E Il Silenzio Calò Su
Dell’Utri E Matacena
Ex parlamentari sono
stati entrambi condannati per concorso esterno in associazione mafiosa. Eppure
nessuno ne chiede conto a B. e al Pdl che li hanno candidati e sempre difesi.
Nemmeno gli avversari politici. Che parlano d’altro.
“ Dell’Utri mediatore tra Cosa nostra e Berlusconi”, si legge
nelle motivazioni della sentenza che ha condannato l’ex senatore a sette anni
per concorso esterno in associazione mafiosa. Un vero e proprio “mediatore
contrattuale”, secondo la corte d’appello di Palermo, tra Silvio Berlusconi e
la mafia. Tutto sarebbe stato stabilito cinquecento pagine per quello che
Dell’Utri chiama, con ironica superficialità, “il suo romanzo criminale”.
Quasi cinquecento pagine che raccolgono la genesi di questo
patto che sarebbe durato quasi trent’anni. Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri
si sarebbero incontrati con i boss mafiosi Gaetano Cinà, Stefano Bontade e
Mimmo Teresi. Il risultato sarebbe stata la “garanzia della protezione personale
all’imprenditore tramite l’esborso di somme di denaro che quest’ultimo ha
versato a Cosa nostra tramite Dell’Utri, che ha consentito che l’associazione
mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere”.
Per La Corte D’Appello di Palermo, Berlusconi avrebbe
pagato “quantomeno fino al 1992”. Qui i giudici si fermano e iniziano le
analisi e l’indignazione. Qui, aspettando che la Cassazione si pronunci ancora
una volta, alla recente condanna definitiva di Berlusconi si aggiungono, come
tasselli, quelle di chi gli è stato più o meno vicino.
E’ di fine agosto un’altra notizia: l’ex parlamentare di
Forza Italia Amedeo Natacena è stato arrestato a Dubai. Era latitante da
giugno, quando era diventata definitiva la sentenza di condanna a 5 anni e 4
mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Definitiva: nessuna corte
alla quale potersi ancora appellare. E anche questo processo ha avuto un
percorso complesso perché complessa è la materia sulla quale la magistratura si
è trovata a dover indagare e poi decidere: quel reato di concorso esterno in
associazione mafiosa che è un unicum del nostro codice penale. Questa figura di
reato di creazione giurisprudenziale rende penalmente rilevanti le condotte
tipiche di quella zona grigia costituita, tra gli altri, da imprenditori e
politici che con le proprie azioni favoriscono le organizzazioni criminali
mafiose, pur non essendone partecipi. Imprenditori e politici dalle fedine
penali talvolta immacolate ma che consentono al potere dei clan di diventare
sempre più forte. Secondo i giudici, Matacena, ha favorito la cosca
‘ndranghetista Rosmini.
Mi Rendo Conto che non è semplice seguire i processi
sin nel dettaglio. E’ cosa complessa comprenderne tecnicamente il percorso. So
che la stampa in questo non ha grosse responsabilità. Io stesso quando
raccontai il processo Spartacus, dopo le condanne, lo feci in un articolo lungo
ed estremamente complesso. Ma la difficoltà di narrare queste storie e di
inserirle in un quadro più complesso mai deve divenire un alibi offerto alla
politica perché si disinteressi, perché non dia risposte e, quando coinvolta,
non fornisca giustificazioni.
In qualsiasi democrazia sarebbero queste le domande che una
stampa libera e gli avversari politici dovrebbero porre a un leader di partito,
questi gli argomenti quotidiani da affrontare. E così, da Silvio Berlusconi non
è arrivato alcun commento. Nulla di nulla. In alcun modo ha ritenuto opportuno
pronunciarsi sulle enormità emerse dalla sentenza emessa contro Dell’Utri.
Del resto nessuno, quando ha la possibilità, ne chiede conto.
Meglio martellare su tasse e ricandidabilità, argomenti sui quali è sempre
possibile imbastire bei discorsi, disquisizioni tecniche e succulenti
retroscena, vecchi nello stesso momento in cui sono pubblicati. Del resto Berlusconi,
dicono, è stato votato da dieci milioni di elettori. Dunque i suoi reati non
sarebbero questione di diritto, bensì politica. Questo è il lascito di Silvio
Berlusconi al nostro Paese: la distruzione di ogni prospettiva di diritto, per
la ignominiosa fuga dalle proprie responsabilità.
Roberto Saviano – L’Espresso – 19 – 9 -13
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