Tra le Macerie del Nordest le
Ignoranti Illusioni
di un Miracolo Economico
Capita un giorno di trovarsi in uno
dei tanti non paesaggi che ormai corrono fra Verona e Venezia, fra teorie
infinite di capannoni abbandonati, alberghi da Las Vegas nel bel mezzo del
nulla, centri commerciali ridotti a tante fortezze Bastiani, e di domandarsi che
fine ha fatto il famoso modello Nordest. Un ventennio di retorica fra le
più stupide e dannose ha accompagnato un fenomeno comunque grandioso.
C’era sì
qualcosa di straordinario nel rapido arricchimento di province che negli anni
Novanta esportavano ciascuna più di intere nazioni d’Europa, qualcosa di eroico
nella dedizione al lavoro di un popolo di lavoratori in fuga da un passato
secolare di povertà. Ma quante idiozie abbiamo dovuto sorbirci sulle meraviglie
di uno sviluppo selvaggio che devastava e divorava il territorio, sul mito
della fabbrichetta di famiglia, sull’astuzia di non mandare più i figli a
scuola perché imparassero presto il mestiere
di fare i schèi. Il conto
dello stupidario è arrivato tutto insieme, come capita. Oggi il celebrato
modello non esiste più, è diventato obsoleto in due cenni di globalizzazione,
come ammettono perfino i leghisti meno fanatici, a cominciare dal governatore
Zaia. Le micro aziende falliscono al ritmo incredibile di mille ogni mese, un
migliaio di medie ha preso la strada della Croazia, i grandi gruppi come
Benetton ed Elecrolux tagliano e licenziano. La deindustrializzazione del
Veneto avanza a vista d’occhio e lascia dietro di sé e ovunque sui territori le
macerie di una guerra perduta. Una guerra con le vittime che si suicidano nel
capannone deserto o nel giardino della villetta, in mezzo ai finti nani, come i
tanti imprenditori che non riescono più a star dietro ai debiti con le banche,
ai crediti dallo Stato che non arrivano, alle cartelle di Equitalia.
La politica ha responsabilità gigantesche. La
Lega anzitutto che ha perso l’occasione di elevare la questione settentrionale
di politica economica per rinchiuderla nelle pagliacciate con ampolle e Dio Po,
a un bacino elettorale per un’improvvisata nuova classe dirigente, invecchiata
in fretta nei vizi del potere. Il berlusconismo, certo, con le sue ignoranti
illusioni di un miracolo economico permanente che era invece a - fondato su
gracili basi. Ma anche la sinistra, che non ha saputo vedere e indicare i
limiti di quello sviluppo e ha finito per adeguarsi alla retorica trionfante.
Il rischio adesso è che la questione settentrionale finisca in soffitta, quando
non è mai stata tanto importante e attuale.
Curzio
Maltese – Venerdì di Repubblica – 6-9-13
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