotenza presente in ogni donna – forse derivate dal fatto che, in quanto generatrice, la donna ha il potere di vita e di morte – è tipico non solo di colei che ama i narcisisti, sopportando ogni sorta di frustrazione e delusione, ma anche di chi ama i violenti, subendo ogni sorta di brutalità maltrattamento, abuso, sopraffazione, come ogni giorno le cronache ci riferiscono.
E allora è bene che le donne ricordino che possono generare i bambini, ma non ri-generare gli adulti, ormai solidificati e direi anche pietrificati nella loro identità.
L’amore, è vero, è una potenza che può trasformare gli uomini. Ma non i narcisisti, che sono tali proprio, oltre a se stessi, non sanno amare nessun altro. Lo stesso Freud riteneva che non ci fosse cura per loro, per il semplice fatto che, incapaci di una relazione con l’altro da sé, non sono in grado di instaurare una relazione emotiva neppure con il loro terapeuta.
Eppure incontrare un narcisista e innamorarsi di lui non è del tutto inutile, perché la sofferenza che si accumula in questa relazione può indurre la donna, se saggia, a ridurre il suo vissuto di onnipotenza ed evitare così l’autoinganno che le fa credere che, insistendo, possa cambiare le cose. Capisco che l’idea di riuscire a cambiare le cose costituisce per la donna a sua volta una gratificazione narcisista, ma siccome il tentativo non approda, è inutile sprecare la propria esistenza per gratificazioni narcisistiche che comunque non arrivano.
E allora la conclusione è quella indicata dalla psicoterapeuta che ha scritto questa lettera, ove si lascia intendere che amore non è solo conoscenza dell’altro, ma innanzitutto conoscenza di sé, nelle regioni, mai frequentate, dove veniamo a trovarci quando ci innamoriamo.
Nello scenario tutto nuovo che amore dischiude possiamo possiamo conoscere, oltre alle nostre virtù che prima ignoravamo, anche i nostri limiti che nessun desiderio, neanche il più spasmodico, può superare. E il primo limite che dobbiamo riconoscere è quello della onnipotenza che la follia d’amore alimenta in noi, lasciando il narcisista, che non sa amare, nella più assoluta indifferenza.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 22 marzo 2014


Lo Sapevate Che: Avviso ai naviganti...


Coraggio, Renzi Ancora Un Passo

La scelta di tagliare le tasse ai redditi più bassi non sarà da sola sufficiente a far ripartire la crescita, ma almeno va nella direzione giusta. Mentre perfino il Fondo monetario ora scopre i danni provocati dall’austerità

Diventa  sempre più evidente come la forte disuguaglianza dei redditi agisca a detrimento della stabilità macroeconomica e della crescita. L’ennesima intemerata del Nobel Paul Krugman contro i cantori dell’austerità e dell’arricchimento selvaggio degli “happy few”? No – incredibile ma vero – parole così perentorie e taglienti non scritte in uno degli ultimi documenti del Fondo monetario internazionale. Già, proprio di quell’istituzione che finora è stata il presidio principale delle strategie economiche fondate sul rigido controllo dei redditi e dei consumi delle classi medie e povere nella totale noncuranza verso il fenomeno speculare della concentrazione delle ricchezze in un numero sempre più piccolo di persone o gruppi finanziari.
Presto Per Dedurre che simili giudizi siano il segno di una conversione a U del Fondo rispetto alle ottuse visioni contabili del passato. Ma un così forte accento sul tema della “disuguaglianza” indica comunque che nel dibattito economico mondiale qualcosa sta cambiando. Si sta forse riscoprendo quanto scritto da Keytus duecento anni fa. Ovvero che la concentrazione della ricchezza tende a produrre soltanto rischiose avventure finanziarie mentre l’impoverimento dei redditi da lavoro spegne i consumi diffusi così togliendo l’ossigeno indispensabile per la crescita economica. Insomma, che la lotta contro le disuguaglianze non è solo un problema di giustizia sociale ma anche di utilità economica generale.
In un’ottica italiana il richiamo a queste novità dello scenario internazionale serve a meglio a valutare il merito delle mosse annunciate dal governo Renzi. In particolare per quanto riguarda due degli impegni dichiarati: 1) la defiscalizzazione nell’ordine di dieci miliardi complessivi a favore dei redditi fino a 25 mila euro annui; 2) il taglio dell’Irap nella misura del 10 per cento finanziario attraverso un aumento del prelievo sulle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento. Fino a un minuto prima dell’annuncio ufficiale si è a lungo dibattuto se fosse più conveniente per i suoi effetti sul rilancio dell’economia concentrare la spinta dei provvedimenti sui costi delle imprese (Irap) ovvero sui redditi dei lavoratori.
E’ evidente che la scelta di Renzi fa proprie le preoccupazioni espresse (finalmente!) dal Fondo monetario. Soprattutto per un aspetto particolarmente critico della realtà italiana: quello di una continua caduta dei consumi che rischia di materializzare il minaccioso fantasma della deflazione. Può essere che dieci miliardi in più nelle buste paga non abbiano la forza di produrre quello shock risolutivo alla domanda interna che sarebbe auspicabile. Ma un punto è certo: lo stesso denaro concentrato su un maggior taglio dell’Irap a beneficio dei costi aziendali avrebbe avuto ben minore impatto di rianimazione sul sistema economico. Ne fa fede, del resto, la reazione della stessa Confindustria che ha limitato le sue proteste a quel che si può definire il minimo sindacale.
Quanto Alla Simmetria fra taglio dell’Irap e aumento del prelievo su dividendi e “capital gain”, anche in questo caso si tratta di un’operazione che sposta i benefici fiscali da investimenti meramente finanziari a impieghi più connessi all’economia reale. Quindi, di una manovra che tende a riequilibrare un’altra delle tante diseguaglianze presenti nel sistema favorendo stavolta la fascia più direttamente produttiva (anche di occupazione) dell’apparato industriale.
Allo stato, perciò, i veri dubbi che rimane lecito sollevare sugli annunci del premier Renzi sono quelli relativi alla compatibilità di una manovra per ora soltanto promessa con i limiti oggettivi di un bilancio pubblico tuttora fragile e sempre esposto ai venti capricciosi della congiuntura mondiale. Sulla direzione degli interventi, però, nulla da eccepire. In un paese, che ha perso più di metà dello scorso anno a dilaniarsi sull’Imu ovvero sui favori alla rendita immobiliare, si tratta di una svolta comunque salutare.
Massimo Riva – L’Espresso – 27 marzo 2014