Tormentone di vita quotidiana e tante ricette culinarie italiane ed estere
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lunedì 31 marzo 2014
Pensieri: Saluto...
Cassinelli Carla Bianco - foto di Aforismi e Musica
Sempre!!!
Buona serata a Tutti!
Pensieri: Saluto
Che bello alzarsi al mattino ed
avere qualcosa in cui sperare, qualcosa per cui sorridere, una vita da vivere!
Stephen Littleword
Buona giornata a tutti!
Antonia e Giuliano - Foto di (Amo - La Natura)
Lo Sapevate Che: L'Antitaliano....
Droga Libera Battaglia
Di Civiltà
Ovunque nel mondo
crescono i paesi che scelgono di liberalizzare l’uso di stupefacenti. Così si
combatte meglio la criminalità. E si svuotano le carceri.
Ma il governo italiano
va nella direzione opposta.
Jordi Evole è un giornalista spagnolo, conduttore di uno dei
programmi inchiesta più seguiti in Spagna. La trasmissione che conduce si
chiama “Salvados” e in un paese che sta vivendo una profonda crisi economica,
diventa una sorta di bussola per orientarsi nel quotidiano. Domenica 16 marzo
l’hashtag di “Salvados”era #drogasSA perché il tema della trasmissione è stato
il narcotraffico e il ruolo che la Spagna ha come porta di accesso per le
droghe provenienti dal Sudamerica in Europa. Con Jordi Evole, qualche giorno
prima, avevamo registrato un’intervista su questo argomento. Una sorta di corsa
a ostacoli perché non è facile spiegare a un paese che non è il tuo, l’entità
di un fenomeno che lo riguarda. Come puoi dire che la Spagna è la porta del
narcotraffico e che le banche spagnole siano tenute a galla dai capitali
criminali? Come è possibile che su questi temi tu ne sappia più di noi che qui
ci viviamo?
Temevo Che Le Mie
Parole avrebbero
generato le stesse reazioni indignate di quella parte di Italia che fatica a
credere che le mafie siano ormai di casa ovunque. Ma non è andata così. Ho
seguito la trasmissione in streaming e attraverso Twitter, e le reazioni sono
state incredibili. Intanto la cosa che più di tutte mi ha stupito è che il mio nome è entrato nei trend topic spagnoli e questo significa
una sola cosa:L’argomento di cui parlavamo ha riempito un vuoto, ha dato
risposte, ha spiegato a chi ha avuto la pazienza di seguire fino in fondo la
trasmissione, come sia possibile che in Spagna ci sia un tesoro che si
percepisce, che addirittura si vede e si tocca, ma di cui nessuno può
beneficiare, se non i broker di coca, cioè chi è parte integrante di questo
meccanismo. A tutto questo esiste un’unica risposta possibile: legalizzazione.
Ma il peccato originale che sconta qualunque discussione su
questo tema è che, nel tentativo di superare le difficilissime questioni morali
che pone, si prova sempre a darle un taglio utilitaristico che apre
necessariamente altre questioni irrisolte. Mi spiego meglio: la legalizzazione
delle droghe, ma anche – come ha recentemente proposto per la prima volta l’Onu
– la depenalizzazione del loro consumo, avrebbe una ricaduta immediata una
diminuzione dell’affollamento delle carceri, che in Italia è una piaga di
dimensioni apocalittiche. Ma qui si apre un’altra discussione sulla quale le
generalizzazioni o peggio le
semplificazioni hanno purtroppo sempre la meglio. “Chi si trova in carcere è lì
perché ha sbagliato”, “le carceri non sono alberghi a quattro stelle” e non vi
tedio oltre. Il punto fondamentale però è un altro. Chi fa uso di droghe non è
un criminale, ma una persona che vive un disagio: va curata con misure diverse
dalla detenzione. Inoltre, studiando i dati delle politiche proibizioniste
attuate sino a questo momento, si è chiaramente dimostrata la loro inutilità o
peggio ancora, il loro rovinoso fallimento. Infatti la tendenza mondiale è
senza dubbio alcuno quella della depenalizzazione e della legalizzazione. Sta
avvenendo ovunque, dal Canada all’Australia, dal Brasile al Cile. Fino ad
arrivare all’Uruguay che in questo momento costituisce l’avanguardia.
Questa E’ La Tendenza
Mondiale mentre in
Italia il ministro della Salute Beatrice Lorenzin reintroduce per decreto –
lamentando “un vuoto normativo” che è incapace di riempire altrimenti – le
tabelle sugli stupefacenti previste dalla Fini-Giovanardi spazzare via solo
qualche settimana fa dalla sentenza della Corte Costituzionale. Io credo che
sia legittimo domandarci di chi sia rappresentativo questo ministro, quali interessi
curi, dal momento che evidentemente non cura quelli di noi cittadini. E
soprattutto mi auguro che la sua imposizione nell’attuale governo sia rivista
in occasione delle prossime elezioni europee, quando il suo partito di
riferimento, presumibilmente, conoscerà
un ridimensionamento. Non possiamo permettere che l’Italia vada nella direzione
opposta a quella del resto del mondo: Non possiamo permetterci di voltare le
spalle a decenni di studi, alla storia, al progresso, alla modernità, ai
diritti civile e umani. Sì, perché questa è proprio una questione di civiltà.
Roberto Saviano – L’Espresso – 27 marzo 2014
Lo Sapevate Che: La Bustina di Minerva....
Il Diritto alla
Felicità
La Dichiarazione
d’indipendenza americana lo riconosce a tutti gli uomini. Ma c’è un equivoco.
Dovremmo abituarci a
pensare una vita piena in termini collettivi e non come soddisfazione solo
individuale
Talora mi viene il sospetto che molti dei problemi che ci
affliggono – dico la crisi dei valori, la resa alle seduzioni pubblicitarie, il
bisogno di farsi cedere in tv, la perdita della memoria storica e individuale,
insomma tutte le cose di cui sovente ci si lamenta in rubriche come questa –
siano dovuti alla infelice formulazione della Dichiarazione d’indipendenza
americana del 4 luglio 1776, in cui, con massonica fiducia nelle magnifiche
sorti e progressive, i costituenti avevano stabilito che “a tutti gli uomini è
riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà, eal perseguimento della
felicità.
Sovente si è detto che si trattava della prima affermazione,
nella storia delle leggi fondatrici di uno Stato, del diritto alla felicità
invece che del dovere dell’obbedienza o altre severe imposizioni del genere, e
a prima vista si trattava effettivamente di una dichiarazione rivoluzionaria.
Ma ha prodotto degli equivoci per ragioni, oserei dire, semiotiche.
La Letteratura sulla felicità è immensa, a iniziare
da Epicuro e forse prima, ma a lume di buon senso mi pare che nessuno di noi
sappia dire che cos’è la felicità. Se si intende uno stato permanente, l’idea
di una persona che è felice tutta la vita, senza dubbi, dolori, crisi, questa
vita sembra corrispondere a quella di un idiota – o al massimo a quella di un
personaggio che viva isolato dal mondo senza aspirazioni che vadano al di là di
una esistenza senza scosse, e vengono in mente Filemone e Bauci. Ma anche loro,
poesia a parte, qualche momento di turbamento dovrebbero averlo avuto, se non
altro un’influenza o un mal di denti.
La questione è che la felicità, come pienezza assoluta,
vorrei dire ebbrezza, il toccare il cielo con un dito, è situazione molto
transitoria, episodica e di breve durata: è la gioia per la nascita di un
figlio, per l’amato o l’amata che ci rivela di corrispondere al nostro
sentimento, magari l’esaltazione per una vincita al lotto, il raggiungimento di
un traguardo (l’Oscar, la coppa, il campionato), persino un momento nel corso
di una gita in campagna, ma sono tutti istanti appunto transitori, dopo i quali
sopravvengono i momenti di timore e tremore, dolore, angoscia o almeno
preoccupazione.
Inoltre l’idea di felicità ci fa pensare sempre alla nostra
felicità personale, raramente a quella del genere umano, e anzi siamo indotti
sovente a preoccuparci pochissimo della felicità degli altri per perseguire la
nostra. Persino la felicità amorosa spesso coincide con l’infelicità di un
altro respinto, di cui ci preoccupiamo pochissimo, appagandoci della nostra
conquista.
Questa Idea Di Felicità pervade il mondo della pubblicità e
dei consumi, dove ogni proposta appare come un appello a una vita felice, la
crema per rassodare il viso, il detersivo che finalmente toglie tutte le
macchie, il divano a metà prezzo, l’amaro da bere dopo la tempesta, la carne in
scatola intorno a cui si riunisce la famigliola felice, l’auto bella ed
economica e un assorbente che vi permetterà di entrare in ascensore senza
preoccuparvi del naso degli altri.
Raramente pensiamo alla felicità quando votiamo o mandiamo un
figlio a scuola, ma solo quando comperiamo cose inutili, e pensiamo in tal modo
di aver soddisfatto il nostro diritto al perseguimento della felicità.
Quando è al contrario che, siccome non siamo delle bestie
senza cuore, ci preoccupiamo della felicità degli altri? Quando i mezzi di
massa ci presentano l’infelicità altrui, negretti che muoiono di fame divorati
dalle mosche, ammalati di mali incurabili, popolazioni distrutte dagli tsunami.
Allora siamo persino disposti a versare un obolo e, nei casi migliori, a
impegnare il cinque per mille.
E’che la dichiarazione d’indipendenza avrebbe dovuto dire che
a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto-dovere di ridurre la quota
d’infelicità nel mondo, compresa naturalmente la nostra, e così tanti americani
avrebbero capito che non devono opporsi alle cure mediche gratuite – e invece
vi si oppongono perché questa idea bizzarra pare ledere il loro personale
diritto alla loro personale felicità fiscale.
Umberto Eco – L’Espresso – 27 marzo 2014
Delizia con Frutta Fresca...
Dolce di Frutta Fresca
Per 6 persone
100 gr di amaretti duri, 2 uova, 60 gr di farina, ½
bustina di lievito per dolci, un pizzico di sale, 2 pere, 2 mele, ½ bicchiere
di Marsala, latte, 1 cucchiaino di cannella in polvere, pangrattato, zucchero,
burro.
Lavare e sbucciare la frutta, tagliarla a fettine,
metterla in una ciotola e rotolarla con 5 cucchiai di zucchero, bagnarla col
Marsala e mescolarla delicatamente.
In una ciotola montare le uova con 60 gr di
zucchero sino a che siano diventate spumose e chiare.
Sbriciolare finemente gli
amaretti con le mani e unirli alle uova amalgamandoli bene. Aggiungere nella
ciotola della frutta 60 gr di farina, il composto di uova, il cucchiaino di
cannella, ½ bicchiere di latte tiepido in cui avrete sciolto ½ bustina di
lievito e il pizzico di sale. Mescolare delicatamente tutti gli ingredienti.
Imburrare una teglia rotonda di circa 23 cm di diametro e spolverizzarla di
pangrattato. Versarvi il composto preparato livellandolo. Fare cuocere in forno
preriscaldato a 180° per 40 minuti.
Sfornare e lasciar leggermente intiepidire.
Servire il dolce nel contenitore di cottura accompagnando con crema pasticciera
o panna liquida.
Speciale: Ricette per dimagrire sorridendo...
Fagiolini alla Parmigiana
Per 4 persone
Fagiolini gr 500
margarina 6 cucchiaini, farina 2 cucchiaini, latte ml 120, grana grattugiato 4
cucchiaini, sale, pepe.
Lessare i
fagiolini, scolateli e fateli rosolare con quattro cucchiaini di margarina,
aggiungendo sale e pepe. A parte preparate la besciamella con due cucchiaini di
margarina, la farina e il latte e versatela sui fagiolini cospargendo il tutto
con il formaggio grattugiato.
Carbonara ai Funghi
Per 4 persone
Olio evo 2 cucchiaini, margarina 2 cucchiaini, champignon gr
400, prezzemolo e aglio tritati, spaghettini gr160, uova 2, parmigiano
grattugiato 8 cucchiaini, sape, pepe.
In un tegame in aderente mettere l’olio, la margarina, gli
champignon tagliati a fettine, prezzemolo e aglio tritati ed un po’ di sale.
Incoperchiare e portare a cottura. A parte, lessate gli spaghettini e appena
scolati versateli nel tegame dei funghi, mescolando, fateli saltare un momento
sul fuoco. Mentre gli spaghetti bollono, in una zuppiera sbattete le uova con
il parmigiano e un po’ di sale e pepe; aggiungete gli spaghetti bollenti con i
Funghi, mescolate rapidamente perché le uova non si rapprendano
e servite.
Sophia Branoff
– 300 Ricette per dimagrire sorridendo
domenica 30 marzo 2014
Pensieri: Saluto....
Antonino Santateresa - foto di Antares
Ed è già un bel passo avanti pensar così...
Buona serata a tutti!
Pensieri: Saluto....
Roberto Tona- foto di Fanpage.it
La bellezza e la fierezza dei leoni.
La natura sa regalarci scatti magnifici.
Buona giornata a tutti!
Lo Sapevate Che: E Tu Sei Caffeinomane o Lunatica?...
“Dsm” è l’acronimo di “Diagnostic and statistical manual:
mental disorfers”. Ovvero manuale diagnostico e statistico dei disturbi
mentali. Un tomo che classifica, spiega, descrive e prescrive a quali criteri
si dovrebbero attenere gli specialisti per stabilirei problemi dei loro
pazienti.
Stampato per la prima volta nel 1952, il “Dsm” ha raggiunto
la popolarità alla terza edizione, nel 1980. Da allora il dibattito è acceso.
Anche perché gli americani fanno le cose in grande: per realizzarlo spendono
decine di milioni di dollari e investono in tam-tam perché tutto il mondo ne
parli. Così l’indice statunitense resta il riferimento indiscusso. Questo
nonostante le critiche: oggi il principale oppositore del “Dsm-5” è proprio la
psichiatra che coordinò la stesura dell’edizione precedente, Allen Frances, che
in “Primo non curare chi è normale” (Bollati Boringhieri, 2013) accusa gli
autori di seguire le pressioni delle case farmaceutiche, pronte a proporre
nuove pillole per curare patologie inesistenti. Ecco quindi le novità più
contestate.
Lutto a rischio Il cordoglio per la perdita di una persona amata era
considerato motivo sufficiente per escludere, almeno nei primi due mesi,
qualsiasi diagnosi di depressione. Non è più così: dal giorno dopo il funerale
un medico potrebbe prescrivervi una terapia.
Bambini adirati i ragazzini fra i 6 e i 18 con tre o più “scoppi d’ira” alla
settimana potrebbero soffrire di “disturbo di disregolazione dell’umore”. A
prescindere da cosa li faccia arrabbiare.
Malattie da Tv Fra i nuovi disturbi spunta anche la sindrome da
accaparramento, ovvero quella tendenza ad accumulare oggetti e scarti che è
alla base di un realitu di successo, “Sepolti in casa”.
Folli da caffè Nelle dipendenze pericolose spunta anche quella alla
tazzina; i “caffeinomani” entrano nel registro delle persone con problemi
psichici.
Achtung abbuffate Basta abbuffarsi davanti al frigo una volta a settimana per
rischiare di soffrire di “disturbo da alimentazione incontrollata”.
Timidi? No grazie Se per sei mesi (o meno) un adulto o un bambino dimostrano
di avere difficoltà a parlare in pubblico, sia tra parenti che fra sconosciuti,
possono soffrire del disturbo “d’ansia sociale”. Novità: non deve essere la
persona a dichiarare la sua difficoltà. Se è eccessiva lo può stabilire anche
il medico.
Giorni pericolosi Anche il pre-mestruo può essere patologico. Fra il 2 e il 5
per cento delle donne, scrivono gli autori del Dsm-5, ne soffrirebbe in modo
così grave da rendere loro impossibile andare al lavoro. Terapia prescriversi!
Colloquio con Eugenio Borgna- Scienze – L’Espresso – 27 marzo
2014
Lo Sapevate Che: Sottovuoto...
Vorrei un F 35
Ala o Petto?
E poi c’è una netta differenza fra gli F35 d’allevamento e quelli
lasciati becchettare liberi fra le stoppie. E’ il sapore, che in politica
conta, come d’altronde il colore e l’odore. Ho conosciuto un pilota che andava
spesso a caccia con quell’aereo
E che ne era entusiasta. La cosa che mi sbomballa – confidava
– è il prezzo. Fantastico. Gli altri piloti, anche se mi abbattono subito,
restano dei poveracci. Non so se avesse ragione, ma la sua mente decollava in
verticale, raggiungendo ragionamenti che agli elicotteri comuni sono preclusi.
Dispiacciono però tutte queste polemiche. Tornando al Barone Rosso, tutto
quello che non si spendeva per l’aereo se lo giocava lui con lo champagne, ma
erano altri tempi. L’uso dei nuovi aerei in genere sarà soprattutto per le
inchieste. Ma più tardi ne riparleremo.
www.massimobucchi.icom – Venerdì di
Repubblica – 28 marzo 2014.
Delizia di Fragole....
Meringata di Fragole con Gelato
Per 6 persone
130 gr di meringhe, 500 gr di gelato fior di latte,
2 dl di panna, 250 gr di fragole, 50 gr di zucchero a velo.
Spezzare grossolanamente le meringhe.
Montare la
panna e dopo averla montata, piano piano, sempre battendola con le fruste,
unirvi lo zucchero a velo e metterla in frigorifero.
Lavorare il gelato con la
spatola per ammorbidirlo.
Distribuire la metà delle meringhe sbriciolate sul
fondo di una pirofila rotonda alta e dal diametro di 20 cm, foderata con carta
da forno prima inumidita e poi ben strizzata, ricoprirle con il gelato e poi
con la panna sopra il gelato. Completare il dolce con le rimanenti meringhe
sbriciolate. Poi porre la pirofila nel freezer per un’ora.
Al momento di
servire alzare la carta con molta delicatezza e posarla sul piatto di portata,
ritagliando con le forbici la carta tutta intorno, in modo che non si veda.
Decorare in superficie con le fragole mondate, lavate, asciugate e affettate
finemente.
Speciale: Golosi Antipasti....
Fogliette al Basilico
Per 4 persone
(circa 20 fogliette)
180 gr di farina 00, 1 uovo, 60 gr di burro, una
dozzina di belle foglie di basilico, 2 cucchiai di parmigiano o pecorino
grattugiati, sale.
Mettere nel mixer la farina, il burro a dadini, un
pizzico di sale e il basilico lavato, bene asciugato e finemente sminuzzato.
Frullare per pochi secondi a velocità massima. Unire l’uovo e 2 cucchiai di
acqua gelata. Aggiungere il formaggio grattugiato e frullare a bassa velocità
sino a che l’impasto si raccolga formando una palla. Prelevare la pasta dal
mixer e coprirla con la pellicola trasparente. Tenerla in frigorifero per
un’ora.
Su un piano di lavoro infarinato, stendere la pasta in una sfoglia
sottile.
Con la rotella da pasta formare delle forme triangolari allungate,
tipo fogliette. Appoggiarle sulla placca del forno, foderata con carta da
forno. Disegnare sulle fogliette delle nervature con l’aiuto del dorso della
lama di un coltellino. Mettere in forno preriscaldato a 180° per 20 minuti
circa.
Tortino con Crepes al Ragù Primaverile
Per 4 persone
Per le crepe: 3 uova, 125 gr di farina, 2,5 dl di latte, noce
moscata, burro, sale.
Per il ragù: 150 gr di asparagi, 100 gr di piselli
sgranati, 200 gr di fave sgranate, 100 gr di spinacini , 1 carota, 1 costa di
sedano, 5 dl
di latte, burro, 2 cucchiai di farina, 80 gr di parmigiano grattugiato, sale,
pepe.
Battere le uova con un pizzico di sale e noce
moscata grattugiata, unire la farina e sempre mescolando, il latte, Lasciare
riposare la pastella per 30 minuti.
Ungere con pochissimo burro un padellino e
riscaldarlo sul fuoco, versarvi un po’ di pastella per velarne il fondo
facendola scorrere su tutta la base del padellino, rimettere sul fuoco e
cuocere la crepe dai due lati. Ripetere l’operazione fino a esaurimento della
pastella.
Tagliare a tocchetti gli asparagi eliminando la parte dura, la carota
e il sedano, sbollentare le fave, scolarle e togliere la pellicina, lavate gli
spinacini.
Fare fondere 40 gr di burro in una padelle e unire tutte le verdure
facendole insaporire con sale e pepe, bagnarle con 2 dl di latte e fare cuocere
per 20 minuti.
Far fondere 40 gr di burro e unirlo al latte residuo. Fare
scaldare, sciogliere la farina in ½ bicchiere d’acqua e prima che il latte
raggiunga il bollore incorporare il composto, sempre mescolando sino a che si
indurisce, e fuori dal fuoco aggiungere 70 gr di parmigiano, sale e pepe.
Foderare una pirofila rotonda con carta da forno prima lavata e strizzata,
appoggiare sul fondo una crepe e coprirla con un po’di besciamella e di ragù di
verdure e ripetere le operazioni sino ad esaurimento degli ingredienti,
terminando con ragù e besciamella. Porre la pirofila in forno preriscaldato a
180° per 15 minuti, sfornarla, farla intiepidire qualche minuto, sollevare la
carta da forno e sformare il tortino su un piatto da portata
Piccoli Bocconcini Caldi con Formaggio
Per 4 persone
120 gr di farina, 100 gr di burro, 1 uovo, 80 gr di
parmigiano grattugiato, 50 gr di Emmental, 60 gr di nocciole sgusciate e
tostate.
Ridurre il burro a dadini e farlo ammorbidire a
temperatura ambiente.
Grattugiare i due formaggi.
In una ciotola versare la
farina, l’uovo e i formaggi e impastare bene il tutto. Unirvi il burro e
lavorare energicamente sino ad ottenere un impasto omogeneo. Avvolgerlo nella
pellicola e lasciarlo riposare in frigorifero per un’ora.
Su di un piano
leggermente infarinato, stendere l’impasto con l’aiuto del mattarello ad uno
spessore di 5 mm e ritagliare tanti quadrati di 3 cm di lato. Mettere al centro
di ogni quadrato una nocciola.
Coprire con carta da forno la placca del forno,
appoggiarvi i quadratini, leggermente distanziati e farli cuocere a forno
preriscaldato a 180° per 15 minuti. Sfornarli, lasciare raffreddare. Ottimi
serviti come antipasto in compagnia di salumi e insalate varie.
sabato 29 marzo 2014
Pensieri: Saluto...
Marino Marquardt - foto di Scienze fanpage
In Sud-Africa c'è un albero di baobab
vecchio di 2000 anni, conosciuto come l'albero della vita.
Non dobbiamo mai dimenticare chi siamo,
né da dove veniamo.
Buona serata a tutti!
Lo Sapevate Che: Il Modello Europeo più Forte Che Mai...
Da molti
anni si è imposta fra noi un’interpretazione tragica della globalizzazione.
L’impatto della competizione fra l’Occidente e le potenze emergenti come Cina,
India, Vietnam o Brasile – ci è stato spiegato – ci risucchia verso il basso.
Per non soccombere dobbiamo scendere sempre di
più, adattare i nostri costi a quelli cinesi, quindi rinunciare a tante
conquiste sociali, a tanti diritti, a tante regole. Per combattere ad armi pari
con chi è più povero di noi, insomma, dobbiamo impoverirci. Potremmo chiamarlo
anche il “teorema Marchionne”, perché in Italia l’amministratore delegato del
gruppo Fiat-Chrysler ha contribuito con le sue scelte aziendali a diffondere
l’idea che queste sono le conseguenze ineluttabili della globalizzazione. Nel
mondo delle grandi imprese multinazionali questo discorso viene presentato come
oggettivo, neutrale, scientifico: è inutile opporsi alla realtà delle cose,
alle regole che la globalizzazione impone a tutti i soggetti del mercato. Se
tre miliardi di asiatici sono integrati a pieno titolo nell’economia mondiale,
è sciocco far finta che questo non abbia conseguenze; è assurdo pensare di
poter continuare a produrre nelle stesse condizioni (salari, diritti, tutele,
rigidità) che vigevano in Italia negli anni Settanta quando ancora la Cina era
un’economia chiusa.
E’anche in
quest’ottica che il modello americano ci è stato presentato come superiore al nostro. E’ più flessibile, pronto a
rispondere ai diktat della competizione, se necessario con sacrifici tremendi.
