Il Lontano Paese Dove
Assumere I Figli Dei
Potenti E’ Reato
Una inchiesta contro la
JPMorgan dimostra che l’America ha capito come la vera selezione è sempre
meglio delle logiche di clan
Ve lo immaginate un luogo dove assumere i figli dei potenti è
reato? Questo luogo esiste, è New York. La più grande banca di Wall Street ( e
del mondo), JP Morgan Chase, è finita sotto inchiesta proprio per questo. E’
una storia che ha dell’incredibile, se vista con occhi italiani. Val la pena di
essere raccontata nel dettaglio perché aiuta a capire tante cose: il valore
della meritocrazia, le cause profonde della fuga dei cervelli dall’Italia, la
differenza di costume tra le classi dirigenti nostre e loro.
L’inchiesta sulla JP Morgan parte dall’America, il presunto
reato invece sarebbe avvenuto in Cina. Corruzione, nientemeno. Di che tipo di
corruzione si tratta? La
Securities and Echange
Commission (Sec), l’authority che vigila sulle società quotate in Borsa,
indaga sul fatto che JP Morgan Chase avrebbe assunto diversi figli di gerarchi
della nomenclatura cinese, per ottenere in cambio lucrosi contratti con aziende
di Stato nella Repubblica Popolare.
Un simile comportamento è normale in altre latitudini,
economicamente ha una sua logica. Se assumendo il figlio di un leader straniero
io mi garantisco ricchi affari per il futuro, non sto forse facendo il bene
della mia azienda? Tuttavia la legge americana sulla corruzione all’estero è
tra le più severe al mondo, e l’assunzione di “rampolli” dei Vip stranieri può
ricadere dentro la definizione di questo reato. Corruzione, per l’appunto.
L’inchiesta della Sec verte su due casi in particolare. Il
primo riguarda l’assunzione di Tang
Xiaoning, figlio di Tang Shuangning. Quest’ultimo è presidente del conglomerato
pubblico China Everbright. In seguito all’assunzione del figlio, la JP Morgan
Chase ottenne diversi contratti importanti da China Everbrighet.
Il secondo episodio è l’assunzione di Zhang Xixi, figlia di
un dirigente delle ferrovie dello Stato cinesi. L’assunzione avvenne nel 2007,
e nello stesso periodo JP Morgan Chase fu ingaggiata per il collocamento in
Borsa di China Railway Group, azienda che costruisce linee ferroviarie per lo
Stato.
Le authority Usa hanno ripreso ad applicare con severità il
Foreign Corrupt Practices Act, la legge del 1977 che stalì regole molto severe
contro il pagamento di tangenti all’estero. Fra l’altro quella legge proibisce
alle società americane di offrire “qualsiasi cosa che abbia un valore a un
funzionario straniero al fine di ricavarne vantaggi impropri negli affari”.
L’assunzione di un figlio di potenti personalità straniere non può costituire
reato in sé. Ma ul sospetto di violazione della legge può scattare se si
dimostra che il figlio in questione “non ha le competenze necessarie”. Oppure,
la presunzione di reato può nascere se l’azienda americana improvvisamente
comincia a ottenere contratti o altri benefici da un partner straniero con il
quale prima non riusciva a fare affari.
Il sistema di regole che vige qui, può sembrare quasi surreale
se tradotto i Italia. Ve l’immaginate mettere sotto inchiesta i vertici di una
grandissima azienda italiana perché hanno assunto un giovane incompetente,
figlio di genitori importanti?
Il rigore americano si collega a distanze astrali non solo
dall’Italia. Anche per i dirigenti cinesi, l’accusa mossa alla JP Morgan Chase
suona strana. A Pechino o a Shanghai
hanno coniato un’espressione apposita . “ i principini “ – per designare quei
rampolli della nomenclatura. A loro si spalancano automaticamente le porte di
incarichi importanti in alte sfere dell’industria pubblica.
Non voglio dare l’impressione che qui negli Stati Uniti la
meritocrazia prevalga sempre e ovunque. Ci sono eccezioni, mi viene in mente
per esempio, l’ammissione di George W. Bush, mediocre studente, nella grande
università dove aveva studiato anche suo padre, allora presidente degli Stati
Uniti. Ma restano delle eccezioni.
Come dimostra il caso della JP Morgan Chase, l’America ha
imparato da tempo una cosa importante: che la selezione dei migliori è nel suo
interesse, le dà una marcia in più rispetto a paesi dove prevalgono logiche di
clan.
Federico Rampini – Donna di Repubblica – 07 Settembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento