Dove osano le due
zarine
Rita Lorenzetti, ex
governatrice dell’Umbria, arrestata per corruzione e altro.
Zoia Veronesi, storica
segretaria di Bersani, indagata per truffa. Tutte e due con una carriera legata
al Pd. Ma i vertici del partito tacciono.
In attesa di mettersi d’accordo su chi come quando perché e
con quale abbigliamento parteciperà al congresso e alle primarie, i raperonzoli
del Pd si sono scordati di commentare due casi giudiziari piuttosto
imbarazzanti: l’arresto dell’ex governatrice dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti,
dalemiana di ferro e dunque presidente di Italferr,corruzione, abuso e traffico
di rifiuti nell’ennesimo scandalo Tav a Firenze; e l’avviso di chiusura
indagini (preludio della richiesta di rinvio a giudizio a giudizio) per Zoia
Veronesi, storica segretaria di Bersani, indagata per truffa alla Regione
Emilia.
Sui reati decideranno i giudici. Sui curricula delle due
zarine dovrebbe esprimersi il partito.
La Lorenzetti, nata a Foligno nel 1953, si laurea in filosofia nel 1974 e
subito dopo viene assunta dalla Provincia di Perugia.. Da allora, per 38 anni,
vive a carico nostro: consigliere comunale, assessore e sindaco di Foligno, dal
1987 al 2000 deputato per quattro legislature (presiede la commissione Ambiente
e Lavori Pubblici), poi fino al 2010 presidente della Regione per due mandati e
infine, per convincerla a non ricandidarsi per la terza volta contro la legge,
promossa a presidente di Italferr. Che è la società di engineering delle
Ferrovie : l’ideale per una laureata in filosofia.
Le Intercettazioni del
Ros dipingono le
conseguenze di quel saltabeccare da una poltrona all’altra: un monumentale
conflitto d’interessi dov’è impossibile distinguere i controllori (òe autorità
di vigilanza inquinate dalla politica) e i controllati (la zarina e i compari
della Coopsette rossa che realizza le opere). La Lorenzetti sistema alleati e
rimuove ostacoli grazie a un trasversale reticolo di amicizie da D’Alema alla
Finocchiaro, da Gianni a Enrico Letta, da Bersani a Catricalà. Le serve un
decreto per trasformare le terre da scavo da rifiuti inquinanti da bonificare
in innocui sottoprodotti di lavorazione? Gli amici romani lavorano per lei,
fino al recente emendamento sanatoria del tesoriere Ds Sposetti. Bisogna
togliere di mezzo “lo stronzo” dirigente dell’ufficio Via (Valutazione impatto
ambientale della Regione Toscana) che si ostina a classificare i fanghi da
scavo come rifiuti? Lo rimuove il governatore Rossi (“abbiamo levato di mezzo
un coglione”).
C’è da premiare il geologo Bellomo che predica l’”assoluta
biodegradabilità” dei veleni? Si chiama la Finocchiaro perché lo candidi alle
elezioni. E quando lui scopre di non essere in lista, medita vendetta (“mi ha
tradito quella che ogni mercoledì da quattro anni mi fa la lista delle cose che
ha interesse che io le risolva”). E pazienza se, a furia di polverizzare i
controlli, una galleria minaccia di cedere in caso d’incendio perché i
materiali ignifughi sono scadenti: i costi delle opere lievitano ai danni dello
Stato (ma non delle coop); una scuola rischia di crollare per gli scavi della
stazione Tav: l’importante è tacitare i giornali, “i genitori dei bimbi
armeranno un casino della Madonna”. I magistrati indagano? “E che cazzo, ci
fanno diventare berlusconiani”.
La Veronesi La Assume la Regione Emilia nel ’93 quando
Bersani diventa governatore. Poi lui va a fare il ministro e lei lo segue a
Roma in aspettativa. Nel 2001, senza laurea né concorso, torna in Regione:
dirigente, ma sempre al seguito di Bersani. Nel 2006 seconda aspettativa. Nel
2008 Errani le crea un secondo ufficio di rappresentanza regionale a Roma, dove
lei continua a gestire l’agenda di Pier
Luigi. Tanto paga la Regione: 140 mila euro in due anni, più 16mila di rimborsi
trasferta. Nel 2010 Bersani è segretario: la segretaria lascia finalmente la
Regione, ma solo perché l’ha assunta il Pd, sempre a spese nostre.
Tutto ciò per i dirigenti del Pd è normale? Con che faccia
denunciano i conflitti d’interessi altrui, predicando di tagliare i costi della
politica e abolire il finanziamento pubblico dei partiti? Perché, mentre
litigano sulle regole del congresso non ne approvano una semplice semplice
affinché i casi Lorenzetti e Veronesi non si ripetano mai più? Basterebbe
copiare un vecchio cavallo di battaglia di Grillo, forse il più serio: due
mandati elettivi o amministrativi, poi a casa.
Marco Travaglio – L’Espresso – 3 ottobre 2013
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