Un esempio recente, e importante per
noi: quando si è trattato di salvare l’industria automobilistica di Detroit che
nel 2008-2009 rischiava di scomparire, pur di evitare il fallimento di General
Motors e Chryler, il sindacato dei metalmeccanici (United Auto Workers) ha
accettato un brutale taglio dei salari. I nuovi assunti guadagnano grosso
modo la metà, rispetto ai salari in
vigore prima della crisi. La metà! Questa sì, è flessibilità. Questa è la
ragione per cui Sergio Marchionne preferisce senz’altro trattare con i
sindacalisti americani, e spostare negli Stati Uniti il baricentro del gruppo
Fiat-. Crysler . Se l’America riesce a
ricostruire – lentamente, parzialmente – un po’ di quel tessuto industriale che
era stato devastato dalle delocalizzazioni in Asia, è anche grazie a questo
tipo di rinunce.
Esiste però
un altro modello, molto più vicino a noi. E’ la Germania. So che non è facile
elogiare il modello tedesco, in una fase in cui questo paese è associato alle
politiche di austerity che l’eurozona ha adottato. Un giorno sì e uno no, la
cancelliera tedesca Angela Merkel viene descritta come la responsabile dei
sacrifici imposti a intere nazioni: Grecia, Portogallo, Spagna, anche l’Italia.
Quasi tutta l’intellighezia di sinistra, sulle due sponde dell’Atlantico, accusa
la Germania di disfare l’Unione Europea, con il suo dogmatismo in materia di
finanza pubblica.
(….)
Federico
Rampini – “Non ci possiamo più permettere uno Stato sociale”
Lo Sapevate Che: Il Vetro Soffiato...
Quel Desiderio di Pensare Dio
E’ il solo modo di
dargli una forma,
Altrimenti per gli
umani sarebbe inesistente
Temo che non avrò il tempo (anche se la voglia c’è) di
leggere il manuale in tre volumi dal titolo “Storia della filosofia” curato da
Umberto Eco e Riccardo Fedriga e edito da Laterza. E’ una storia del pensiero
(della quale per ora è uscito il primo volume) che interessa tutti per la
semplice ragione che il pensiero nasce dal nostro cervello, dal nostro corpo e
dagli istinti dai quali siamo animati, è
il solo elemento che ci distingue dagli animali. Ma in che modo? E che cos’è il
pensiero? Il manuale queste domande se le pone insieme ad una quantità di altre che spaziano nei nostri sentimenti, nelle
nostre ideologie, nel nostro vivere e nelle possibili alternative. In un certo
senso, sfogliando questo manuale che è anche integrato da descrizioni delle
diverse civiltà e società che hanno periodizzato la nostra storia, si colgono i
“fondamentali” che caratterizzano la nostra specie. Anzi si coglie il
“fondamentale” dal quale tutti gli altri si dipanano ed è, secondo me, una
domanda: io chi sono? Riferita contemporaneamente all’individuo che se la pone
e alla specie dell’homo sapiens cui apparteniamo.
Queste Due Domande sono all’origine di tutte le altre e
definiscono la nostra differenza dagli altri animali poiché non risulta che gli
altri animali siano in grado di porsele. Gli animali sono animati da istinti
primari, quelli che servono a tenerli in vita e a procreare. Alcuni di loro
hanno anche sentimenti e memoria, ma non di sé, non si vedono e non si sentono
vivere e quindi il loro pensiero (ammesso che si voglia impropriamente usare
questa parola) e il loro linguaggio sono profondamente diversi dal nostro.
Parliamo ovviamente di animali superiori e non di esseri viventi allo stadio di
molluschi o vermi o esseri cellulari.
Allora, la domanda che caratterizza l’homo sapiens è: io chi
sono? La risposa può esser data soltanto intraprendendo contemporaneamente due
percorsi: quello all’interno del se stesso e quello del mondo circostante.
Entrambi questi percorsi, resi possibili dal fatto che noi siamo in grado di
osservare noi stessi dal di fuori, presuppongono una continua esperienza del sé
e degli altri ed è proprio per consentire le risposte che è nato il “sapere”,
cioè il desiderio e il bisogno di conoscenza.
Il “fatti non foste a viver come bruti” unisce insieme
Ulisse, cioè Omero chiunque egli fosse, e Dante rappresentando quindi uno dei
punti più alti della nostra cultura occidentale.
Il viaggio dell’ Ulisse dantesco oltrepassa le colonne d’Ercole che rappresentavano il
limite oltre il quale l’uomo non poteva andare. Geograficamente è il braccio di
mare che corrisponde alo Stretto di Gibilterra e mete in comunicazione il
Mediterraneo con l’Atlantico, ma quel viaggio termina drammaticamente: in vista
di una montagna immensa i flutti divengono tempestosi, la nave affonda e gli
uomini muoiono “infin che il mar fu sopra noi richiuso”.
Questo è il racconto affascinante che l’anima di Ulisse
rivela al poeta; ma qal è il suo significato che possiamo ricostruire poiché
Dante non ce lo dice? Che cosa rappresenta quella montagna? Un’interpretazione
a sfondo teologico ritiene che essa raffiguri il Purgatorio o addirittura il
Paradiso che sono regni celesti dove le virtù
degli uomini vengono premiate ma che sono preclusi ad Ulisse che aveva
commesso molti peccati in vita e sarebbe perciò stato relegato all’Inferno dove
infatti Dante e il suo accompagnatore Virgilio lo trovano. Un’altra interpretazione
– filosofica e laica – ravvisa in quella montagna la sede della verità assoluta
che l’uomo non può raggiungere perché la verità assoluta non esiste, la mente
dell’uomo non è in grado di pensarla a ciò che non è pensabile.
Dio E’ Pensabile Perché è l’uomo ad averlo raffigurato con
attributi e sentimenti umani; è una figura antropomorfa. Quando l’uomo gli
toglie quegli attributi e quei sentimenti anche Dio diventa impensabile e
quindi per l’uomo inesistente. Dio muore se non è più raffigurato con caratteristiche
antropomorfiche e comunque morirà per tutti quando la nostra specie si
estinguerà.
Ma scomparirà anche l’Universo o gli Universi? Se tutto
l’esistente scomparisse insieme alla nostra specie, se non ci fossero più né
stelle né galassie né particelle elementari né onde e campi magnetici, ci
sarebbe il nulla. Attenzione: non il vuoto ma il nulla cioè neppure il vuoto
che è uno spazio. Il nulla non è pensabile poiché non prevede il proprio
opposto.
Fin qui arriva la conoscenza di quanto ci circonda e le
risposte essenziali sono dunque queste: la verità assoluta non è pesabile, un
Dio privo di attributi antropomorfi non è pensabile alla nostra mente, il nulla
non è pensabile e ciò che non è pensabile dalla nostra mente è per la nostra
mente inesistente.
Qualche Domanda ancora: una forza creatrice è pensabile?
Sì, lo è e quindi per la nostra mente esiste. Ma se si tratta di una forza
creatrice, è pensabile un “prima” della forza creatrice? La risposta è no. Se
la forza è creatrice essa crea in continuazione, per noi non esiste né un prima
né un dopo perché la forza creatrice non può far altro che creare, senza inizio
e senza fine. E che cosa crea? Crea le
forme. Possiamo darle un nome? Qualunque nome:
Dio, Cosmo, Caos, Essere, Energia, Natura; qualunque nome, visto che
siamo provvisti di immaginazione. Ma possiamo anche designarla con un
algorismo, esprimerla con una formula matematica. Le forme hanno un principio e
quindi un fine. Nascono e muoiono, nascono come cose create e si disfano
tornando ad essere forza creatrice senza forma. L’Essere esiste in permanenza
ma si esprime creando, quindi l’Essere sta e diviene senza soluzione di
continuità e senza tempo. Il tempo è una categoria mentale dell’homo sapiens
così come lo spazi. La forza creatrice sta in tutte le forme e con esse
diviene, è immanente a tutte le forme ed è questo il solo modo in cui è
pensabile, non astratto ma concreto.
Benedetto Croce parlò di universale concreto, Spinoza (e
Nietzsche dopo di lui) disse: “Deus sive natura”. Questo è l’Essere che sta e
diviene; nella storia della filosofia tiene insieme Parmenide ed Eraclito.
Il viaggio dentro noi stessi è un’altra cosa. Sempre alla
ricerca della conoscenza ma limitato all’esplorazione dell’io. (…)
Eugenio Scalfari – L’Espresso – 20 marzo 2014
Piatti Speciali con Carne Bianca....
Tacos Piccanti al Pollo, ricetta Messicana
Per 8 persone
Farina di mais, 1 cucchiaino di pepe, ½ cucchiaino
di prezzemolo tritato, ½ cucchiaino di cumino in polvere, ½ cucchiaino di
origano, 1 spicchio d’aglio, ½ kg di petto di pollo, latte, farina, 8 tortillas
(ricetta al fondo), salsa cruda (ricetta al fondo), una piccola caciotta,
qualche foglia di lattuga, olio, sale.
In una ciotola mescolare 4 cucchiai di farina di
mais, 1 cucchiaio di pepe, ½ cucchiaino di prezzemolo tritato, ½ cucchiaino di
cumino in polvere, ½ cucchiaino di origano, 1 spicchio d’aglio tritato e schiacciato
e ½ cucchiaino di sale.
Tagliare a pezzi di tre cm per 5, il petto di pollo,
intingere i pezzi in 2 dl
di latte, infarinarli nella farina bianca, passarli nuovamente nel latte e
rotolarli così bagnati nel preparato di farina di mais.
Friggete i pezzi di
pollo in una padella con olio ben caldo, scolarli quando saranno dorati da
tutte le parti e distribuirli in 8 tortillas calde, piegate a U.
Coprirli
generosamente con salsa cruda, aggiungere qualche
strisciolina di lattuga e listerelle di formaggio caciotta e servire.
Volendo
si passano i Tacos al forno sino a fondere il formaggio.
per le Tortillas Messicane di mais
Per 8 persone
200 gr di farina di mais, 200 gr di farina di
frumento, 2 cucchiai di burro, 1 cucchiaio di olio, ½ cucchiaino di sale, 2 dl
di acqua calda.
Lavorare la pasta, aggiungendo alla farina, burro,
olio e sale, l’acqua poco a poco. La palla di pasta ottenuta avvolgetela nella
pellicola. Lasciate riposare in luogo fresco per mezz’ora.
Dividete la pasta in
palline di circa 5 centimetri di diametro e metterle una alla volta tra due
fogli di carta oleata e con un mattarello, premendo dal centro verso l’esterno,
formare dei dischi di circa 15-18 cm.
Disporre le tortillas, divise nelle carte
una sopra l’altra, avvolte in un canovaccio, in frigorifero, sino al momento
del loro utilizzo.
Si possono utilizzare al posto del pane e in questo
caso vengono cotte due minuti per parte o su una piastra o in una padella.
Oppure vengono utilizzate per racchiudere svariate
preparazioni che si cuociono in forno o si friggono in padella. (per esempio
farcirle con insalate, verdure a tocchetti stufate o a vapore, carne del tipo
che preferite a fettine sottili, formaggi vari e salse a piacere,
per la Salsa cruda:
Per
circa 5 dl
Un
grosso pomodoro maturo, 1 cipolla, 1 spicchio d’aglio, 2 porri, 4 peperoncini
verdi piccanti, sale e pepe.
Tagliare
a dadini, un grosso pomodoro maturo, non pelato. Tritare la cipolla, lo
spicchio d’aglio e la parte bianca dei due porri. Sminuzzare i peperoncini
verdi. Mescolare il tutto, salare e pepare a piacere e lasciare riposare almeno
per mezz’ora prima di utilizzare.
Coniglio al "Civet", ricetta Piemontese
Per 6 persone
1 coniglio di 2 kg completo di fegato, 1 cipolla, un gambo di
sedano, una carota, uno spicchio d’aglio, rosmarino, alloro, salvia, 6 chiodi
di garofano, un pezzo di cannella, 6 bacche di ginepro, 5 grani di pepe, 1 lt e
½ di vino corposo rosso, sale, olio.
Lavare il coniglio e ridurlo a pezzetti, mantenendo
intero il fegato.
Pulire tutte le verdure e gli aromi.
Tagliare a metà la
cipolla e fette grosse, il gambo di sedano e la carota a tocchetti, l’aglio a
fette.
In un grande contenitore mettere tutto il coniglio, aggiungere le
verdure, i gusti, le droghe, il fegato e coprire con tutto il vino. Lasciare in
infusione per una notte. Prelevare i pezzi di coniglio, le verdure e gli aromi
con una paletta forata e metterli in un tegame con 4 cucchiai di olio. Fare
rosolare il tutto per 10 minuti, rigirandoli ogni tanto. Aggiungere il vino di
infusione. Fare cuocere per 2 ore, adagio, controllando che non manchi il vino,
se no aggiungere un po’ di acqua calda. Verso fine cottura unire il fegato.
Prelevare tutti i pezzi del coniglio e il fegato.
Passare dal passaverdura il
fondo di cottura con le verdure, i gusti ed il fegato. Rimettere nella
casseruola i pezzi di coniglio con il passato. Servirlo caldo, accompagnando
con una morbida polenta. E Buon Appetito!!!
Tacchino in Gelatina all'Aglio, ricetta Rumena
Per 6 persone
1 Coscia di tacchino, 1 patata, 1 cipolla, 1 carota,
5 spicchi d’aglio, 1 confezione da 500 gr per gelatina, sale.
Lavare e asciugare la coscia. Metterla a bollire
nell’acqua con patata, cipolla carota e un poco di sale. Fare bollire per 2
ore, a fuoco lentissimo.
Eliminare la verdura, spolpare la carne e sistemarla
in un piatto da portata fondo, o in ciotole individuali.
Usare ½ lt di brodo di tacchino e sciogliere la confezione
di gelatina. Unire per raffreddare un altro mezzo litro di brodo di tacchino.
Schiacciare l’aglio con l’apposito utensile. Unirlo Nel brodo preparato per la
gelatina.
Lasciare raffreddare completamente, passarlo attraverso il colino e
unire nel piatto dove è la carne.
Tenere in frigo, coperto, sino al momento di
servire,.
Un modo diverso e gustoso per usare la carne di tacchino e mangiarla, anzi divorarla con voracità.....
venerdì 28 marzo 2014
Pensieri: Saluto ...
Giuseppe Franco Arguto -
Vorrei dirti amico mio che hai perso una
buona opportunità
Probabilmente non ti piace leggere le persone che ti dicono quello che pensano di te, ovvero ti hanno detto quello che non vuoi sentirti dire.
Per questo amico mio credi che la tua personalità sia insidiata.
Se alcune parole ti hanno fatto male vuol dire:
- che ci tenevi a chi le ha pronunciate;
- che sono parte di una verità che non vuoi sentirti dire.
Vorrei dirti amico mio che le buone e sane amicizie crescono sulle profonde radici del cuore e il cuore ha bisogno di luce e non di oscurità, ossia ha bisogno di sincerità e chiarezza d’intenti e non di mezze verità.
Probabilmente non ti piace leggere le persone che ti dicono quello che pensano di te, ovvero ti hanno detto quello che non vuoi sentirti dire.
Per questo amico mio credi che la tua personalità sia insidiata.
Se alcune parole ti hanno fatto male vuol dire:
- che ci tenevi a chi le ha pronunciate;
- che sono parte di una verità che non vuoi sentirti dire.
Vorrei dirti amico mio che le buone e sane amicizie crescono sulle profonde radici del cuore e il cuore ha bisogno di luce e non di oscurità, ossia ha bisogno di sincerità e chiarezza d’intenti e non di mezze verità.
Giuseppe Franco Arguto
Buona serata a tutti!
Lo Sapevate Che: Sono Sposato a una Bio Devota...
L’amore ai tempi del
seitan non è facile, se vivi con una integralista del cibo bio. Confessioni di
un marito in crisi alimentare: diviso tra un passato dal sapore chimico e un
presente profumato di granaglie
La sintesi perfetta della questione la coniò mio figlio
Eugenio in un tema di terza elementare. Dopo sperticate lodi alla madre, piazzò
un’unica critica: “La mamma, però, è un po’ fissata con il biologico. A volte a
colazione mi dà una cosa che lei chiama miglio, ma a me sembra polistirolo”. La
maestra della scuola Montassori, pur abituata alle scelte alternative, aveva
riso molto. Io no. La convivenza con un’integralista del cibo totalmente
naturale non è per niente facile: ogni piatto nasconde un ingrediente misterioso.
Io e Laura stiamo assieme da 27 anni, durante i quali ho assistito alla sua
trasformazione in una Giovanna d’Arco della rivoluzione biologica, pronta a
mettere al bando qualunque alimento impuro. La nostra cucina è una fortezza
dove le pietanze industriali non possono penetrare: le etichette sono
sottoposte a un esame spietato, dalla località di origine (che deve essere
lontana da zone notoriamente inquinate) alla garanzia di immunità da ogni
genere di additivo, conservante, colorante o antiparassitario. Così la dispensa
si è popolata di marchi esoterici e vegetali esotici, che promettono di essere
gli ultimi germogli di un paradiso perduto. Un universo parallelo dove la pasta
è solo di Kamut, la Nutella viene rimpiazzata dalla crema di nocciole Igp, e puoi
imbatterti addirittura in biscotti all’amaranto. Lei sostiene che siano tutti
più sani e più buoni. Io le credo solo a metà. Certo, l’amore è cieco, ma deve
proprio perdere anche il palato Per quanto mi riguarda, da cultore del caffè
espresso, l’esperienza più ardita è stata “il cicorione”. Era la bevanda del
neorealismo, il surrogato a base di verdure e radici imposto all’Italia del Poveri ma belli dalle ristrettezze della
guerra: un intruglio marrone scuro che ritenevo estinto da almeno mezzo secolo.
E invece il nefasto liquido è risorto nella mia tazzina da moka una domenica
mattina. Il primo sorso è stato una pugnalata, dritta nella gola. Mia moglie ha
sorriso placida, guardandomi dall’alto in basso come fosse ispirata da una
sapienza superiore: “E’ fatto con cicoria e ghiande, così riduci la caffeina.
Ed eviti tutti i composti nocivi con cui trattano la buccia dei chicchi di
caffè…”.
Io vengo dall’educazione ad alta sofisticazione degli anni
Settanta, quella dei gelati in technicolor per i coloranti rosso fuoco, e delle
merendine da premio Nobel per la
chimica. Sono cresciuto in una famiglia con scorte private di Ddt perché mio
padre ripeteva: “Sì, l’hanno proibito e sarà pure pericoloso, ma è l’unica cosa
che stermina qualunque insetto”. Il passaggio da questo pianeta artificiale a
un mondo bucolico in cui si compongono austere insalate di quinoa. Perché il
bio non è solo una questione di pietanze, ma un vero stile di vita.
La settimana bianca in Alto Adige per lei è un pellegrinaggio
nei santuari del cibo incontaminato: latte di caprette che ricordano quelle di
Heidi, succhi di frutta d’alta quota, confetture extravergini. Una volta mi ha
convinto a scortarla direttamente dai produttori, e mi sono ritrovato alla
ricerca di masi sperduti, tra Alpeggi dai nomi tedeschi irripetibili. Davanti
alle mappe con percorsi da rally, ho provato invano a convincerla: “Forse non
ne vale la pena…”. Inutile. Non era shopping, era una crociata. Non mi è
rimasto che sdrammatizzare: “Bio lo vuole!”. Così ho guidato lungo mulattiere
che costeggiavano dirupi da vertigine, e tratturi che nemmeno gli sherpa
himalayani. Io resto convinto che si potessero acquistare comodamente su
Internet, ma vuoi mettere il fascino di raggiungere le sorgenti della bontà più
immacolata?
Del resto preferisco quelle avventure dolomitiche ai templi
metropolitani dove si riforniscono le bio-devote. A Roma come a Milano, spesso
questi sacrari si somigliano tutti: piccoli market rivestiti di legno,
illuminati da lampade a basso consumo fioche come candele, a metà strada tra un
fienile e una chiesa. Lì dentro si comunica in un lessico settario: un
esperanto di tofu e Kefir, in cui tutto suona minimal tranne i prezzi. In
compenso, si possono trovare pagnotte realizzate con ogni sorta di cereale
tranne la farina bianca. Le vere pasdaran però il pane non lo comprano: lo
preparano da sole, secondo il culto del lievito madre. La fondamentalista con
cui vivo si trasforma settimanalmente in fornarina, e pur di non mancare
l’appuntamento è disposta a impastare anche in piena notte. Al risveglio i
risultati sono eccezionali, lo riconosco: la casa è ancora invasa dal profumo e
si spalma la marmellata su fette soffici, ancorché integrali e cosparse di
semini. Nulla a che vedere con il durissimo panino casalingo di About a Boy, quello che Hugh Grant
gettava alle anatre del laghetto abbattendole sul colpo.
Più di tutto, comunque, è stata messa a dura prova la mia
indole carnivora. Non mi rassegno agli hamburger di seitan e alghe, che lei
spiattella radiosa : “Buoni no? Meglio della chianina”. Viceversa, confesso di
aver riscoperto il gusto ruspante del pollo d’altri tempi (la carne bianca può
godere di un salvacondotto, purchè dimostri di essere scevra di antibiotici e
anabolizzanti), grazie agli animali che razzolano in semilibertà. Una cosa però
proprio non mi va giù: sapere che, in fondo, quei pennuti privilegiati mangiano
le stesse cose che vengono propinate a me. Granaglia più, granaglia meno.
Gianluca Di Feo – Donna di Repubblica – 22 marzo 201
Lo Sapevate Che: Questa Settimana...
Chi ha
paura dei nuovi mandarini
Le imprese
aspettano miliardi di crediti dallo Stato. I soldi ci sono, le leggi pure, ma
qualcuno frena.
I
superburocrati.
Che
bloccano anche i tagli di spesa. E spesso comandano più del governo.
Come arginarli?
Raccontava Giulio Andreotti che, ministro delle
Finanze per la prima volta, correva l’anno 1958, aveva convocato gli alti
dirigenti del ministero per comunicare loro l’intenzione di nominare il
direttore generale un grand commis di sua fiducia. Quando però il più anziano
dei convenuti gli fece notare che , sì, lui era pure il ministro, ma prassi
voleva che il direttore generale venisse scelto tra i dirigenti stessi, non
fuori dell’amministrazione. Una specie di rituale passaggio del testimone celebrato
all’interno della stessa cerchia di alti burocrati. Andreotti capì e annuì, ma
convocò tutti per il giorno dopo. Per informarli che aveva appena cooptato il
suo uomo, tra i dirigenti del dicastero. Passate altre ventiquattr’ore lo
nominò direttore generale. Rispettando così la prassi e allo stesso tempo
andreottianamente aggirandola
Quella volta vinse dunque la politica
politicante, ma da allora il braccio di ferro si è sempre pervicacemente
riproposto. Fino a che è parso però che la politica arretrasse, impaurita e
condizionata. Ha scritto il nostro Michele Ainis: “I partiti hanno divorato gli
apparati burocratici, distruggendone l’imparzialità prescritta dall’articolo 97
della Carta, pretendendo di scegliersi capi e sottocapi attraverso lo spoils system”;
ma “il dirigente selezionato per meriti politici diventa giocoforza un politico
lui stesso, acquista l’autorità per governare in luogo del governo, si
sostituisce legittimamente al suo ministro”. Càpita che il civil servant cerchi
di spodestare il suo re….
Bel
Problema. Sbarcando a Palazzo Chigi – lo ha svelato Sergio Rizzo, “Corriere della
Sera” – Matteo Renzi aveva pensato a una norma che impedisse a consiglieri di
Stato e giudici del Tar di occupare i vertici dei ministeri. Non se n’è fatto
sulla. Così i neoministri hanno cercato di aggirare l’ostacolo sostituendo
qualche grand commis con personaggi fuori del giro, ma si sono dovuti
arrestare dinanzi ad alcuni intoccabili
che da anni governano Infrastrutture, Sviluppo, Economia…
E però questa – per dirla con lo stesso Renzi – è
la madre di tutte le battaglie. E premier da poche ore, fece un esempio: “Lo
sapete che ci sono 258 decreti attuativi da sbloccare? 258 leggi che non
possono essere applicate perché i dossier sono fermi nei cassetti di qualche
ufficio. Ecco, per sterzare, il paese ha bisogno che tutto questo non accada
più”. Bloccati pure i tagli di spesa. Qualcuno sospetta che i nuovi mandarini
usino il loro potere di interdizione solo per fare lo sgambetto a ministri e governi.
Allora Meglio si comprende la decisione
di Renzi di blindare Palazzo Chigi con una task force che vigili
sull’applicazione delle leggi, specie economiche, ed eviti che le burocrazie
prendano il sopravvento (lo fece anche D’Alema premier e tra i suoi corazzieri,
guarda un po’, c’era Pier Carlo Padoan, oggi ministro dell’Economia). E non è
un caso che del team faccia parte anche Roberto Perotti, l’economista che da
tempo tuona contro gli stipendi d’oro dei superburocratici – i meglio pagati
d’Europa: dal 40 all’80 per cento in più nei gradi più alti – e il loro
strapotere: Vengono alla mente i saggi di papa Bergoglio, scelti uno a uno per
arginare la Curia e ripulire lo Ior….
E il braccio di ferro continua. Il governo Letta
aveva disposto il pagamento immediato dei crediti vantati dalle imprese nei
confronti della pubblica amministrazione. Facile a dirsi. Qualcuno deve
accertare il debito, certificarlo e firmare il “visto, si paghi”. E chi se la
piglia questa responsabilità a rischio Corte dei Conti? A Franco Bassanini era
allora venuta un’idea: l’impresa va in banca e sconta il suo credito con la garanzia della Cassa depositi
e prestiti. Semplice, no? Sì, se non fosse che la burocrazia del Tesoro ha
spinto il pedale del freno e dei 9° miliardi che le aziende aspettano ne sono
stati rimborsati 22,7.
Insomma, non è solo un problema di sprechi e di
superstipendi, che pure c’è, ma di ridisegnare i labili confini tra governo e
amministrazione, capire chi comanda dove e chi decide cosa, di scegliere (non
cooptare) i dirigenti, magari per concorso. Renato Brunetta ci aveva pensato e
la legge sui concorsi l’aveva presentata. Poi
qualcuno l’ha chiusa in un
cassetto.
Twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 27 marzo 2014 –
Delizia Dolce!....
Bavarese al Cioccolato Amaro
Per 6 persone
6 tuorli d’uovo, 6 fogli di gelatina, 130 gr di
zucchero, 3 dl
di latte, 300 gr di panna, 1 etto di cioccolato, nocciole tostate e tritate, 1
bustina di vanillina, burro.
In una terrina con la frusta lavorate i tuorli
d’uovo e lo zucchero con la frusta sino ad ottenere un composto spumoso e
biancastro. Aggiungete la bustina di vanillina nel latte, mescolate e unite al
composto, mescolando bene. Fate cuocere a bagno maria sempre frullando, sino a
raggiungere il bollore e al relativo ispessimento della crema.
Fate fondere sul
fuoco la gelatina in 2 cucchiai d’acqua.
Fate intiepidire e unite alla crema
calda. Prima che la crema si rapprenda, aggiungete anche la panna montata e le
nocciole tritate.
Versate nello stampo unto di burro e tenere in frigorifero
per 3 ore.
Al momento di servire, versate nelle coppe e guarnite con il
cioccolato grattugiato.
Venerdì: Senza Colesterolo: Il Pesce...
Branzino Al
Sale Marino
Per 4 persone
1 branzino di circa 1,400 kg , 2 kg di sale marino grosso da
cucina, un pizzico di timo, di finocchio selvatico, rosmarino, aneto, 1
cucchiaino di pepe nero.
Pulire e squamare il pesce. Lavarlo sotto l’acqua
corrente dentro e fuori, asciugarlo delicatamente con carta da cucina.
Riempire
il pesce con le erbe e il pepe. Preparare il forno portandolo a una temperatura
di 200°.
Versare 1 kg
di sale in una pirofila rettangolare che possa contenere il pesce disteso.
Appoggiarvi il branzino e ricoprirlo bene con l’altro chilo di sale. Pigiare
leggermente la superficie e inumidirla con acqua con l’aiuto di un piccolo
spruzzatore.
Fare cuocere nel forno preriscaldato per 40 minuti. Sfornare e rompere
la crosta di sale, estrarre il branzino e filettarlo nel piatto di portata.
Zuppetta Semplice di Pesce
Per 4 persone
100 gr di tubettini rigati, 400 gr di coda di rospo,
2 calamari, 1 kg
di cozze, 1 carota, 1 cipolla, 2 foglie di alloro, prezzemolo, timo, vino bianco
secco, olio, sale, pepe nero.
Tritate
finemente la carota e la cipolla, mondate.
Tagliate a pezzetti la coda di rospo
e svuotate le sacche dei calamari, tagliatele ad anelli, quindi private i
tentacoli del becco centrale e degli occhi.
In una casseruola con 2 cucchiai d’olio, fate appassire il trito di
carota e cipolla, poi unite la coda di rospo e i calamari. Pepate, regolate di
sale, aggiungete 2 dl
di vino bianco. Fate riprendere l’ebollizione, unite l’alloro, il timo e un
litro di acqua calda. Coprite la casseruola con un coperchio, cuocete a fuoco
dolce per 30 minuti.
Pulite e lavate accuratamente le cozze, mettetele in un
tegame con uno spruzzo di vino, fatele aprire a fuoco vivo, filtrate con un
canovaccio il liquido di cottura e aggiungetelo alla minestra. Regolate di
sale, portate ad ebollizione e aggiungete la pasta, portandola a cottura,
aggiungete quindi il prezzemolo tritato, una macinata di pepe e le cozze, metà
sgusciate e metà col guscio. Mescolate bene, servite la minestra calda.
Polpo e Spinaci
Per 4 persone
1 polpo di circa 800 gr fresco, 1 spicchio d’aglio,
4 pomodori maturi (o una scatola di pelati da gr. 250), ½kg di spinaci,
peperoncino in polvere, vino bianco secco, olio, sale.
Pulire il polpo, togliendo le interiora contenute
nella sacca, l’occhio, il becco che si trova alla base dei tentacoli. Lavarlo
bene sotto l’acqua corrente. Tagliarlo a rondelle.
In una casseruola con 4
cucchiai d’olio caldi, unire a dadini i pomodori e il polpo, un pizzico di sale
e una presa di peperoncino. Fare cuocere a fuoco dolce, coprendo col coperchio,
finchè il liquido sia ridotto. Aggiungere 1 bicchiere di vino bianco e lasciare
evaporare. Tastare con i rebbi di una forchetta la morbidezza del pesce e
terminare la cottura.
Nel mentre pulire e lavare accuratamente gli spinaci.
In
una padella soffriggere l’aglio in 3 cucchiai d’olio, e far saltare gli
spinaci. Salare q.b. A fine cottura mettere gli spinaci distesi su un vassoio
da portata e adagiarvi sopra il polpo.
giovedì 27 marzo 2014
Pensieri: Saluto...
Roberto Tona- foto di Fampage.it
Mangiare
comodamente seduti su un albero e osservare questo fantastico panorama:
direttamente sul Golfo del Siam.
Lo
fareste?
Buona giornata a tutti!
Lo Sapevate Che: Perchè Narciso Non Vale L'Amore...
Secondo il mito, quando
amiamo chi non sa amare, dobbiamo attenderci le punizioni di Eros. Nella realtà
, vuol dire imparare a non credersi onnipotenti
Sono una psicoterapeuta e insegno in una scuola di formazione
in psicoterapia relazionale, dove le sue pagine sono un utile materiale di
riflessione e di confronto per le discussioni con i miei allievi. Le scrivo a
proposito del narcisismo, tema che più volte lei ha affrontato, e che secondo
me oggi è di grande attualità.
Vorrei interrogarmi e interrogarla circa la “relazione
narcisistica”, ampliando lo sguardo
sulla ninfa Eco che, nel mito, di Narciso è vittima- per intenderci e tornare
al “miracolo dell’amore” che Lei auspicava per il collega psicologo narcisista
che in una lettera le sottoponeva i suoi tormenti.
Nella mia esperienza clinica vedo tante donne spesso belle,
intelligenti e affascinanti, che fanno a pezzi la loro vita rincorrendo questo
“miracolo d’amore”. Non smetto mai di sorprendermi per la quantità di energia
che sono disposte a investire in questa relazione “disperante” che, proprio
nell’accanimento onnipotente a diventare “qualcuno” per il partner (per il
quale sono invece solo estensione narcisista del sé) trova la sua marca
patologica. Quando pare che, ridotte ormai come Eco nel mito, si decidano a
mollare, ecco che si riattiva il gioco del partner che, proprio nella conquista
di donne così importanti, alimenta il senso del suo sé (il cosiddetto “amore”).
Poiché poi il narcisista è un magnifico incantatore, ci riesce e tutto ricomincia, anche il dolore che si
cronicizza in sofferenza. Vorrei che le sue pagine, che sono un riferimento per
tante donne, lo scrivesse, che il miracolo dell’amore non consiste nel cambiare
l’altro, semmai nella possibilità che, attraverso l’altro, ci è data di
cambiare noi stessi. Per esempio facendo quanto è possibile per ritrovare in
noi stessi il senso del nostro vivere, senza delegarlo al valore che l’altro è
disposto a riconoscergli.
Maria Luisa Campobasso
Narciso era un giovane bellissimo circondato dall’amore e
dall’ammirazione di quanti lo incontravano, ma alle profferte d’amore, che pure
lo gratificavano restava indifferente. Un giorno, di Narciso si innamorò la
ninfa Eco che, non ricambiata e respinta, si consumò di dolore fino a morirne.
Di lei rimase solo il ritorno della sua voce, l’eco appunto.
Questo è il destino che attende le donne che amano i
narcisisti, spinte dalla persuasione, tutta femminile, di poter cambiare col
tempo e con le loro premure gli uomini che amano.
Questa convinzione, che penso abbia le sue radici nello
sfondo di onnipotenza presente in ogni donna – forse derivate dal fatto che, in
quanto generatrice, la donna ha il potere di vita e di morte – è tipico non
solo di colei che ama i narcisisti, sopportando ogni sorta di frustrazione e
delusione, ma anche di chi ama i violenti, subendo ogni sorta di brutalità
maltrattamento, abuso, sopraffazione, come ogni giorno le cronache ci
riferiscono.
E allora è bene che le donne ricordino che possono generare i
bambini, ma non ri-generare gli adulti, ormai solidificati e direi anche
pietrificati nella loro identità.
L’amore, è vero, è una potenza che può trasformare gli uomini.
Ma non i narcisisti, che sono tali proprio, oltre a se stessi, non sanno amare
nessun altro. Lo stesso Freud riteneva che non ci fosse cura per loro, per il
semplice fatto che, incapaci di una relazione con l’altro da sé, non sono in
grado di instaurare una relazione emotiva neppure con il loro terapeuta.
Eppure incontrare un narcisista e innamorarsi di lui non è
del tutto inutile, perché la sofferenza che si accumula in questa relazione può
indurre la donna, se saggia, a ridurre il suo vissuto di onnipotenza ed evitare
così l’autoinganno che le fa credere che, insistendo, possa cambiare le cose.
Capisco che l’idea di riuscire a cambiare le cose costituisce per la donna a
sua volta una gratificazione narcisista, ma siccome il tentativo non approda, è
inutile sprecare la propria esistenza per gratificazioni narcisistiche che
comunque non arrivano.
E allora la conclusione è quella indicata dalla psicoterapeuta
che ha scritto questa lettera, ove si lascia intendere che amore non è solo
conoscenza dell’altro, ma innanzitutto conoscenza di sé, nelle regioni, mai
frequentate, dove veniamo a trovarci quando ci innamoriamo.
Nello scenario tutto nuovo che amore dischiude possiamo
possiamo conoscere, oltre alle nostre virtù che prima ignoravamo, anche i
nostri limiti che nessun desiderio, neanche il più spasmodico, può superare. E
il primo limite che dobbiamo riconoscere è quello della onnipotenza che la
follia d’amore alimenta in noi, lasciando il narcisista, che non sa amare,
nella più assoluta indifferenza.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 22 marzo 2014
Lo Sapevate Che: Avviso ai naviganti...
Coraggio, Renzi Ancora
Un Passo
La scelta di tagliare
le tasse ai redditi più bassi non sarà da sola sufficiente a far ripartire la
crescita, ma almeno va nella direzione giusta. Mentre perfino il Fondo
monetario ora scopre i danni provocati dall’austerità
Diventa sempre più
evidente come la forte disuguaglianza dei redditi agisca a detrimento della
stabilità macroeconomica e della crescita. L’ennesima intemerata del Nobel Paul
Krugman contro i cantori dell’austerità e dell’arricchimento selvaggio degli
“happy few”? No – incredibile ma vero – parole così perentorie e taglienti non
scritte in uno degli ultimi documenti del Fondo monetario internazionale. Già,
proprio di quell’istituzione che finora è stata il presidio principale delle strategie
economiche fondate sul rigido controllo dei redditi e dei consumi delle classi
medie e povere nella totale noncuranza verso il fenomeno speculare della
concentrazione delle ricchezze in un numero sempre più piccolo di persone o
gruppi finanziari.
Presto Per Dedurre che simili giudizi siano il segno di
una conversione a U del Fondo rispetto alle ottuse visioni contabili del
passato. Ma un così forte accento sul tema della “disuguaglianza” indica
comunque che nel dibattito economico mondiale qualcosa sta cambiando. Si sta
forse riscoprendo quanto scritto da Keytus duecento anni fa. Ovvero che la
concentrazione della ricchezza tende a produrre soltanto rischiose avventure
finanziarie mentre l’impoverimento dei redditi da lavoro spegne i consumi diffusi
così togliendo l’ossigeno indispensabile per la crescita economica. Insomma,
che la lotta contro le disuguaglianze non è solo un problema di giustizia
sociale ma anche di utilità economica generale.
In un’ottica italiana il richiamo a queste novità dello
scenario internazionale serve a meglio a valutare il merito delle mosse
annunciate dal governo Renzi. In particolare per quanto riguarda due degli
impegni dichiarati: 1) la defiscalizzazione nell’ordine di dieci miliardi
complessivi a favore dei redditi fino a 25 mila euro annui; 2) il taglio
dell’Irap nella misura del 10 per cento finanziario attraverso un aumento del
prelievo sulle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento. Fino a un minuto
prima dell’annuncio ufficiale si è a lungo dibattuto se fosse più conveniente
per i suoi effetti sul rilancio dell’economia concentrare la spinta dei
provvedimenti sui costi delle imprese (Irap) ovvero sui redditi dei lavoratori.
E’ evidente che la scelta di Renzi fa proprie le
preoccupazioni espresse (finalmente!) dal Fondo monetario. Soprattutto per un
aspetto particolarmente critico della realtà italiana: quello di una continua
caduta dei consumi che rischia di materializzare il minaccioso fantasma della
deflazione. Può essere che dieci miliardi in più nelle buste paga non abbiano
la forza di produrre quello shock risolutivo alla domanda interna che sarebbe
auspicabile. Ma un punto è certo: lo stesso denaro concentrato su un maggior
taglio dell’Irap a beneficio dei costi aziendali avrebbe avuto ben minore
impatto di rianimazione sul sistema economico. Ne fa fede, del resto, la
reazione della stessa Confindustria che ha limitato le sue proteste a quel che
si può definire il minimo sindacale.
Quanto Alla Simmetria fra taglio dell’Irap e aumento del
prelievo su dividendi e “capital gain”, anche in questo caso si tratta di
un’operazione che sposta i benefici fiscali da investimenti meramente
finanziari a impieghi più connessi all’economia reale. Quindi, di una manovra
che tende a riequilibrare un’altra delle tante diseguaglianze presenti nel
sistema favorendo stavolta la fascia più direttamente produttiva (anche di
occupazione) dell’apparato industriale.
Allo stato, perciò, i veri dubbi che rimane lecito sollevare
sugli annunci del premier Renzi sono quelli relativi alla compatibilità di una
manovra per ora soltanto promessa con i limiti oggettivi di un bilancio
pubblico tuttora fragile e sempre esposto ai venti capricciosi della
congiuntura mondiale. Sulla direzione degli interventi, però, nulla da
eccepire. In un paese, che ha perso più di metà dello scorso anno a dilaniarsi
sull’Imu ovvero sui favori alla rendita immobiliare, si tratta di una svolta
comunque salutare.
Massimo Riva – L’Espresso – 27 marzo 2014
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